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VIAREGGIO (LUCCA) – Nel marzo scorso era finito in manette con l’accusa di falsificazione e uso improprio di carta di credito in un casinò della Costa Azzurra. Cinque mesi dopo, Daniele Franceschi, 31 anni, carpentiere di Viareggio, sposato, separato e padre di un bambino di 9 anni, è morto in una cella del carcere di Grasse, nell’entroterra di Cannes, in circostanze tutte da chiarire. Lo riferiscono oggi alcuni quotidiani locali, che riferiscono anche che la famiglia di Franceschi ha ricevuto la notizia della morte, avvenuta ufficialmente per arresto cardiaco nella notte tra martedì e mercoledì scorsi, solo tre giorni più tardi.

I familiari di Franceschi sono già arrivati in Francia e sono assistiti, riferisce la Farnesina, dal consolato generale italiano di Nizza. La mamma dell’uomo, accompagnata da uno zio del giovane e dalla cugina, non ha potuto vedere la salma del figlio perché é in corso un’inchiesta. ”Mia sorella è già in Francia, ma le autorità non le permettono di vedere la salma di mio nipote prima dell’autopsia. Lei è andata comunque perché vuole essere ‘vicina’ al suo ragazzo”. Marco Antignano, zio di Daniele, racconta i momenti concitati e dolorosi che la sua famiglia sta vivendo dopo aver appreso, con tre giorni di ritardo, del decesso. La madre di Franceschi, Cira Antignano, riferisce il legale Aldo Lasagna, ha presentato un esposto informale alla Farnesina.

”In questa vicenda molte cose non quadrano”, ha aggiunto Marco Antignano. ”All’autopsia non potrà partecipare nessun medico di nostra fiducia, né italiano, né francese – spiega -, la motivazione ufficiale è che la procedura di nomina sarebbe stata troppo complessa. In più, i tempi si sono accorciati perché l’esame autoptico, prima fissato per martedì, è stato anticipato di un giorno, a domani”. Antignano ricorda che in questi cinque mesi il nipote aveva atteso invano il processo. ”C’erano state alcune udienze, sempre rimandate – dice -. Era complicatissimo andare a trovare mio nipote. Mia sorella era riuscita ad entrare in carcere solo
due volte, ogni volta l’avevano controllata in una maniera non solo minuziosa, ma anche umiliante. Il ragazzo era tranquillo ma parlava e scriveva di soprusi, di ore di lavoro estenuante. Recentemente, si era rifiutato di lavorare oltre il dovuto in cucina. Subito dopo, se ne era pentito temendo ritorsioni. Aveva paura che lo mettessero in una cella con qualche detenuto ‘difficile’. Raccontava che ce l’avevano particolarmente con gli
italiani, forse, diceva, a causa del calcio”. Sono state fornite, inoltre, racconta lo zio, versioni discordanti sull’ultimo giorno di vita di Daniele. ”Io ho parlato con il direttore del carcere, dopo la notizia della morte, e lui mi ha spiegato che l’avevano controllato in cella alle 13,30, e Daniele stava bene. Poi, alle 17, durante il
controllo seguente, l’avevano trovato morto. All’avvocato francese che ci assiste, è stato invece detto che, siccome Daniele non stava tanto bene, l’avevano portato in infermeria e gli avevano fatto l’elettrocardiogramma. Dato che il risultato era stato negativo, l’avevano riportato in cella. Ma mi chiedo:
non era il caso di trattenerlo e controllare l’evolversi della situazione? Chiunque, anche un detenuto, ha diritto ad un’assistenza umana”.

L’uomo nel corso della sua detenzione aveva scritto diverse lettere alla madre, raccontando anche di aver subito soprusi, maltrattamenti e di non essere stato curato quando aveva la febbre molto alta. Domani è in programma l’autopsia all’istituto di medicina legale di Nizza. Franceschi era andato in vacanza in Costa Azzurra nel marzo scorso con alcuni amici. Il gruppo aveva deciso di trascorrere una serata al casinò, ma quando Franceschi si era presentato a pagare le fiche esibendo una carta di credito, gli addetti si sono accorti che qualcosa non andava e hanno chiamato la gendarmeria, che ha arrestato l’italiano.