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Ancora non si conosce il testo della sentenza di condanna, la famiglia Falcone nel pomeriggio contatterà l’interprete a seguito del colloquio di stamattina in cui “il giudice aveva promesso che nel giro di poche ore avrebbe scritto la motivazione che arriverà in ambasciata lunedì”, spiega Giovanni Falcone, padre di Angelo. Si spegne così la fiducia che fino a poche settimane nutriva la speranza dei familiari.

“Spero ci siano ancora speranze di riavere Angelo in Italia”, prosegue Falcone. “Certo, andremo in appello. Ma ci vuole tempo, tempo da trascorrere in prigione. E si tratterà di un’altra prigione, perché domani saranno trasferiti. È questo anche il dramma, qui adesso conoscevano tutti ed erano conosciuti”. I due ragazzi verranno infatti trasferiti tra oggi e domani nel carcere di Nahan, una città a 200 chilometri da Mandi. Da lunedì Giovanni Falcone si metterà di nuovo in contatto con le autorità consolari affinché si ottengano nuove autorizzazioni per poter restare in contatto con il figlio anche dalla prigione di Nahan, dove si trovano altri 350 carcerati.

“Sono stati condannati, a 10 anni – ripete Falcone -. Ero, in parte, anche io fiducioso. Perché, soprattutto negli ultimi tempi, il giudice sembrava essersi interessato anche alle dinamiche in atto. E poi. Poi è caduto tutto”.

Un triste epilogo al quale si è arrivati “grazie al disinteresse della politica tutta”, afferma Falcone. Nelle ultime udienze il giudice sembrava molto attento alle procedure e a quanto gli veniva proposto ma “poi è crollato tutto”. “Quando cadi nelle mani della corruzione, non ti salvi – continua Falcone da Matera -. Un meccanismo perverso che non tocca solo Angelo e Simone ma tocca tutti i cittadini occidentali. Per loro gli occidentali sono una fonte di guadagno sicuro, specialmente se italiani. Perché le istituzioni non si interessano mai di loro, e questo è il risultato”.

Una corruzione che, per papà Falcone, è un “meccanismo perverso”. “Gli occidentali sono visti come fonte di guadagno sicuro. Specialmente gli italiani. E il Parlamento non si interessa mai di queste cose. Il prezzo è altissimo, ma non so neanche se devo dire grazie, in un certo senso. Perchè so che rischiavano dai 15 ai 20 anni. È da stamattina che sto gridando. Sono un cittadino italiano e devo essere garantito dal mio Parlamento. Io come tanti altri del 3000 abbandonati nel mondo. Figli e figliastri. Il Presidente della Repubblica… gli ho scritto due lettere e non ha mai risposto. Ad un’associazione che lo aveva sollecitato al merito, la segreteria personale della Presidenza della Repubblica ha fatto sapere che esula dalle proprie competenze. Eppure, in passato, di altri casi, che avevano alle spalle potentati, si è parlato e per quei casi ci si è mossi”.

Una conclusione amara: “Posso gridare quanto voglio. Ma rimarrò sempre solo. Un Don Chischiotte contro i mulini a vento”. Non tutta la politica italiana ha reagito alla vicenda, nel tempo, con il silenzio. L’Onorevole Marco Zacchera, Presidente del Comitato Italiani nel Mondo della Camera dei Deputati, era stato, nel 2007, tra i primi parlamentari italiani ad attivarsi con iniziative volte a risolvere per vie politico-diplomatiche il caso Falcone.

Lo scorso fine luglio, presentando un’interrogazione parlamentare al Ministro degli Esteri Franco Frattini, l’Onorevole Marco Zacchera ha riaperto il capitolo delle problematiche condizioni di vita dei detenuti italiani all’estero. Nella scorsa legislatura aveva, lungamente e con successo, fatto approvare dal Parlamento un ordine del giorno – recepito dall’allora Governo – di istituire il Numero Verde di emergenza giudiziaria per tutti quei turisti italiani o residenti all’estero che avessero avuto necessità di fare prontamente intervenire le nostre autorità consolari a loro difesa. Nel luglio scorso Zacchera aveva anche chiesto di conoscere lo stato di attuazione del cosiddetto Protocollo di Strasburgo, con il quale si prevedono norme per poter scontare la pena nei propri paesi d’origine e non in quelli ove si è stati condannati.

“Nel caso di Angelo e Simone ci sono state gravi violazioni dei diritti umani: basti pensare che sono stati costretti a firmare una dichiarazione in indi senza capire cosa stessero firmando eppure la legge prevede che tutte le dichiarazioni ai connazionali all’estero e soprattutto ai detenuti devono essere solo nella propria lingua. Sul caso di Angelo Falcone – prosegue l’Onorevole Zacchera – si potrebbero riempire pagine intere di giornali su cosa sarebbe stato possibile fare e non si è fatto, nonostante il mio personale impegno e quello di altri colleghi parlamentari?” .

La Commissione Esteri della Camera dei Deputati ha, inoltre, in questa legislatura, istituito il Comitato per i Diritti Umani. Nel corso della prima riunione, tenutasi prima della pausa estiva, Fabio Porta, eletto all’estero nelle file del Partito Democratico, aveva fatto riferimento, insieme al suo collega Marco Fedi, alla grave situazione dei tanti italiani detenuti all’estero, come anche ai diversi ostaggi in mano a sequestratori in varie parti del mondo.

“Spesso la condizione di un italiano detenuto all’estero è ai limiti del rispetto delle più elementari norme di diritto civile internazionale – ha sostenuto l’on. Porta – a volte per la mancanza di accordi bilaterali con l’Italia, altre per le oggettive condizioni delle carceri (penso, per esempio, a tanti Paesi del Sudamerica)”. E proprio l’onorevole Porta avrà il compito di presentare, nei prossimi mesi, una relazione specifica al merito.