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L’autocoltivazione di cannabis cresce e si moltiplica. Questa la tendenza rilevata da l’Observatoire français des drogues et des toxicomanies (OFDT) che registra 200.000 coltivatori privati di marijuana in Francia. Un coltura domestica generalmente praticata in modo appartato e sotto i neon di un appartamento. Ma non solo. Dal 2009, alcuni si riuniscono nei “cannabis social club”. Cooperative che si rifanno ai modelli spagnoli, nell’ambito delle quali gli aderenti presentano i propri prodotti e condividono le loro piante.
L’iniziativa e’ illegale, per cui molti di questi coltivatori di una tipologia nuova intendono denunciarsi alla prefettura come produttori di cannabis, nel febbraio 2013 (la data non e’ ancora confermata perche’ tutti i club devono ancora mettersi d’accordo). Una iniziativa audace visto che la Francia ha una delle legislazioni piu’ severe in Europa. “E’ un vero e proprio atto di disobbedienza civile. Non ci aspettiamo che ci venga data un’autorizzazione. Vogliamo imporre la nostra attivita’”, dice Domique Broc, giardiniere e punto di riferimento del progetto.
Un modo preciso di operare
Abitante a Tours, l’uomo coltiva le sue piante con altri quindici membri. Tra essi ci sono medici, avvocati, ma anche dei pazienti, che lo hanno raggiunto per fare un uso terapeutico della cannabis. Thierry Pierog, imprenditore, si e’ unito al club di Tours da un anno, si’ da poter fumare “la sera e il fine settimana”, militando a favore della depenalizzazione. La vicenda e’ diversa per la sua donna, Isabelle. Malata di sclerosi a placche, essa ha aderito al club per un uso strettamente medico: “Le diagnosi sono state disastrose negli ultimi tre anni -spiega suo marito– Abbiano provato diversi trattamenti, ma pochi sono stati realmente soddisfacenti. La cannabis e’ molto efficace. Anche il nostro medico di base ci ha incoraggiato in questa scelta”.
Queste colture collettive rilevano un modo preciso di operare. Non grandi garage, ne’ grandi serre, i membri del club fanno crescere l’erba in strutture private e piccole. “Due-tre metri quadri sono sufficienti per l’autocoltura” -spiega Dominique Broc, che valuta le necessita’ del proprio club di Tours sui 23 Kg all’anno. “Qui il grammo di cannabis vale 24 centesimi, Molto lontano dai 15 euro che vengono richiesti sul mercato mero”. Thierry Pierog assicura che questi club sono “senza scopo di lucro”. E spiega: “Ci dividiamo i costi di produzione, come l’elettricita’, l’acqua, il terreno… Tutto cio’ di cui abbiamo bisogno e’ indicato su un manuale di coltivazione. Non si paga un centesimo di piu’. E non facciamo del traffico”.
E per evitare questi pericoli che Dominique Broc fa si’ che ci siano solo piccoli gruppi di persone, tra i quali “tutti si conoscono bene”. Gruppi di amici, insomma. “’ideale e’ avere dei club di 5-6 persone, massimo 20”. I soci coltivano -spesso all’interno- delle piante che rispettino “una carta etica”. Alcuni prodotti sono vietati, come i fertilizzanti organici “si’ da privilegiare il naturale e i sapori dell’erba”, spiega il giardiniere. Prodotti sempre piu’ popolari, come dice Michel Gandilhon, incaricato dello studio presso l’OFDT: “I consumatori intendono fumare prodotti di buona qualita’ come quelli bio, al contrario della resina di cannabis, la cui qualita’ e’ scadente”.
Sono circa 2.500 consumatori di canapa, raggruppati in circa 150 cannabis social club in tutta la Francia. Un fenomeno relativamente recente. Questo colture collettive sono comparse nel 2009, dopo che gia’ da alcuni anni circolavano in Spagna e Belgio. La differenza? In questi Paesi, la produzione e il consumo di cannabis per uso personale non sono un reato. In Francia la legislazione e’ nettamente piu’ coercitiva. L’articolo 222-35 del codice penale dispone che produzione o fabbricazione illecite siano punite con 20 anni di carcere e 750.000 euro di multa. Peggio quando i fatti siano commessi in un gruppo organizzato. La pena va a trenta anni di prigione e 7,5 milioni di multa. In quanto al semplice consumo, esso e’ punito con un anno di prigione e 3.750 euro di multa.
Molto decisi a rilanciare il dibattito sulla depenalizzazione, questi militanti non esitano a mettere il piede davanti alla porta: “La sinistra non osa coinvolgersi in merito”, dice Dominique Broc. Essa avrebbe potuto ufficializzare la propria attivita’ quando Nicolas Sarkozy era ancora al potere: “E’ strano, non e’ vero? Pertanto io ho sempre pensato che sarebbe stata la destra che avrebbe potuto depenalizzare la cannabis”.
“Se noi siamo dei criminali, che ci si giudichi come tali”
In quanto alla legge, Dominique Broc, assicura che non gli fa paura. Egli ha gia’ conosciuto la galera dopo essere stato condannato nel 1990 a 18 mesi di prigione per possesso di marijuana. Egli rifiuta ogni clemenza: “Se noi siamo dei criminali, che ci si giudichi come tali, cioe’ per produzione di cannabis in gruppo organizzato”. La posizione dei coltivatori e’ chiara: se uno di loro viene incriminato, essi andranno tutti a presentarsi in questura per essere perseguiti. “E ci si rendera’ conto che la legge e’ inapplicabile, in virtu’ del numero alto di aderenti. Si andra’ a ingolfare la giustizia. La legge non e’ buona, occorre combatterla”, spiega Dominique Broc.
Ma l’obiettivo primario di questi antiproibizionisti e’ ben oltre. Essi intendono lottare -attraverso il loro movimento- contro il mercato nero del traffico. “Bisogna normare e regolamentare il consumo di cannabis. La proibizione ha un effetto perverso e contribuisce all’economia sommersa”, spiega Dominique Broc. E fustiga anche le “fabbriche di cannabis”, mantenute da alcune reti mafiose -lo scorso 3 dicembre ne e’ stata smantellata una nell’est della Francia che impiegava dei clandestini vietnamiti. “Quante di queste iniziative mafiose non sono state ancora scoperte? Noi non abbiamo paura della galera, ma abbiamo paura di trafficanti e spacciatori. Ci sono sempre piu’ dei furti di cannabis”.
Questa escalation tra produttori e’ confermata da Michel Gandilhon dell’OFDT: “Dopo la comparsa delle autocoltivazioni, c’e’ una concorrenza sempre piu’ rude e feroce. Si rischia di avere tensioni e problemi per dei regolamenti di conti”.
In attesa della loro dichiarazione alla Prefettura, questi 2.500 coltivatori di cannabis si raggruppano in seno alla loro associazione: Les Amis du cannabis social club. Creata in agosto, e’ la vetrina legale del loro movimento. Un primo successo per questi gruppi di amici che sperano in un “atto politico” che porti alla legalizzazione della loro attivita’.