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LONDRA – Un giudice britannico ha scagionato i genitori di un 23enne che lo scorso settembre era stato accompagnato in Svizzera per cercare una «dolce morte» dopo che un grave incidente durante un allenamento di rugby, avvenuto un anno prima, lo aveva paralizzato dalle spalle in giù.

LA DECISIONE DEL GIUDICE – La decisione è destinata a creare scalpore e a riaprire il dibattito sull’eutanasia. Nel corpo del ragazzo, Daniel James, erano state riscontrate tracce di alcuni barbiturici utilizzati spesso da coloro che vogliono suicidarsi senza dolore attraverso l’uso di un cocktail di medicinali. In Svizzera il suicidio assistito è considerato legale in determinate circostanze (come spiega l’associazione Luca Coscioni, deve trattarsi «indiscutibilmente della volontà del paziente e che nessuno tra amici e familiari deve trarne profitto»), in Gran Bretagna invece no. Per questo i genitori di Daniel, Mark e Julie James, erano finiti sotto processo, denunciati da un impiegato del servizio sanitario britannico, che era venuto a conoscenza della vicenda. La pubblica accusa, nella persona di Keir Starmer, ha però deciso di non procedere perché la questione non sarebbe nell’interesse pubblico.

LA VICENDA – Daniel James era considerato una speranza del rugby britannico. Era stato anche nazionale juniores. Nel marzo 2007 si infortunò gravemente durante una mischia in allenamento. Il trauma fu devastante. La diagnosi spietata: tetraplegia. Dan restò completamente paralizzato. Poi il drammatico decorso, le complicazioni, il deperimento organico e fisico. Mesi lunghissimi scanditi dal dolore. Fino alla decisione di rivolgersi alla clinica «Dignitas» di Berna per l’eutanasia. «Dan non poteva camminare, muovere le mani, era incontinente e aveva tentato di suicidarsi senza riuscirvi essendo completamente inabile – aveva raccontato Mark James, dopo la decisione di assecondare il desiderio del figlio di farla finita -: poteva tentare solo di affamarsi. Tutti abbiamo sofferto enormemente».