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Il presidente del Messico, Felipe Calderon, conclude domani il suo mandato con un indice di approvazione ai minimi (7%), in quanto gran parte dei suoi concittadini ritiene che non abbia gestito in modo adeguato quello che e’ di gran lunga il principale problema del Paese, e cioe’ la lotta al narcotraffico.
L’ondata di violenza provocata dai cartelli e dalle gang dei ‘narcos’ rappresenta una ‘guerra’ i cui dati superano quelli, per esempio, dell’Iraq ai tempi del conflitto bellico.
Un’inchiesta di qualche giorno fa realizzata dall’istituto di sondaggi ‘Gabinete de Comunicacion Estrategica’ ha rivelato per esempio che la maggioranza dei messicani ritiene che il governo abbia perso, o stia perdendo, la guerra contro la droga.
La violenza ormai endemica e’ quindi il principale problema che dovra’ affrontare il nuovo governo del presidente Enrique Pea Nieto, un avvocato quarantacinquenne con un passato da attore di telenovela e di governatore dello Stato di Messico, il piu’ popoloso del paese.
I ‘narcos’ sono la sfida che il nuovo capo di stato dovra’ in un modo o in un altro risolvere per cercare, tra l’altro, di limitare la crescente insofferenza della gente e l’aspirazione ad un ‘cambiamento’ ormai improcrastinabile.
Le cifre della violenza messicana sono da capogiro.
Secondo dati ufficiali, nei sei anni di governo Caledron i morti ammazzati nella guerra agli ‘zar’ della droga sarebbero stati intorno ai centomila. Secondo le ong di diritti umani la cifra reale potrebbe invece arrivare al doppio, considerando le persone anche indirettamente coinvolte nel narcotraffico, uccise o torturate a morte.
Quest’ultimo e’ l’aspetto piu’ macabro dell’escalation della barbarie negli ultimi tre anni: oltre cinquemila persone, nel solo 2011, hanno dovuto essere sepolte in fosse comuni senza poter essere identificate. I loro corpi erano ridotti in uno stato tale da non permettere l’identificazione da parte dei familiari o delle autorita’.
Cadaveri decapitati, amputati, squartati, esposti nella pubblica via, sono ormai una triste prassi, e si aggiungono alle oltre ventimila persone scomparse senza lasciare tracce, come parte del tentativo dei macellai dei cartelli di imporre il terrore e l’orrore come forma di controllo sociale.
Per aggravare ancora di piu’ la sensazione di insicurezza generale, di queste quasi centomila morti, le stesse forze dell’ordine ammettono che solo 22 mila sono state indagate, appena 7 mila si sono concluse in una qualche azione penale e addirittura solo 667 si sono chiuse con una condanna.
Nonostante tutto, apparentemente i messicani non hanno perso le speranze: sempre nell’inchiesta del Gabinete de Comunicacion Estrategica, sei messicani su dieci sono convinti che Pena Nieto sara’ un ‘buon presidente’ e riuscira’ a sbrogliare la spinosissima matassa che ha affossato i suoi predecessori.