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(Notiziario Aduc) ‘Salvare’ l’Afghanistan con morfina e altri antidolorifici: producendo questi farmaci a livello locale a partire dall’oppio coltivato nei villaggi afgani, lo si potrebbe infatti sottrarre ai talebani e al commercio illegale di droga.
E’ la proposta contenuta nel rapporto ‘Poppy for Medicine in Afghanistan: A Village-based Counter-narcotics and Counter-insurgency Model’, redatto dal Senlis Council, gruppo internazionale di esperti con sede a Londra che ha sviluppato un progetto pilota pronto a partire in autunno in tre aree dell’Afghanistan se arriveranno le autorizzazioni locali.
L’Afghanistan produce il 90% dell’oppio illegale nel mondo, si rileva sul sito di Nature che presenta il rapporto, in questo paese il commercio di oppio dal 1988 e’ cresciuto da 200 tonnellate per anno alle 6100 tonnellate per anno registrate nel 2006.
L’idea delle medicine al posto dell’oppio per contrastarne il commercio illegale e togliere il consenso popolare per i talebani, sostiene il direttore esecutivo di Senlis Council Emmanuel Reinert, deve essere tentata.

‘La situazione non puo’ essere peggiore di adesso – dichiara Reinert – la strategia di radicare i raccolti di oppio perseguita da Usa e Nato, non ha dato alcun risultato tangibile’, se non il fatto di impoverire ancora di piu’ le popolazioni locali gia’ strozzate dalla tragica situazione interna e rafforzare il consenso verso i talebani, considerati loro protettori.
C’e’ una forte carenza di morfina, codeina e altri antidolorifici prodotti a partire dall’oppio, la loro produzione oggi e’ insufficiente soprattutto per i paesi in via di sviluppo e solo sei paesi in tutto il mondo (Stati Uniti, Francia, Canada, Germania, Gran Bretagna e Australia) consumano da soli piu’ dell’80% di tutta la produzione farmaceutica di medicine a base di morfina.
Il rapporto redatto dal gruppo di esperti contiene un Dossier tecnico in cui si dimostra la fattibilita’ del progetto: sintetizzare queste medicine a partire dall’oppio richiede una procedura semplice, spiega Reinert, attuabile all’interno di laboratori mobili da installare nei villaggi afgani.
Il processo produttivo, continua Reinert, avverrebbe interamente nei villaggi, dal seme alla medicina finita, con l’aiuto del Governo, di collaboratori al progetto e di altri attori internazionali. Si spera, conclude Reinert, che questa idea sia messa in pratica e sostenuta al piu’ presto.