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Il 24 gennaio scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha raccomandato che la cannabis venga rimossa dalla quarta tabella (quella riservata alle sostanze considerate più pericolose come eroina e cocaina) della Convenzione sulle droghe del 1961 e che il principio attivo del Thc venga tolto dalla Convenzione del 1971, e classificato nella prima tabella di quella del 1961, semplificando la classificazione della cannabis.

Le preparazioni a base di Cbd contenenti meno dello 0.2% di Thc verrebbero escluse dalle convenzioni, mentre ai farmaci contenenti Thc verrebbe riconosciuta la scarsa probabilità di abuso.

Nel giustificare le sue raccomandazioni alla Commissione Droghe delle Nazioni unite, l’Oms ha spiegato che stando ai dati in suo possesso, non sembra che la cannabis possa avere effetti negativi paragonabili alle altre sostanze presenti nella quarta tabella. Inoltre, i membri del gruppo di esperti che dal giugno 2018 hanno studiato la questione, ne hanno sottolineato l’importante potenzialità terapeutica per curare e alleviare sintomi di varie patologie, in particolar modo il dolore cronico e altre malattie come l’epilessia e la sclerosi multipla. In aggiunta, si sottolinea come il Thc abbia effetti simili alla cannabis e alla resina di cannabis, motivo per cui ha senso che queste sostanze abbiano la stessa classificazione.

Il Thc (delta-9-tetraidrocannabinolo) e il Cbd (cannabidiolo) sono due cannabinoidi che si trovano nella cannabis sativa, ed entrambi hanno effetti sui recettori del corpo e del cervello umano. Il Thc è il principale componente psicoattivo della cannabis, responsabile per la sensazione di «high» ottenuta. I suoi effetti possono includere rilassatezza, alterazioni dei sensi, fame, fatica e aggressività ridotta. Il Thc può aiutare nel contrastare gli effetti negativi della chemioterapia e della sclerosi multipla, fra gli altri.

Il Cbd non è psicoattivo anche se ha la stessa formula chimica del Thc. È quindi possibili utilizzarlo per fini terapeutici senza riscontrare effetti significativi sulle abilità cognitive. Può aiutare nel contrastare il dolore cronico e la depressione.

L’Oms dichiara che non si conoscono effetti negativi del cannabidiolo (Cbd), che può essere invece usato a scopo medico: ne è già stato riconosciuto l’uso negli Stati Uniti come trattamento per l’epilessia infantile.

È importante ricordare come nonostante sia vietato dalle convenzioni internazionali, un numero crescente di legislazioni a livello statuale negli Usa e in paesi come Uruguay, Canada, Messico e Jamaica stiano legalizzando la cannabis per usi non medico-scientifici, mentre cresce sistematicamente il numero di Stati che ne permettono l’uso terapeutico come l’Italia.

La proposta di riclassificazione della cannabis era una notizia attesa da tutti coloro che da anni si battono per una regolamentazione della produzione, consumo e commercio della pianta della cannabis indica e dei suoi derivati (ne avevamo già scritto in questa colonna); il fatto che l’annuncio sia stato ritardato di un paio di mesi probabilmente non consentirà un dibattito in seno alla prossima sessione della Commissione Droghe dell’Onu della seconda metà di marzo ma marca una chiara presa di posizione riformatrice dell’Oms sulla pianta e pone gli Stati di fronte alla responsabilità di rispondere con norme adeguate.

A oggi non è dato sapere come reagirà l’Italia che nel 2014 ha già riclassificato la cannabis, né è dato sapere quali siano le priorità del Governo Conte relativamente alle politiche sulle droghe. Sarebbe opportuno un dibattito parlamentare piuttosto che editoriali terroristici sui giornali di potere o recensioni allarmistiche di libretti senza basi scientifiche. Sempre in attesa della Conferenza nazionale sulle droghe che fa paura e viene rimandata sine die.