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(di Davide Varì Liberazione, 25 ottobre 2007) Il ministro radicale spiega le ragioni del suo no alle norme presentate ieri l’altro in Consiglio dei Ministri: “La vera emergenza del Paese è rappresentata dai processi che durano anni e anni”.
Emma Bonino, ministra per le politiche europee ha pochi dubbi: “L’impostazione del pacchetto sicurezza presentato ieri l’altro in consiglio dei ministri era di tipo repressivo e a volte demagogico”. Un giudizio netto, il suo, su una serie di provvedimenti nati per assecondare la furia giustizialista dei sindaci d’Italia che chiedono a gran voce pene più severe per i nemici del decoro urbano – lavavetri, writer e mendicanti -, la creazione di una banca dati del Dna modello Philip K. Dick e l’inasprimento delle pene per chi vende marchi griffati contraffatti.
Insomma, un pour-pourri di richieste che si erano concretizzate in quei quattro pacchetti sicurezza infranti di fronte alle critiche di almeno quattro ministri. La più dura, Emma Bonino, proprio lei. Nel frattempo, nel corso della giornata di ieri sono arrivate le lamentele dei primi cittadini che parlano di occasione sprecata e di immobilismo da parte di un governo che non sarebbe in grado di rispondere alla richiesta di sicurezza della “gente”.
Ma il ministro della Solidarietà Paolo Ferrero risponde deciso: “Le misure repressive oltre a non servire a nulla sono dannose quando diventano l’unico strumento con cui relazionarsi con il disagio urbano. La perseguibilità d’ufficio dei graffitari, le pene esorbitanti per chi vende borsette griffate false o le ordinanze per i lavavetri che cosa c’entrano con la garanzia della sicurezza per tutti i cittadini? Nulla. La sicurezza dei cittadini è un problema serio, la strada individuata da alcuni sindaci – conclude Ferrero – è semplicemente sbagliata”.
Ministra Bonino, a quanto è dato sapere lei era contraria ai quattro pacchetti sicurezza. Quali punti non la convincevano?
In realtà non mi convinceva l’impostazione generale di tipo repressiva e a volte di tipo demagogico. Nel dettaglio non mi convincevano soprattutto le modifiche al codice penale e di procedura penale, il maggior ricorso alla custodia cautelare – in un paese dove le pene si espiano prima della condanna e mai dopo – e gli innalzamenti di pena in materia di circolazione stradale e contraffazione, che appaiono sproporzionati rispetto a reati ben più allarmanti.
La presunta emergenza sicurezza è una realtà oppure è una montatura di parte della politica e dei media?
C’è una indubbia percezione di insicurezza alimentata anche dai mezzi d’informazione. Una percezione dovuta alle trasformazioni epocali che stiamo vivendo: penso per esempio all’afflusso di immigrati con culture e tradizioni differenti. È giusto darvi risposta ma a partire dal rafforzamento delle norme e degli strumenti esistenti.
Viceversa, risposte politiche che rischiano di esaurirsi nell’annuncio, o peggio di essere demagogiche, a mio avviso non sono efficaci neanche a rafforzare il senso di sicurezza nei cittadini. La vera emergenza in Italia è l’emergenza giustizia con processi che durano anni e anni. Ed è su questo che siamo costantemente condannati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo perché la lunghezza viola di per sé il diritto alla difesa.
L’indulto è diventato il capro espiatorio di tutti i mali d’Italia. Nel frattempo le carceri sono di nuovo al collasso…
Noi eravamo per l’amnistia come filo da tirare per una riforma complessiva dell’intero sistema giustizia, annessi e connessi inclusi, e per questo abbiamo marciato con Napolitano e altri a Natale 2005. Si è scelto l’indulto come primo passo, si diceva, verso l’amnistia che invece non è mai arrivata. L’indulto ha risolto una situazione di emergenza che era venuta a crearsi e che rischia di ritornare. Ha inoltre risolto una questione d’illegalità nella quale versavano di fatto le carceri italiane con un terzo di detenuti in più rispetto agli spazi a disposizione. Dopo l’indulto, purtroppo, non sono state fornite all’amministrazione penitenziaria le risorse necessarie per far funzionare le carceri e assicurare pienamente che la pena venisse vista in funzione del reinserimento nella società.
Anche la legge Gozzini è sotto accusa. Eppure i dati dimostrano che chi usufruisce dei benefici reitera molto meno di chi sconta l’intera pena in galera…
La legge Gozzini si è dimostrata un efficace strumento di lotta alla recidiva se è vero com’è vero che chi è ammesso ai benefici della legge una volta uscito tende a ricadere nel reato infinitamente di meno di quanti escono dal carcere dopo aver scontato fino all’ultimo giorno la loro pena.
Questo governo è dato per spacciato. Vie d’uscita?
Intanto credo che diminuire il tasso di confusione aiuterebbe.
Come?

Prima di tutto ognuno faccia, e faccia bene, il proprio mestiere e se possibile solo il proprio mestiere. In secondo luogo, governo e maggioranza hanno il dovere di mantenere dritta la barra sulla Finanziaria, pacchetto welfare incluso, per assicurare uno sviluppo economico e umano adeguato ai nostri tempi.