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WASHINGTON – Tolleranza zero addio, dalla demagogia punitiva si torna alla ragione. Dopo miliardi di dollari bruciati in una guerra alla droga perduta (12 miliardi già spesi invano dal governo in questo 2009) lo Stato di New York riconosce che la caccia al «tossico» non paga e la chimera della certezza della pena come toccasana dell´epidemia di crimine e di dipendenza, va abbandonata.
Non più sentenze draconiane e obbligatorie, che ammanettavano i giudici e li costringevano a incarcerare i piccoli spacciatori o i tossicodipendenti, ha deciso l´assemblea legislativa proprio dello stato che negli anni �80 lanciò, a New York, la fortunata formula della «tolleranza zero», soltanto per assistere all´aumento delle vendite degli stupefacenti e al sovraffollamento di carceri dove le stesse sostanze per le quali i detenuti sono dentro, circolano indisturbate. Le leggi, varate durante l´epidemia di eroina e poi di crack già trent´anni or sono, rimarranno nei codici, ma i magistrati saranno liberi di valutare caso per caso e scegliere se sbattere in galera i colpevoli o inviarli in centri di cura e di riabilitazione pubblici, per i quali saranno stanziati, anche in questo periodo di bilanci strozzati dalla crisi, 50 milioni di dollari.
Proprio nel giorno in cui la Segretaria di Stato Hillary Clinton che la «War on Drugs», la guerra alla droga proclamata da Richard Nixon nel 1969 e costata 40 miliardi di dollari all´anno, era pura propaganda ed è stata un fallimento, e non esiste una soluzione militare alla tragedia della dipendenza, la svolta dello stato barometro della cultura americana è sensazionale, quanto dovuta.
Il mito, e poi la pratica, della severità indistinta per schiacciare il parassita della droga era ciò che aveva portato la popolazione carceraria americana alla cifra stratosferica di due milioni e mezzo di detenuti oggi, uno per ogni cento adulti, senza avere neppure rallentato, il fiume di «roba» riversata nelle vene della nazione.
Siamo naturalmente ancora ben lontani dalla legalizzazione delle droghe leggere e dalla fine del proibizionismo, ma la decisione, votata nel senato statale ad Albany, la capitale, è l´ammissione che 40 anni di guerra sono stati vinti dalle varie «piovre» che estendono i tentacoli dall´Asia all´Italia all´America Latina. Che hanno raggiunto la soglia degli Stati Uniti, lungo quei confini con il Messico dove ogni giorno massacri, decapitazioni, rapimenti, battaglie di strada avvengono, provocando più morti di quanti il terrorismo fondamentalista abbia mai inflitto, mentre l´America doveva spendere, secondo il centro di studi sulla droga «Drug Policy Alliance» per la costruzione di nuove carceri il doppio di quanto investisse nelle scuole pubbliche. Persino economisti tradizionalmente conservatori, come Milton Friedman, avvertono da tempo che il tentativo di combattere il consumo, e quindi il commercio, della droga con il martelletto del giudice o i caccia bombardieri è «una follia che si autosconfigge».
Ma la svolta di New York, dalla cecità della «tolleranza zero» alla lucidità del «caso per caso» ha anche un´amara una spiegazione politica e sociale. Nei 40 anni buttai per la guerra alla droga, il consumo si è dilatato dalle minoranze razziali, dai ghetti, dalle comunità di immigrati «latinos» per raggiungere i sobborghi bianchi con i loro praticelli ben tosati, le comunità «bene», le scuole private ed esclusive. E quella giustizia a catena di montaggio che spediva in carcere spesso a vita, come nella California delle «tre condanne e sei finito», neri, immigrati latinos e centro americani con qualche povero ragazzotto bianco di prinvincia, ha cominciato a risucchiare i figli dell´America che conta. E quell´America ha detto, a New York, basta. La tolleranza zero è tollerabile soltanto se tocca i figli degli altri.