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La Corte Costituzionale messicana, con un voto a maggioranza qualificata 8 a 3, ha approvato una “Dichiarazione generale di incostituzionalità” sulle norme che impediscono il consumo e la detenzione di cannabis, l’acquisto di semi e la sua coltivazione.

Come abbiamo raccontato su queste pagine, la Corte si era già espressa quasi tre anni fa, dichiarando per la quinta volta incostituzionale il divieto della cannabis, e quindi instaurando un precedente vincolante per i magistrati messicani. Inoltre, aveva chiesto al Congresso di Città del Messico di provvedere a cancellarli o modificarli introducendo la regolamentazione legale della cannabis. Il parlamento messicano ha però tergiversato, violando tre volte le scadenze poste dalla Corte, e portando quindi l’organo giurisdizionale supremo a prendere una decisione storica, che ha solo un precedente. Come riporta El Pais il presidente della Corte Suprema ha dichiarato che è stata “una giornata storica per le libertà”.

Con la decisione odierna il Segretariato generale della Sanità sarà obbligato a rilasciare autorizzazioni per la coltivazione, trasporto e consumo di cannabis, anche senza una legge che ne regolamenti le modalità. E proprio sull’abdicazione della politica, che ha si è impantanata proprio nei passaggi finale del disegno di legge sulla legalizzazione, si è concentrata la critica del movimento antiproibizionista messicano, che comunque oggi canta vittoria.

“Deve essere molto chiaro che il codice penale non è stato modificato, quindi i reati sono ancora in vigore, le persone possono continuare a essere perseguitate per spaccio di droga”, ha affermato a El Pais Lisa Sánchez, il direttore generale di Mexico Unido contra la Delinquencia, l’ONG che ha promosso e ha vinto tutte e cinque le cause che hanno portato alla decisione di oggi. “Sono i legislatori che devono determinare il modo migliore per rilasciare i permessi, le quantità, gli spazi di consumo. Dovrebbero legiferare su questo”, conclude.