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Gli Stati Uniti avrebbero promosso quattro colpi di Stato in America Latina negli ultimi otto anni e utilizzerebbero narcotraffico e terrorismo per intervenire nella regione latinoamericana, dove cercherebbero di installare basi militari per prendere il controllo delle risorse naturali. Queste le dure accuse rivolte a Washington da parte del presidente boliviano Evo Morales, nel corso della prima giornata della Conferenza dei ministri della Difesa del continente americano che si e’ aperta ieri a Santa Cruz, in Bolivia. Il capo di stato ha dedicato buona parte del suo lungo discorso a lanciare accuse agli Usa, alla presenza del segretario alla Difesa statunitense Robert Gates, che ha assistito senza scomporsi e nel suo intervento non ha fatto nessun riferimento agli attacchi ricevuti. Secondo Morales i governi Usa che si sono succeduti al potere dal 2002 avrebbero promosso colpi di Stato in Venezuela, Ecuador, Bolivia e Honduras, arrivando al successo solo in quest’ultimo caso. “Bisogna riconosce che gli Stati Uniti ci hanno battuto in Honduras, consolidando il golpe. In questa occasione l’impero nordamericano ha vinto, ma i popoli americani hanno vinto in Venezuela, Bolivia ed Ecuador”.
“La pace nel continente sara’ in pericolo – ha aggiunto il presidente boliviano – fino a quando il governo degli Stati Uniti non smettera’ di intervenire con il fine di destabilizzare i Paesi della regione”. Da Morales e’ poi arrivata un’accusa precisa e diretta nei confronti del parlamentare statunitense Connie Mack, uno dei partecipanti alla riunione “Pericolo nelle Ande” organizzata da rappresentanti politici della destra statunitense e continentale la scorsa settimana a Washington. Secondo il capo di Stato in quella riunione si e’ parlato di “una cospirazione e dell’omicidio” del presidente venezuelano Hugo Chavez e nel caso in cui accadesse qualcosa al capo di Stato l’unico responsabile dovrebbe essere ritenuto proprio Mack. Morales ha poi sostenuto che alcuni parlamentari Usa tentano di farlo passare come “il Bin Laden andino” e i coltivatori di coca del suo Paese come “talebani delle Ande”.
Il presidente boliviano ha quindi difeso le relazioni con il governo iraniano: “La Bolivia, sotto la mia guida firmera’ accordi, e stringera’ alleanze con tutto il mondo,. Nessuno me lo potra’ proibire perche’ ne abbiamo il diritto. Crediamo nella cultura del dialogo”. Una risposta alle preoccupazioni espresse da Gates domenica, quando aveva sottolineato: “I Paesi latinoamericani che trattano con l’Iran devono essere cauti rispetto ai reali motivi che spingono Teheran e a cosa stanno veramente tentando di fare gli iraniani”. Alcune ore dopo l’intervento del leader boliviano dall’ambasciata statunitense e’ arrivata una pacata risposta, attraverso un comunicato, nella quale si sottolinea come il governo boliviano abbia “perso un’opportunita’ per fare dei progressi nelle questioni affrontare nel corso della conferenza”, ovvero “pace e fiducia nella regione”, “democrazia, forze armate e societa'” e “sicurezza regionale e disastri naturali”. La nota della rappresentanza diplomatica ribadisce comunque la volonta’ del governo Usa di “lavorare con la Bolivia e altri Paesi della regione, nel corso della conferenza, per affrontare queste importanti sfide”.