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I.D.B. (utilizziamo le iniziali per espressa richiesta di riservatezza, ndr) ha raccontato di essere stato arrestato “nel dicembre del 2006, in seguito ad una soffiata. Ero diretto a Delhi – ha spiegato – e mi hanno trovato 250 grammi di hashish, un quantitativo non elevato”.

Il viaggio in India iniziato in settembre si trasforma così in un calvario giudiziario. Trascorre un mese nelle carceri di Mandi, proprio quelle in cui sono detenuti anche Angelo e Simone, finché non paga “8.000 euro di cauzione” e viene liberato. “Il processo in primo grado – ha aggiunto – l’ho vinto, ma non mi è stato restituito il passaporto”, perché l’accusa ha fatto ricorso e quindi vi dovrebbe essere una seconda sentenza, la cui data, però, I.D.B. non ha saputo indicare. Da allora è costretto a risiedere in una pensione di un piccolo paese nei pressi di Mandi.

Secondo la lettera che Angiolo Marroni, garante dei detenuti del Lazio e coordinatore della Conferenza Nazionale dei garanti dei reclusi, ha inviato all’Ambasciatore italiano in India, Antonio Armellini, la vicenda sarebbe differente: “Condannato in India per uso e detenzione di sostanze stupefacenti, un cittadino italiano di 54 anni di Conegliano Veneto si trova attualmente agli arresti domiciliari in una piccola e fatiscente pensione, in condizioni igieniche precarie che mettono addirittura a repentaglio la sua vita”. La permanenza in albergo non sarebbe quindi dovuta al ricorso dell’accusa ed alla mancata restituzione del passaporto, ma alla condanna subita da I.D.B., tramutata in arresti domiciliari dopo il pagamento della cauzione.

Al di là di questa divergenza, si devono però sottolineare le gravi condizioni di salute di I.D.B., testimoniate dalla fotografia della giornalista free lance, Maria Grazia Coggiola, recatasi in visita sia dal cinquantaquattrenne di Conegliano Veneto sia da Angelo Falcone. Nella stessa lettera di Marroni si fa presente la sua difficile situazione: “Il caso del signor I.D.B. – si legge – mi è stato segnalato dall’anziano padre, che mi ha chiesto un aiuto dal momento che il signor I.D.B. è gravemente malato. Le sue condizioni si sono aggravate per il decorso della malattia, che già in Italia lo costringeva a sottoporsi a trattamento retro virale, e per l’impossibilità di cure adeguate oltre che per le scarse condizioni igienico-sanitarie del luogo in cui risiede. Le sue condizioni di salute – ha continuato Marroni – sono così delicate che impongono tempestive cure per salvargli la vita. Mi appello quindi alla sua sensibilità affinché, nel rispetto delle leggi e delle procedure, si possa, con un suo intervento a nome del governo Italiano, far si che il signor I.D.B. venga trasferito e curato nel nostro Paese”.

I.D.B. ha precisato meglio la sua condizione spiegando che ha avuto “un incidente, cadendo in un buco. Mi si è paralizzata la parte sinistra del corpo, anche se ora mi sto riprendendo abbastanza bene”. L’intervistato ha aggiunto che “la permanenza in albergo la devo pagare con i miei soldi ed è piuttosto cara. Inoltre ho dovuto trovarmi da solo un assistente senza il quale non so come farei, ma anche questo è stato compito mio, le autorità indiane non mi hanno dato nulla, se non un mese di carcere in condizioni pessime”. Per quanto riguarda l’assistenza da parte delle autorità italiane I.D.B. non ha lanciato pesanti accuse limitandosi a riferire che “dall’Ambasciata non ho avuto aiuto perché di fronte alle autorità indiane sono impotenti”.

Intervista a Fabio Porta (Pd), neo-relatore per le problematiche legate ai detenuti e agli ostaggi italiani all’estero

In occasione della prima riunione del Comitato per i diritti umani istituito dalla commissione Esteri della Camera dei deputati, News Italia Press ha intervistato Fabio Porta, deputato eletto nella circoscrizione Estero ripartizione America meridionale, a cui è stato affidato il compito di presentare una relazione sui detenuti italiani all’estero: numeri, condizioni e aree di interesse per poi individuare una linea di azione condivisa dal comitato stesso. Il comitato – ha dichiarato Porta – si occuperà anche dei tanti italiani sequestrati in ogni parte del mondo.

  1. Porta, oggi si è riunito il Comitato per i Diritti Umani istituito dalla Commissione Esteri della Camera dei Deputati, e a Lei è stata affidata una relazione, da presentare nei prossimi mesi, sulle problematiche che riguardano i detenuti e gli ostaggi italiani all’estero. Quali saranno le priorità che vorrà affrontare?

“I detenuti italiani all’estero per una serie di motivi, finiscono per essere detenuti penalizzati rispetto sia a chi si trova a vivere le stesse situazioni in Italia, ma a volte anche rispetto ad altri detenuti delle carceri di quei paesi dove loro sono trattenuti, spesso anche con situazioni ai limiti del rispetto dei diritti umani. Questo per numerosi motivi, perché in alcuni casi – come succede ad esempio in Brasile – i detenuti stranieri non hanno gli stessi diritti – come ad esempio la riduzione di pena – che sono concessi ai cittadini di quel paese. Spesso avviene in Asia o in Sud America, che nelle carceri non vengano rispettati i criteri d’igiene, il rispetto di quel minimo di privacy che pure il detenuto deve avere, perché per problemi di lingua spesso non riescono a comunicare, e quindi anche a far valere i propri diritti. Il presidente della Commissione ci ha chiesto, a me in particolare, di preparare una relazione che intanto parta da una verifica della situazione: raccogliere i dati per capre quanti sono i detenuti italiani all’estero, dove sono, se possibile sapere anche per quali motivi, per quanto tempo sono stati condannati ecc. Poi, una volta fatto questo censimento, verificare se esistono situazioni particolari e se c’è la possibilità di intervenire per andare incontro a queste situazioni abbastanza complesse”.

Per intervenire su alcuni casi particolari, proverete a fare pressione sulle Ambasciate?

“Dopo l’intervento del Comitato, quindi del Parlamento – coinvolgeremo anche il Ministero degli Esteri, della Giustizia, i Consolati e le Ambasciate – che poi di solito sono quelle che si interessano direttamente ai problemi -. Vogliamo naturalmente farlo anche in accordo con le associazioni che esistono, che si occupano di questi casi, sapendo poi che ci sono alcune realtà – mi riferisco al Sud America ma anche in Asia – abbastanza critiche. Oltre a questo ci occuperemo anche degli ostaggi, dei sequestrati, un caso che riguarda sempre i nostri connazionali all’estero, ovviamente non in prigione per colpe commesse, ma per altri motivi. È un’altra faccia della medaglia di una situazione abbastanza critica”.

L’On. Marco Zacchera (Pdl), ha proposto l’istituzione di un numero verde per le problematiche dei detenuti italiani all’estero, come giudica quest’iniziativa?

“Tutte le proposte che vanno incontro anche a una semplificazione dell’accesso all’informazione, che spesso è il primo muro cui si trovano di fronte le famiglie, vanno benissimo. Che sia un numero verde o un altro sistema, l’importante è affrontare il problema”.

Come Comitato quindi cosa farete?

“Abbiamo deciso innanzitutto di partire da una relazione, il che significa individuare i dati e la situazione, ma anche fare una prima verifica di cosa si può fare, e delle proposte già avanzate che vanno assolutamente analizzate sul caso. Su questi temi non credo che ci saranno problemi di appartenenza politica, ci sarà un interesse anche dai colleghi della maggioranza”.