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Due le gang più efferate: la Mara Salvatrucha 13 e la Barrio 18. Organismi criminali in rapida espansione, a livello transnazionale, con avamposti in tutto il mondo.

Bande simili ma contrapposte, legate da un’insanabile rivalità che insanguina le periferie urbane, da El Salvador a Los Angeles. I pandilleros vengono reclutati giovanissimi e gettati nella mischia in sanguinose battaglie per il controllo del territorio. Spacciano, si drogano, rubano, uccidono, e molti non hanno nemmeno vent’anni.

Abbandonati da tutti, ricercati dalla polizia, la loro è una Vida Loca, folle e sregolata, sospesa tra l’illegalità e la morte.

La Vida Loca, un video di Stefania Andreotti è un viaggio dentro e fuori il loro mondo, per guardare in faccia questi “famigerati” adolescenti. Il documentario prodotto da Aplysia è in concorso, proprio in queste settimane, in tre importanti festival internazionali: Arcipelago – 16° Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini a Roma, A corto di donne – IV Rassegna di cortometraggi al femminile a Pozzuoli e infine Artfilm – 16th Slovak International Film Festival a Trencin. Il trailer del video è disponibile su YouTube.

“Credo in Dio, così come nella Santa Morte, e sia la benvenuta se dovrò difendere la banda”. Non hanno un attimo di esitazione i ragazzini intervistati. Per loro “la famiglia è la banda, la casa è la strada e il cibo è la droga”.

“Quando si parla di bande delinquenziali giovanili latinoamericane si parla soprattutto della Mara Salvatrucha o MS13 e della Barrio 18”, afferma Augusto del Pino, procuratore aggiunto dello Stato del Chiapas, Messico.

Fanno paura a tutti, perché sono giovani, sregolati e in continuo aumento.
Un caso di multinazionalizzazione di un fenomeno delinquenziale, come la Mafia.
MS13 e XV3 esistono con lo stesso nome e le stesse regole dal Salvador agli Stati Uniti.

“Aggrediscono e rapinano i clandestini che cercano di varcare illegalmente la frontiera per raggiungere il sogno americano”, spiega Francisco Aceves Verdugo, del Grupo Beta del Sur di assistenza ai migranti. “Con quei soldi comprano droga per sé e per rivenderla in piccole dosi, come dettaglianti del narcotraffico”.

Si accaniscono sui più deboli, ammazzano a colpi di machete i rivali dell’altra banda, torturano chi abbandona il quartiere, violentano le donne: la società li disprezza.

Per combatterli l’FBI ha creato la Gang Task Force, il Centro America la Legge Antimaras, il Messico il Gruppo Acciaio. Una repressione senza quartiere che finora non ha però ottenuto gli effetti sperati: si stimano quasi 200 mila appartenenti alle bande in tutto il mondo.

Accanto a chi invoca la presenza dell’esercito per farla finita una volta per tutte con questo dilagante fenomeno, c’è anche chi cerca di individuarne le cause. “Sono giovanissimi, hanno anche 10 anni”, dice Olga Sanchez Martinez, direttrice dell’Ospizio Jesus del Buen Pastor per il ricovero dei mutilati. “Hanno avuto un’infanzia difficile che li ha portati a delinquere. A volte arrivano qui da noi perché cadono dal treno assieme ai migranti che cercano di rapinare, ma noi li curiamo tutti senza fare differenze”.

E i risultati si vedono. Come nel caso di Yamilet, giovane pluriomicida, che una volta entrata nel centro ha cambiato vita, per non tornare mai più nella banda.
Se poche e isolate sono le iniziative di assistenza privata, ancora più sporadici sono i progetti governativi di recupero. Uno dei pochi fortunati a farne parte è stato Allan, ex capo della Barrio 18 in tutto il Chiapas, un leader indiscusso che, dopo aver conosciuto Denice Lorena Lopez Solis dell’Istituto per lo Sviluppo Umano, un centro statale di assistenza sociale, ha trovato il modo di uscire dalla banda e ricostruirsi una vita.

Una volta riabilitato, Allan aveva cominciato a lavorare per l’IDH come mediatore, per offrire una possibilità di recupero anche ai compagni che erano ancora nella banda. Poi un cambio al vertice dell’organizzazione governativa ha rivoluzionato anche i progetti in corso. Allan è stato licenziato e il suo importante lavoro si è interrotto.

Approfondimenti
Mara Salvatrucha o MS13 e Barrio 18, prendono il nome da due strade di Los Angeles, la tredicesima e la diciottesima, dove sono nate. Erano gli anni ’80 e molti emigranti salvadoregni arrivavano in fuga dalla guerra civile. Ma in California hanno trovato nuovi pericoli: le bande locali e i bianchi. Si sono raggruppati per difendersi e sono diventati violenti a loro volta. Non appena nel Salvador è finita la guerra, il governo statunitense li rispedisce in massa nel loro paese, dove ricreano i due gruppi originari, che trovano un terreno molto fertile anche a causa degli strascichi di povertà, paura e disgregazione che il conflitto aveva lasciato.
Ben presto le bande valicano i confini nazionali, arrivano in Honduras, Guatemala, Nicaragua e Messico, e riescono anche a tornare illegalmente negli Stati Uniti. La MS13 e la XV3, pur avendo origini e caratteristiche simili sono in eterno conflitto tra loro, per contendersi la notorietà e il controllo del territorio.
I giovanissimi componenti delle bande trovano in esse l’identità di cui il disagio sociale e familiare li ha privati. Un’identità fatta di un linguaggio, una gestualità, un’estetica e una ritualità molto particolari. Per essere ammessi nella MS13 bisogna superare 13 secondi di violento pestaggio, 18 secondi per la Barrio 18. I giovanissimi pandilleros hanno tatuaggi che inneggiano alla banda, alla morte, ma anche alla religione.
Nei primi anni in cui si è manifestato il fenomeno sono stati stimati 50 mila pandilleros nel Centro America e 10 mila negli Stati Uniti. Oggi, nonostante la dura repressione le cifre sono in aumento. Secondo organi del governo americano, oggi in Centro America se ne contano 82 mila e in Nord America 38 mila.
Gli Stati Uniti sono i principali registi della strategia di contrasto al fenomeno delle bande. Nell’estate del 2007 il governo statunitense ha ammesso che il fenomeno delle pandillas è ancora “un problema molto serio”, “una significativa questione di sicurezza”. E il principale espediente che sta adottando per contrastarle è quello originario di rimpatriare i pandilleros migrati illegalmente perché tornino ad essere “produttivi nei loro paesi”, ovvero un problema di altri. Così si riaccendono i focolai delle bande che continuano la loro espansione. La prevenzione e il recupero sono l’ultima delle priorità della nuova Strategia di Combattimento delle Gang di Centro America e Messico.

Note tecniche
Regia: Stefania Andreotti
Sceneggiatura: Stefania Andreotti
Giuseppe Petruzzellis
Produzione: Giuseppe Petruzzellis
Casa di produzione: Aplysia
Fotografia: Stefania Andreotti
Montaggio: Giuseppe Petruzzellis
Musiche: Demon Doctor, Harold Bermudez Burgos, 4c3, Solcarlus, Amnis, [dk], Vate
Missaggio: Giuseppe Petruzzellis
Materiale fotografico: Alexander Peña, Oscar Leiva / La Prensa Gràfica, El Salvador
Jose Cabezas, David A. Pedroni, U.S.Drug Enforcement Administration (DEA), U.S. Federal Bureau of Investigation (FBI), Derek Snider, Zxc
Materiale Video: Prelinger Archives, Deep Dish TV, Stevie Ruiz, Michael Kinard, Sean Cobb, Nathan Jahnke, Joseph Wilcox, Adrian Feiertag
Traduzioni: Stefania Zaghi, Francisco Vazquez, Heather Walsh, Amaranta Cornejo
Genere: Documentario
Durata: 24’
Formato: MiniDV (PAL)
Proporzioni: 4:3 (letterbox)
Audio: Dolby Digital 2.0
Lingue: Spagnolo (originale)
Sottotitoli: Italiano / Inglese
Nazionalità: Italiana
Anno di produzione: 2007
Sito web: vidaloca.aplysia.net
Il trailer su YouTube