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Le Nazioni unite stimano che nel 2006 la produzione illecita di oppio in Afghanistan abbia superato le 6.100 tonnellate, un incremento del 50% rispetto all’anno precedente. La totalità del raccolto viene utilizzata per la produzione di eroina pari al 93% delle produzione di materie prime per eroina per un totale stimato intorno a 2,7 miliardi di dollari, eroina che raggiunge nella stragrande maggioranza dei casi i mercati europei principalmente attraverso l’Iran, il Pakistan, mentre traffici minori, ma in espansione, interessano le ex-repubbliche sovietiche site al nord nonché la Cina. Solo una frazione infinitesimale del giro d’affare legato al traffico di oppiacei resta ai contadini mentre il resto va ad arricchire i signori della droga, quelli della guerra, i Talebani nonché buona parte dei responsabili delle amministrazioni locali e centrale dove la corruzione regna sovrana

L’Onu ritiene che 2,9 milioni di persone (pari al 12,6% della popolazione) siano coinvolte a vario livello nella produzione di oppio e nel traffico di oppiacei più o meno raffinati, e che le discrepanze tra le previsioni di crescita elaborate dal Fondo Monetario Internazionale che anticipavano una crescita del 12%, contro l’8% riportato, siano dovute a una diminuzione della produzione di cereali scartata per la coltivazione una pianta maggiormente redditizia come il papavero.

Secondo l’Ufficio per le droghe e il crimine delle Nazioni unite (UNODC) nel 2006 la superficie dell’Afghanistan dedicata alla coltura illecita del papavero ha raggiunto il record di 165.000 ettari, un incremento del 59% rispetto al 2005 e più del doppio del 2003 [1]. Secondo quanto riportato dalle autorità afgane l’area in cui le colture illecite di papavero sono state eradicate dai governatori locali -che nel 2005 era di 5.000 ettari- è triplicata per il 2006 (15.300) ma rappresenta poco meno del 10% della superficie totale per la produzione dell’oppio. Il giro d’affari mondiale generato dall’eroina afgana viene stimato tra i 400 e i 500 miliardi di dollari mentre è impossibile quantificare quale sia l’ammontare che interessa attività di riciclaggio di danaro, che le Nazioni Unite stesse ritengono interessare tra il 3 e il 5% del commercio globale (tra i 590 e i 1500 miliardi di dollari).

L’aumento più significativo della coltivazione è stato registrato nella provincia meridionale di Helmand dove la coltivazione ha raggiunto i 69.300 ettari in un contesto che negli ultimi mesi è stato caratterizzato da un inasprimento degli scontri tra le forze della Coalizione internazionale e i Talebani, uno sviluppo in controtendenza rispetto alle fasi iniziali dell’intervento militare dell’inverno 2001 quando la produzione aveva toccato i minimi storici dei 7.606 ettari in tutto il paese. Le Nazioni unite certificano che solo 6 delle 34 province Afgane non conoscono la produzione di papavero.

A seguito di questa preoccupante situazione che non accenna a cambiare, e in linea con quanto già fatto negli anni scorsi, l’International Narcotics Control Board (INCB) ha invocato ancora una volta l’articolo 14 [2] della Convenzione unica sulle sostanze stupefacenti dell’Onu seguendo da vicino le attività del Governo di Kabul volte ad adottare tutte le misure necessaria per garantire la proibizione della produzione e del traffico delle sostanze illecite. A questo proposito nel 2004, grazie all’impegno europeo, il direttorato nazionale anti-droga è stato elevato a rango di Ministero [3]. Nel quadro della nuova legislazione anti-droga afgana, ad agosto del 2006 è stato istituita la Commissione per la regolamentazione delle droghe che dovrà “regolare l’esportazione, importazione, vendita, distribuzione e licenze di produzione per fini medico-scientifici e impieghi industriali leciti”. [4]

In questi ultimi anni è stata anche registrato un significativo aumento nella produzione e consumo di resina da cannabis (hashish) mentre è ormai un fenomeno consolidato l’uso personale problematico di oppio 0,6% eroina 0,2%. Queste quote di mercato nazionale sono ritenute da alcuni osservatori come una delle cause dell’aumento del 20,6% della produzione nazionale.

Approssimativamente il 35% degli uomini e il 25% delle donne considerati tossicomani in Afghanistan vive nei campi rifugiati in Iran e nella province lungo la frontiera nord occidentale del Pakistan. Data l’assunzione per via endovenosa e la pressoché inesistenti condizioni igienico-sanitarie nei campi, le Nazioni unite mettono in evidenza come vi sia un enorme rischio si diffusione di malattie ematiche a partire dall’HIV/AIDS.

[1] http://www.unodc.org/pdf/afg/afghanistan_opium_survey_2004.pdf

[2] http://www.admin.ch/ch/i/rs/0_812_121_03/a14.html

[3] http://www.mcn.gov.af

[4] http://www.mcn.gov.af/eng/downloads/press_release/drug_committee.htm