Amfetamina, destro-amfetamina e metamfetamina erano conosciute già all’inizio del XX secolo. Molte altre sostanze con azione amfetaminosimile ma più blanda (p.es. metilfenidato, fenmetrazina, dietilpropione) sono entrate in uso in seguito. Molti derivati dell’amfetamina sono dotati di caratteristiche diverse e devono essere classificati come sostanze "allucinogene" o "empatogene" (vedi le schede seguenti "Sostanze psichedeliche" e "Ecstasy e altri empatogeni").
Salvo eccezioni (narcolessia, sindrome da iperattività-deficit di attenzione), oggi le amfetamine classiche non sono più usate in medicina. La metamfetamina è invece ampiamente disponibile sul mercato illegale, data la semplicità della sintesi. Un tempo usata soprattutto per bocca, oggi è disponibile sia in forma solubile da sniffare o iniettare (crystal), sia in forma da fumare (ice, shabu, yabaa). La dose "normale" di amfetamina è di 5-10 mg, di destro-amfetamina o metamfetamina 5 mg (per via orale). L’effetto dura 6-8 ore. Nell’uso come "droga", le dosi sono in genere più elevate, e il rapido sviluppo di tolleranza fa sì che molti consumatori cronici ne assumano dosi enormemente superiori, anche a intervalli molto brevi.

Gli effetti delle Amfetamine

Le amfetamine classiche sono potenti stimolanti del sistema nervoso centrale (SNC), molto simili alla cocaina, da cui si differenziano praticamente solo per gli effetti molto più prolungati. A piccole dosi, destro-amfetamina e metamfetamina agiscono essenzialmente come stimolanti puri del SNC, con scarsi effetti cardiocircolatori. Ad alte dosi, tutte le amfetamine hanno effetti marcati sul ritmo cardiaco e sulla pressione arteriosa, e devono quindi essere evitate da chi soffre di problemi cardiovascolari. Le amfetamine sopprimono l’appetito ed erano un tempo molto usate nelle cure dimagranti, oltre che come blandi antidepressivi nel cosiddetto "esaurimento nervoso". A scopo non strettamente terapeutico, erano usate per far fronte a grossi carichi di lavoro e per resistere al sonno e alla stanchezza, oltre che come "doping" sportivo.

I problemi derivanti dalle Amfetamine

Vale quanto detto per la cocaina. L’uso in binges (3-4 giorni di uso continuo) è in genere seguito da un periodo di "crollo" psicofisico proporzionale al periodo di veglia forzata. Si è già detto che se questa modalità di assunzione diventa abituale, le conseguenze possono essere gravi. Frequenti ed evidenti, nell’uso cronico di alte dosi, sono disturbi nelle relazioni personali e sociali, problemi psichiatrici e comportamenti aggressivi, molto simili a quelli provocati dalla cocaina, ma anche più rilevanti e prolungati nel tempo. I consumatori cronici di alte dosi di amfetamine per iniezione spesso mostrano un vero e proprio decadimento fisico, dovuto almeno in parte a denutrizione.

Tossicità delle Amfetamine

Vale ancora quanto detto per la cocaina. Una dose tossica di amfetamine determina sintomi psichiatrici, neurologici e/o cardiovascolari e in caso di sovradosaggio non esiste terapia specifica, ma solo di supporto. L'abuso di amfetamine per superare i limiti della fatica può portare al cosiddetto “colpo di calore”: un grave e incontrollabile aumento della temperatura corporea, legato all’eccessivo sforzo fisico, che può essere mortale (ne riparleremo per l’ecstasy). Molto più rilevante è la tossicità cronica. Le amfetamine ad alte dosi sembrano essere sostanze tossiche per il SNC. Negli animali da laboratorio, e probabilmente anche nell’uomo, la metamfetamina non solo provoca una deplezione acuta di dopamina e serotonina in certe aree del cervello, ma col tempo sembra poter provocare la distruzione di terminali nervosi (fenomeno probabilmente reversibile) o addirittura, nell'uso troppo frequente o prolungato, la morte delle cellule (fenomeno irreversibile). Ciò significherebbe un danno neurologico permanente, anche se di entità variabile e non definibile a priori.

Per saperne di più sulle Amfetamine

Julien R.M. - Droghe e farmaci psicoattivi - Bologna: Zanichelli 1997

Le schede sono a cura di Claudio Cappuccino, e sono state pubblicate in Welfare in catene, la svolta repressiva sulle droghe (2005), in collaborazione la Cgil Dipartimento Welfare, (a cura di Cecilia D’Elia), Roma