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Nella complicata questione delle politiche sulle droghe tutto è interconnesso: la salute, i diritti, la criminalità grande e piccola, la spesa pubblica, la sicurezza delle città, le economie illegali, gli squilibri tra Nord e Sud del mondo. Riuscire a ottimizzare i risultati, coordinando i diversi interventi, senza penalizzare i più deboli, richiede due condizioni preliminari che, ad oggi, in particolare in Italia, non sono date: una capacità di confronto, sereno e rispettoso, in grado di rinunciare alla facile conflittualità strumentale; un impegno nella documentazione, una tensione nella ricerca dei dati, ancorando il dibattito alle evidenze scientifiche. Viceversa cecità ideologica e disonestà intellettuale hanno, negli ultimi dieci anni, cavalcato paure, avallato pregiudizi, inquinato l’attività parlamentare, paralizzato l’iniziativa dei governi. Il lavoro di Giorgio Pietrostefani, Il sistema droga (Jaca book, pp.217, L.28.000) di ampio respiro, ricco di dati e supportato da un’approfondita documentazione internazionale, è in controtendenza, e costituisce un importante strumento formativo per tutti coloro che, a vario titolo, operano nei diversi ambiti connessi all’uso delle sostanze stupefacenti. La lettura del libro costringe ad allungare lo sguardo: su ciò che comunemente non si vede, sulle interconnessioni delle problematiche, sull’interdipendenza degli interventi. L’analisi di Pietrostefani si focalizza su tre questioni centrali: Il narcotraffico. Quando un Kg di eroina vale 5 Kg d’oro ed il prezzo al dettaglio è di 1700 volte il costo di produzione (di 600 volte per la cocaina), si comprende come il 90% del denaro sporco relativo ad un fatturato annuo stimato circa 300 miliardi di dollari (540.000 miliardi di lire), abbia la necessità di essere “ripulito” all’interno del sistema bancario legale. L’economia delle droghe è all’avanguardia nel processo di globalizzazione. L’imprenditorialità del narcotraffico si è dotata del modello più innovativo: una rete d’impresa, sovranazionale, la cui consistenza patrimoniale non è costituita da beni materiali, ma dalle competenze richieste per apportare soluzioni a bisogni in evoluzione e dalle referenze acquisite per aver già eseguito con successo i servizi richiesti. Le coltivazioni nei paesi produttori. La coltura di un ettaro di marijuana rende 146 volte di più di un ettaro di pomodori, e 257 volte di più di un ettaro di fagioli. I finanziamenti agli agricoltori sono insufficienti per riconvertire le coltivazioni. Per mancanza di crediti, per il mancato acquisto dei raccolti a prezzi garantiti, dopo aver accettato gli indennizzi i contadini abbandonano le campagne. Se non si risolve il problema della forbice dei prezzi tra prodotti esportati ed importati, se non si avvia una sanatoria dell’indebitamento, il traffico di droga rimarrà di necessità una delle principali risorse di sopravvivenza per quei paesi. Il consumo. Stime prudenti indicano nel mondo 8 milioni di consumatori di eroina (0,14% della popolazione mondiale), 13 di cocaina (0,25), 30 di droghe sintetiche (0,5%), 150 di canapa (2,5%). L’obiettivo di contrarre il consumo tramite la repressione dell’offerta non è stato raggiunto: il prezzo al dettaglio, sia dell’eroina che della cocaina, non è diminuito ed i sequestri dimostrano l’aumentata disponibilità delle droghe illegali. Quali soluzioni? Pietrostefani, descrivendo accuratamente le diverse esperienze internazionali che hanno consentito delle brecce nell’impostazione proibizionista, propone un intelligente intreccio tra “modello medico” (per la prescrizione di eroina a tossicodipendenti che non riescono a beneficiare di altri trattamenti) e “modello del commercio passivo” (per una diversa regolamentazione della cannabis). Il dibattito è riaperto, la base di discussione è ben fornita, creiamo le condizioni per non perdere una nuova buona occasione.

*Gruppo Abele