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La posta in gioco nella guerra contro i narcotrafficanti messicani è sempre piú alta: secondo la polizia federale del Messico alcuni dei membri del cartello della droga del Pacifico arrestati ieri sarebbero dietro a un piano per uccidere il presidente Felipe Calderon. E la lotta senza quartiere che Calderon ha mosso contro i cartelli ora ha anche una nuova dimensione economica, perch‚ il governo sa che i cartelli rubano milioni di dollari di petrolio dagli oleodotti, rivendendoli all’estero, soprattutto negli Stati Uniti.

L’intelligence messicana ha scoperto che Dimas Diaz, il presunto capo finanziario del cartello del Pacifico arrestato domenica assieme ad altri quattro capi-gang, sarebbe dietro una complotto per assassinare Calderon: secondo il capo del dipartimento antidroga della polizia federale, Ramon Pequeno, probabilmente come rappresaglia per il sequestro avvenuto nel 2007 di 26 tonnellate di droga colombiana nel porto di Manzanillo.

“Non sarebbe n‚ la prima n‚ l’ultima volta che si parla di un attentato alla mia vita”, ha detto Calderon a margine del summit nordamericano con Stati Uniti e Canada, perch‚ i narcotrafficanti “sanno che stiamo vincendo giorno dopo giorno”. Mentre gli arresti continuano, con quello ieri a Cancun del leader presunto del cartello del Golfo Juan Daniel Carranco Salazar.

Oggi intanto il dipartimento della Sicurezza interna degli Stati Uniti dovrebbe restituire 2,4 milioni di dollari alle autorità tributarie messicane, un bottino confiscato durante le indagini sui furti di petrolio dei narcotrafficanti. “E’ un’indagine aperta, finora con un solo imputato”, ha indicato la portavoce del dipartimento alla Giustizia americano Nancy Herrera a Houston, in Texas. Si tratta di Donald Schroeder, presidente della Trammo Petroleum, che ha confessato il suo coinvolgimento.
Ma in Messico la polizia sospetta che dietro ci sia molto di piú: il commissario federale Rodrigo Esparza ha indicato che la gang degli Zeta, alleata del cartello del Golfo, avrebbe contrabbandato petrolio per almeno 46 milioni di dollari verso raffinerie statunitensi.

Secondo la compagnia petrolifera nazionale Pemex, i ladri “lavorano giorno e notte, per vedere come penetrare la nostra infrastruttura”. Carlos Ramirez, portavoce della compagnia, sostiene che solo quest’anno, gli oleodotti hanno subito 190 furti, quasi metà nello Stato di Veracruz, nel Golfo del Messico: e i furti sono aumentati del 10%. I ladri hanno costruito perfino tunnel e oleodotti illegali per pompare il petrolio da quelli pubblici. Lo stesso presidente Calderon la scorsa settimana ha ammesso i furti, promettendo ancora battaglia per salvaguardare un settore che conta per il 40% del reddito nazionale: “Sono risorse del Messico”, ha detto, “è il nostro patrimonio nazionale, e dobbiamo difenderlo”.