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Addio al peyote, il cactus magico degli indios del Messico che ha “fatto sognare” generazioni di giovani turisti europei ed americani trascinandoli carponi nella ricerca del frutto tra i sassi della Sierra. Addio a quel minuscolo ciotolo secco e immangiabile che sa di calce e anche alla mescalina di cui è ricco, quella che ha regalato allucinazioni e visioni agli scrittori beat in fuga dal Moloch dell’imperialismo. Addio miraggi. Secondo il Financial Times, che riprende un articolo uscito sull’Universal di Città del Messico, il “Nahuati” (o “Lophophora williamsii”, nel suo nome scientifico) sarebbe ormai in via d’estinzione. Un fantasma. Non ci sarebbero – spiega l’articolo – prove concrete della sua prossima estinzione ma fonti accademiche segnalano che è sempre più difficile trovare il cactus nel deserto a nord del paese.

Il peyote è una pianta molto particolare, ci mette trent’anni a crescere e il saccheggio di mezzo secolo l’ha fatta diventare quasi introvabile. Fu infatti negli anni Sessanta che, sulla scia dei libri dell’antropologo Carlos Castaneda – A scuola dallo stregone su tutti – , centinaia di giovani americani, Kerouac compreso, fecero il viaggio nel deserto dal Texas alla scoperta del peyote e delle sue allucinazioni. E, spiegano gli esperti, iniziarono a provocarne la perdita perché invece di tagliare solo la sua corona verde offrendo al cactus la possibilità di rigenerarsi, di solito i turisti strappano tutta la pianta, uccidendola.

Oggi, quel che più preoccupa gli accademici come il professor Pedro Medellin dell’Università di San Luis Potosì non è la riduzione della biodiversità o la perdita del flusso di turisti occidentali a caccia di mondi virtuali ma la difesa della cultura degli huicoles, gli indios che da sempre usano il peyote nelle loro cerimonie religiose. Per loro le allucinazioni sono una forma di comunicazione con gli dei ed ogni anno, una volta all’anno, gli sciamani huicol camminano a piedi anche per 500 km in cerca dei loro cactus. “Vorremmo proteggerlo – dice a l’Universal uno sciamano che si chiama Andrés Carrillo – ma nessuno rispetta il peyote. La prima volta che lo mangiai avevo nove anni e ce n’era tantissimo, oggi è quasi introvabile”. Ma la cosa che più lo preoccupa è che senza peyote – dice – i bambini huicol non potranno capire. “Il peyote è un libro, un maestro. Non puoi apprendere se non hai mai mangiato il peyote”.

L’uso del peyote risale ad oltre duemila anni fa. Insieme alle cerimonie religiose gli indios lo usavano contro il mal di denti, come analgesico, ma sembra che abbia poteri curativi anche per l’asma e i reumatismi. Come la foglia di coca è una pianta sacra, venerata per le sue proprietà. E come con la cocaina siamo stati noi, dopo averla scoperta, a renderla pericolosa, costosa, illegale. E in via d’estinzione.