In memoria di Giancarlo Arnao (1927-2000), autore di Proibito capire. Proibizionismo e politica di controllo sociale, Torino 1990.
[avatar user=”Peter Cohen” size=”thumbnail” align=”right” /]A prescindere dalla loro origine e dalla retorica ufficiale circa le loro funzioni, oggi il modo migliore di considerare i trattati Onu sulle droghe è alla stregua di testi religiosi. Essi hanno acquisito una patina di valore intrinseco, e che si vorrebbe indiscutibile, dando vita a una conventicola di autentici credenti e proseliti che si ergono a loro baluardo. Costoro anelano ad una visione del Genere umano per cui l’astinenza da certe droghe costituisce un dogma nello stesso modo in cui altri testi religiosi potrebbero proibire certi alimenti o attività. I trattati Onu sulle droghe formano così la base della Chiesa internazionale della Proibizione delle droghe. L’appartenenza a questa chiesa è diventata una fonte di sicurezza indipendente, e combatterne i nemici è diventato motivo automatico di virtù.
Nella storia della cultura occidentale abbiamo conosciuto molte chiese. Le più note sono la Chiesa cattolica, con il suo Ufficio centrale della fede a Roma, ma anche la Chiesa del comunismo, governata infine dal suo Comitato centrale che si trovava un tempo a Mosca. Tutte queste chiese conoscono e adorano testi fondamentali che non servono a promuovere la comprensione scientifica e lo sviluppo sociale, ma piuttosto a promuovere il dogma della Chiesa stessa, la fede, e il regno delle sue Istituzioni. Quando poco più di un secolo fa, per ragioni ormai irrilevanti, gli Usa in preda all’ispirazione scrissero le prime versioni dei primi trattati globali sulle droghe, nessuno avrebbe potuto prevederne i risultati.
Vista in termini sociologici, l’equazione fra i trattati Onu sulle droghe e la Fede potrebbe non risultare immediatamente evidente. La nascita dell’individualismo nella metà del XVIII secolo, con le sue lotte conseguenti contro la dipendenza, il colonialismo e la schiavitù, potrebbe essere vista come la culla delle nostre moderne mitologie sulle droghe e la dipendenza. Il concetto di droga e il concetto di dipendenza erano espressioni sincere di quella nuova ideologia, la religione per così dire, del “libero individuo”. Nella culla dell’individualismo sono nati e cresciuti nuovi movimenti e culture che hanno cercato di creare l’”indipendenza” e l’”emancipazione” sia dei popoli che delle persone. Lo scopo che definirebbe l’Umanità, ottenere la “grazia” di Dio per l’anima, dal XVIII secolo in poi è stato sostituito con l’”indipendenza” e più tardi con la “salute” del corpo. Qui non intendo discutere le interpretazioni specifiche di “indipendenza” o “salute” che vengono scelte, perché in questo mio breve scritto non sono rilevanti.
Anche le ideologie socialiste possono essere interpretate come espressioni di quella nuova visione dell’individualità e della libertà, la più conosciuta e indagata delle quali è stata il marxismo. Dovremmo comprendere che, in termini filosofici, la Prima internazionale comunista e il primo trattato globale sulle droghe hanno gli stessi genitori secolari, hanno prodotto simili imperi istituzionali e hanno avuto come conseguenza delle Inquisizioni altrettanto distruttive.
Nella Chiesa cattolica, le congregazioni del Sacro collegio dei cardinali o i relativi dipartimenti amministrativi decidevano su questioni relative ai santi, agli eretici e alle strategie secolari del Sant’Uffizio. Una famosa congregazione – la congregazione dell’Indice – decideva quali libri potessero essere letti dai fedeli. Ad esempio, in una delle loro riunioni, nel 1616 (il 5 marzo) si decise di bandire la lettura dell’astronomia copernicana, in quanto “falsa e contraria alle Sacre scritture”.
Nella Chiesa della Proibizione abbiamo svariate di queste congregazioni in cui i cardinali della Proibizione confrontano i testi sacri con le politiche di tutto il mondo e decretano se queste politiche siano sante o no. Non ha senso cercare di dimostrare alle congregazioni dove ci ha portato la versione antidroga dell’emancipazione, così come non ha senso andare a Roma a dire alle congregazioni dei cardinali che ci sono più modi di condurre una vita virtuosa ed etica che attraverso Cristo o seguendo strettamente la Bibbia.
I luoghi in cui i cardinali della Proibizione si riuniscono sono irrilevanti. A Vienna, a Roma, a New York, le scene sono identiche. I cardinali lì riuniti sono scelti non per esprimere problemi inerenti ai testi sacri, ma per generare la fede, l’unanimità e possibilmente la gloria. Le burocrazie che organizzano queste riunioni sono gli esegeti del testo e delle regole che guidano la fede.
I burocrati della Chiesa della Proibizione non vengono reclutati per le loro conoscenze nel campo della sociologia, della farmacologia, del consumo di droghe, o dei problemi che il proibizionismo crea a centinaia di milioni di persone da Malaga a Memphis, da Mosca fino all’angolo di casa mia. I burocrati antidroga vengono assunti per la loro ortodossia religiosa e per la loro utilità per la Chiesa; e naturalmente i loro posti di lavoro sono spesso lontani dal mondo dei consumatori di droghe o dagli effetti della politica delle droghe.
E per quanto concerne la riforma della politica delle droghe? La riforma non avviene durante gli incontri delle congregazioni, né i riformatori di tale politica dovrebbero concentrare la loro attenzione su quel livello. Le congregazioni Onu hanno le stesse probabilità di promuovere un cambiamento in questo campo, quante ne ha il Festival della canzone europea.
Poiché una congregazione dei cardinali proibizionisti non ha esercito (a differenza dei vecchi Papi o del vecchio segretario generale del partito comunista sovietico), il suo vero potere sarà dimostrato dal tempo. La Chiesa della Proibizione ha solo poteri di fede, di credo, di intimidazione e di soggezione. Per quanto tempo essa può mantenere questi poteri e prolungare la sua ortodossia senza guardare o prestare ascolto alle piccole riforme che stanno avvenendo dappertutto? Le riforme in essere sono le stanze del consumo in Germania, le leggi per la decriminalizzazione in Portogallo, i coffee-shop in Olanda. Esse sono gli scambi di siringhe (quasi segreti) a New York, ma anche la disponibilità di siringhe al super market, alla luce del sole, in quel paese della Toscana dove tu avevi affittato la tua villa.
La riforma della politica delle droghe è locale e il poco potere politico che i riformatori hanno non dovrebbe essere sprecato con la Chiesa o le sue Congregazioni.
La riforma della politica delle droghe è legata inestricabilmente alle politiche e alle culture locali. Non possono esserci due sistemi di riduzione del danno identici. Perciò, la riforma della politica delle droghe prima procede e poi si diversifica a livello locale. Solo lì la riforma può rispondere agli innumerevoli, unici insiemi di condizioni e costrizioni. Persino sotto brutali regimi proibizionistici, a livello locale i riformatori della politica delle droghe possono dare voce alle persone che hanno bisogno del cambiamento, e agire per loro conto. Dai quartieri, dalle comunità, dalle città e dalle regioni, la riforma può infine arrivare alle capitali nazionali e internazionali.
Le nostre uniche chances sono locali perché nelle arene locali noi possiamo essere gli specialisti. A livello delle Congregazioni, nessuno vuole il cambiamento. E là, noi siamo gli anti-specialisti. Cambiamento e riforma sono nemici dei cardinali di tutte le Chiese consolidate, compresa quella della Proibizione. I Cardinali temono il cambiamento e vietano che se ne discuta. Anche quando le voci della riforma parlano dentro le sacre stanze in cui i Cardinali si riuniscono, e anche quando essi sono costretti ad ascoltare, le parole dei riformatori appartengono a lingue che i cardinali non riescono a capire e che non vorrebbero tradurre. Per i cardinali, il semplice fatto di capire le parole dei riformatori potrebbe essere visto come un cedimento alle forze della miscredenza e dell’eresia.
Per riassumere, la vera sfida alla legittimità dei Trattati sulle droghe non consisterà nel portare iniziative di cambiamento al livello della Congregazione. Il vero test lo avremo quando paesi singoli o gruppi di paesi capiranno che i cambiamenti di cui le loro città hanno bisogno contravverranno sempre a qualche frase o virgola dei testi sacri. O, come ha osservato Cindy Fazey, «il cambiamento verrà quando i governi ignoreranno selettivamente parti delle Convenzioni».
Quando hanno introdotto cambiamenti contrari ai testi sacri, i paesi europei finora hanno scoperto che non è successo niente! Essi scoprono che la Chiesa non può impedire loro di riformare le loro leggi o almeno le loro politiche, e si accorgono (a volte con meraviglia) che essa non cerca neanche di fermarli. Questo è già successo in Germania, Svizzera, Olanda e in molti altri posti.
Comunque, i paesi a volte scoprono – come potrà essere il caso del Canada nel prossimo futuro – che le loro discussioni locali sulla riforma della politica delle droghe sono divenute profondamente minacciose per la Chiesa della Proibizione e i suoi cardinali. In tali casi, l’autonomia di una nazione può essere sfidata, non dalla stessa Chiesa proibizionista, ma dai governi nazionali per i quali il sostegno alla Chiesa proibizionista è più importante della loro stessa Costituzione. Questo porta la Riforma molto oltre la politica locale delle droghe. Perciò tali paesi eretici dovranno dare vita a nuove coalizioni, e quando tali coalizioni saranno forti abbastanza, allora la riforma della politica delle droghe potrà essere portata al livello delle Convenzioni. Ma la riforma della politica delle droghe non aspetterà così a lungo. Le riforme che stanno già avvenendo svuoteranno le Convenzioni, proprio come la santità di Roma, pompose Congregazioni ed eserciti un tempo temibili non hanno potuto impedire l’avvento della riforma e – infine – che le chiese europee si svuotassero, che il divorzio diventasse un fatto consueto e che l’aborto diventasse un diritto umano persino in Spagna, una volta il paese dei re cattolici.
I Trattati internazionali sulle droghe sono tra i testi più sacri della Chiesa della Proibizione delle droghe. Una prospettiva riformista sui Trattati o un rifiuto di inginocchiarsi davanti ai testi, sono azioni molto pericolose ora per i paesi, così come la crescente egemonia degli Usa ha conseguenze che spingono più in avanti l’estremismo e l’ortodossia. Più i Cesari statunitensi sfruttano la loro egemonia, più le Convenzioni Onu sulle droghe simbolizzano il loro desiderio di definire e controllare il genere umano, così come il loro stato-gulag, il loro esercito e la loro flotta di portaerei ne sono l’espressione materiale.