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Il 21 febbraio scorso, dopo un processo di quattro settimane e tre giorni di riunioni a porte chiuse, una giuria di Brooklyn ha ritenuto Genaro García Luna colpevole di aver preso milioni di dollari dal cartello della droga di Sinaloa mentre era segretario di stato per la sicurezza pubblica e responsabile della guerra del Messico contro le sue narcomafie in stretto rapporto con la DEA statunitense. García Luna è stato condannato per traffico di cocaina e per aver preso tangenti da chi avrebbe dovuto assicurare alla giustizia: tra questi anche Joaquin Guzman, “El Chapo”.

Paragonato a J. Edgar Hoover, il primo direttore dell’FBI, dal 2001 al 2005 Garcia Luna ha guidato l’agenzia federale messicana delle indagini per poi coordinare la guerra alla droga rilanciata dal Presidente Felipe Calderon dal 2006 al 2012 in obbedienza ai desiderata di Washington e in stretta collaborazione con la DEA. La mobilitazione dell’esercito aveva causato l’escalation della violenza nel conflitto con i cartelli, provocando oltre 100.000 vittime, fra morti e desaparecidos.

Nel 2013 Forbes lo aveva incluso nell’elenco dei “10 messicani più corrotti”, a sua difesa García Luna aveva scritto una lettera di fuoco a Steve Forbes accusando l’articolo di esser basato su bugie e ricordando che, tra le altre cose, era l’autore di “Contro il crimine: passato, presente e futuro della polizia in Messico” in cui aveva esposto i concetti del nuovo modello di polizia per il Messico, ponendo l’accento sull’importanza del ruolo dell’intelligence e “El Nuevo Modelo de Seguridad para México” in cui delineava una nuova visione per la sicurezza nazionale.

Le accuse del coinvolgimento di García Luna con il cartello di Sinaloa emersero per la prima volta durante un processo contro “el Chapo” – condannato all’ergastolo più 30 anni nel 2019 – quando Jesus “Rey” Zambada, ex membro del cartello, aveva testimoniato di aver consegnato milioni di dollari in pagamenti all’ex ministro messicano. Il caso contro Garcia Luna è stato costruito sulla testimonianza di altri otto testimoni che hanno iniziato a cooperare con la giustizia USA.

Garcia Luna ha preferito non prendere la parola durante il processo mentre la moglie Linda Cristina Pereyra ha rigettato tutte le accuse rivolte al marito e al loro stile di vita. Pereyra Gálvez ha anch’ella un procedimento in corso in Messico per entrate economiche di provenienza illecita. I conti che le erano stati congelati per sospetto di compartecipazione alle attività illecite del marito tre anni fa sono stati recentemente sbloccati, i suoi problemi legali sono adesso negli USA dove è citata davanti a un tribunale civile in Florida per un presunto furto di 745,8 milioni di dollari all’erario messicano trasferiti a Miami.

“García Luna ora vivrà il resto dei suoi giorni come un traditore del suo paese e dei membri onesti delle forze dell’ordine che hanno rischiato la vita per smantellare i cartelli della droga” ha detto Breon Peace, procuratore per il distretto orientale di New York. La decisione della giuria di Brooklyn potrebbe aprire nuovi procedimenti o provvedimenti disciplinari negli Stati Uniti perché per una decina d’anni Garcia Luna è stato il referente principale della Drug Enforcement Administration, l’FBI, la CIA e il Department of Homeland Security nella lotta contro i cartelli messicani. García Luna è stato trovato colpevole di tutti e cinque i capi d’imputazione, compreso il traffico di droga e il proseguimento di un’impresa criminale e accusato d’aver ricevuto circa 274 milioni di dollari in tangenti. Secondo l’accusa, con l’aiuto di García Luna, il cartello di Sinaloa ha contrabbandato più di 50 tonnellate di cocaina negli Stati Uniti tra il 2002 e il 2007. Tra il 2002 e il 2008 altre 53 tonnellate di cocaina sono state contrabbandate a New York e Chicago. Il 27 giugno la sentenza: rischia una pena da 20 anni all’ergastolo.