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Ormai l’anno scorso, come vi avevamo raccontato su queste pagine, il Presidente Biden mentre annunciava la grazia ai detenuti federali per possesso di cannabis, aveva dato incarico al ministro della sanità, Xavier Becerra, e al procuratore generale, Merrick Garland, di “avviare il processo amministrativo per rivedere la classificazione della cannabis nelle normativa federale”.

Oggi Marijuana Moment ha dato notizia del primo passaggio di questo processo: il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti (HHS), dopo una revisione scientifica sulla cannabis, ha inviato alla DEA il proprio parere. Nella lettera, resa pubblica da Bloomberg, l’HHS raccomanderebbe il passaggio della cannabis dalla Tabella I (sostanze ad alto rischio d’abuso e senza possibilità d’uso, anche terapeutico) alla Tabella III (sostanze che hanno un potenziale di abuso inferiore a quello delle sostanze in tabella  I o II e che possono portare a una dipendenza fisica moderata o bassa o a un’elevata dipendenza psicologica) della legge federale sugli stupefacenti.

Anche se la raccomandazione dell’HHS non risulta vincolante, va segnalato come addirittura il National Institute on Drug Abuse (NIDA) di Nora Volkow (che fino a pochi anni fa andava a braccetto con Serpelloni e Giovanardi) abbia approvato il testo dell’HHS.

Dal punto di vista pratico la riclassificazione permetterebbe di rendere più facile la ricerca (oggi i ricercatori devono affrontare un complicato processo di autorizzazione per lavorare sulla cannabis) e di avere una tassazione federale più vantaggiosa per le imprese.

Dal punto di vista politico sono però in tanti a vedere il bicchiere mezzo vuoto: la riclassificazione in tabella III non avrebbe alcun effetto pratico sulle regolamentazioni dei 23 stati che hanno legalizzato la cannabis. Certamente il Congresso avrebbe una maggiore copertura scientifica per approvare alcuni provvedimenti, come la legge per permettere all’industria della cannabis di accedere al sistema bancario, che da anni non riescono ad avere un sostegno bipartisan.

La speranza che il processo di revisione portasse ad una raccomandazione di declassificazione completa è stata quindi delusa. Questa avrebbe ovviamente spianato la strada alla regolamentazione legale a livello federale. Ma si tratta comunque di uno passaggio storico per gli Stati Uniti: significherebbe non solo che la massima agenzia sanitaria federale non classifica più la cannabis come una sostanza ad alto potenziale di abuso e senza alcun valore terapeutico, ma anche discostarsi formalmente dalla classificazione delle convenzioni internazionali. Questo gà succede in molti paesi, Italia compresa: ma ripensando al ruolo fondamentale degli Stati Uniti nella stesura di quei testi, diventa evidente l’ormai inarrestabile processo di rottura del monolite proibizionista.