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Buone notizie sul fronte della guerra all’oppio in Afghanistan: nel 2008 l’economia dell’oppio nel Paese centroasiatico, per gli esperti l'”economia di guerra dei talebani” (“taleban war economy”), ha marcato una decisiva diminuzione: dal 2007 la coltivazione è scesa del 19%, fermandosi a 157mila ettari, la produzione del 6%. Sono i dati dell’ultimo rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per la droga e il crimine, presentato ieri a Roma dal direttore esecutivo Antonio Maria Costa. Un dato significativo riguarda la diminuzione del prezzo dell’oppio del 20%, dopo che da anni la produzione afghana supera la domanda (mondiale). In cambio c’è stato peró un aumento del prezzo del grano del 300% (in parte a causa della siccità) e molti contadini afghani hanno preferito abbandonare l’attività illecita, ora meno redditizia: il rapporto del reddito lordo generato dall’oppio e quello generato dal grano (per ettaro) nel 2007 era di 10:1, quest’anno si è ridotto 3:1, mentre il rapporto del reddito netto è calato addirituttura a 2:1. E ancora dati positivi: un milione di persone in meno è impiegato nel “settore”, secondo Costa, per un totale circa di 200mila famiglie in meno. Anche la terra adibita a coltivazione è calata dal 2,5 al 2,1 per cento nell’ultimo anno. Ora “il 98% della coltivazione si trova nel sud, tanto che io dico che il problema dell’oppio è un problema del sud dell’Afghanistan”, ha spiegato il direttore Unodc. Le province del sud sono molto fertili ed è sempre qui che si concentrano gli scontri tra le forze internazionali e i talebani.