Tempo di lettura: 6 minuti

La rubrica sulla Cannabis Terapeutica di Fuoriluogo.it

Numero 5 – Luglio 2018
Supplemento mensile alla newsletter di Fuoriluogo.it – Droghe e Diritti
A cura di Francesco Crestani, Associazione Cannabis Terapeutica
Ogni quarto lunedì del mese nella vostra mail

Dolore/1

E’ stata pubblicata su “La Clinica Terapeutica”, rivista presente nelle banche dati internazionali, la prima casistica clinica italiana di pazienti trattati con cannabis. Lo studio è stato svolto presso il centro di Terapia del dolore dell’ospedale di Pisa, primo autore Paolo Poli, già primario del centro (attualmente in pensione, continua la sua attività con la cannabis terapeutica ed è presidente della Società Italiana Ricerca Cannabis).

Lo studio ha alcuni elementi di forza:

  • si tratta appunto finalmente di pazienti italiani
  • la casistica è ampia, 385 malati
  • i pazienti sono stati trattati tutti con un solo tipo di cannabis (Bedrocan)
  • la modalità di somministrazione era pure unica (decotto)
  • i malati sono stati seguiti (follow-up) per un anno
  • sono stati studiati sia dal punto di vista delle risposte al dolore, che della funzionalità e con test psicologici.

Le cause di dolore più frequenti erano la fibromialgia, la radiculopatia, la cefalea e l’artrosi.

I risultati dimostrano l’efficacia sul dolore cronico e la disabilità, con riduzione degli indici di ansia e depressione. Inoltre i risultati, visibili a tre mesi, persistevano dopo un anno di terapia. La casistica risale al primo periodo di utilizzo della cannabis in Italia, in quanto il lavoro di elaborazione dei dati e di pubblicazione ha richiesto parecchio tempo. Attualmente il decotto viene più raramente usato per la laboriosità della preparazione; comunque il decotto non veniva preparato secondo le indicazioni ministeriali, ma secondo una metodica diversa, in base alle analisi del laboratorio di tossicologia clinica della regione Toscana. Infatti è opinione comune di clinici e farmacologi che il metodo diffuso dal Ministero (semplice decotto in acqua) non sia del tutto valido, in quanto i principi attivi della cannabis si sciolgono nei grassi. Nella discussione gli autori riportano che “la Cannabis non è ancora considerata un farmaco come gli altri, e questo causa problemi che nel caso di altre terapie non si hanno. Ad esempio..38 pazienti non hanno assunto la cannabis a causa di pregiudizi negativi riguardo ad essa, considerandola semplicemente come droga di abuso e non un farmaco. Inoltre 87 pazienti non sono riusciti a trovarla in farmacia… Al contrario, molti pazienti ripongono aspettative miracolistiche nella cannabis, a causa di cattiva informazione. Queste aspettative collidono con la realtà del trattamento delle condizioni croniche e così 10 pazienti hanno smesso la terapia dopo solo una settimana perchè non avevano ottenuto risultati.”
http://www.clinicaterapeutica.it/ojs/index.php/ClinicaTerapeutica

Dolore/2

Circa 1500 pazienti australiani sofferenti di dolore cronico e trattati con oppiacei sono stati seguiti per quattro anni con interviste telefoniche. E’ risultato che i i consumatori di cannabis riportavano più dolore e ansietà, sopportavano meno il dolore, riferivano che il dolore interferiva di più nella loro vita, e non riducevano l’uso di oppiacei. La cannabis usata era però quella del mercato nero.
Inoltre i malati se l’erano auto-prescritta, e non erano seguiti da medici nel loro percorso terapeutico con la cannabis (a parte i questionari telefonici). I pazienti erano affetti da dolore cronico non da cancro da dieci anni in media; erano in cura con oppiacei forti da una media di quattro anni, e usavano una media di 75 milligrammi di morfina equivalenti al giorno. Se infatti si sono avuti i risultati citati sopra, è anche vero che i pazienti riferivano che, su una scala da zero a dieci, l’efficacia della cannabis era pari a sette. Inoltre, al controllo a quattro anni il 30% dei partecipanti riferiva che alcune volte o regolarmente riduceva l’uso di oppiacei quando usava la cannabis. Ancora, tra coloro che usavano la cannabis, il motivo più frequente per il suo uso al controllo a quattro anni era per il sollievo dal dolore nell’83% dei partecipanti, per migliorare il sonno nel 64%, per lo stress correlato alla malattia nel 73%, per migliorare il tono dell’umore nel 50% e per relax generale nel 65%. Il 23% dei partecipanti non assumeva più cannabis a quattro anni per via degli effetti collaterali. Il 26% non la assumeva più per problemi legali, l’8% per i costi, un altro 8% per pressioni subite da amici, familiari e dai curanti, e il 18% per difficoltà ad ottenerla, visto il regime proibizionistico. Si precisa che dal 2016 in Australia la cannabis medica è legale, ma i dati sono stati raccolti in precedenza.
https://www.thelancet.com/journals/lanpub/article/PIIS2468-2667(18)30110-5/fulltext

Dolore/3

Negli stati degli USA ove è stata introdotta la cannabis medica vi è stata una riduzione delle prescrizioni di oppiacei minori (tipo codeina) del 30% circa, in base ai dati del sistema Medicaid (un servizio federale di assistenza sanitaria per persone con disabilità o con scarse possibiltà economiche). Non vi è stata riduzione invece degli oppiacei forti. Scrivono gli autori:Negli Stati Uniti, gli oppiodi nella scheda III [deboli] sono tipicamente utilizzati per il trattamento del dolore da lieve a moderato e il prosieguo della terapia può essere attuato entro sei mesi senza nuova prescrizione. al contrario, gli oppiodi di Scheda II [forti, tipo morfina] hanno bisogno di rinnovo della prescrizione ogni mese a causa del loro potenziale di dipendenza ed abuso…Inoltre le prove cliniche suggeriscono che la cannabis fornisca sollievo dal dolore lieve o moderato, similmente alla codeina… sebbene stiano emergendo prove che suggeriscono che la cannabis è efficace nel dolore intenso…, nessuno studio ha confrontato l’efficacia dei cannabinoidi con gli oppioidi di scheda II. A causa della preoccupazione per la mancanza di efficacia sui sintomi del dolore grave, i pazienti con dolore grave potrebbero essere meno portati a sostituire oppiacei forti con cannabinoidi e i medici potrebbero essere meno portati a raccomandarlii loro pazienti”.  Poichè gli oppiacei deboli sono una minima parte delle prescrizioni, il risparmio per il sistema Medicaid, se in tutti gli USA la cannabis medica fosse legale, sarebbe di “solo” 17,8 milioni di dollari.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29989239

Spasticità dopo ictus

All’Ospedale San Martino di Genova partirà il primo studio randomizzato in doppio cieco contro placebo sull’uso del farmaco a base di cannabis “Sativex” nella spasticità dopo ictus. Verranno reclutati cinquanta pazienti ai quali verrà somministrato prima il farmaco e poi il placebo o viceversa, naturalmente i malati non sapranno cosa stanno assumendo. I pazienti verranno valutati sia dal punto di vista dei sintomi, sia mediante misure neurologiche obiettive.
https://www.pharmastar.it/news/neuro/effetto-dei-cannabinoidi-nella-spasticit-post-ictus-al-via-primo-studio-randomizzato-in-doppio-cieco-27183

Cancro

E’ stato fatto un sondaggio su 3138 pazienti canadesi con tumore. 2040 hanno risposto, 1987 in modo adeguato. Dei 356 pazienti che riportavano uso di cannabis nei sei mesi precedenti, 36% erano nuovi utilizzatori. I motivi dell’uso erano il dolore correlato al tumore (46%), la nausea (34%), altri sintomi del cancro (31%), e “motivi non correlati al tumore” (56%).
Martell K,Fairchild A,LeGerrier B,Sinha R,Baker S,Liu HGhose A,Olivotto IA,Kerba MCurr Oncol. Rates of cannabis use in patients with cancer. 2018 Jun;25(3):219-225. doi: 10.3747/co.25.3983. Epub 2018 Jun 28.

Epilessia

E’ stato compiuto un sondaggio su genitori australiani di bambini con epilessia farmaco-resistente. Un gruppo (41 famiglie) utilizzava cannabis a fini terapeutici (ma di origine “illecita”, a parte 2 famiglie), l’altro no. I bambini del primo gruppo tendevano ad avere storia di forme più severe di epilessia e avevano provato più farmaci. Il 15% delle famiglie utilizzatrici aveva avuto problemi con la polizia, a tre famiglie la cannabis era stata sequestrata, quattro famiglie erano state segnalate al servizio di protezione dei minori e sei famiglie avevano avuto difficoltà a viaggiare. La spesa minima media per chi comprava la cannabis era di  162 dollari, la massima media di 270 al mese (con punte a 750). La forma più usata era l’olio. Il 75% riteneva efficace la cannabis. Una famiglia riportava completa assenza di crisi per un anno; il 43% aveva ridotto i farmaci; in tre casi non si usava più alcun farmaco. Nel 65% dei casi c’erano stati anche altri miglioramenti (cognizione, benessere, linguaggio, sonno etc).  Sono stati analizzati campioni della cannabis usata, sia ritenuti efficaci che inefficaci dalle famiglie, e si è visto che vi era una grande variabilità di contenuto di cannabinoidi nei campioni “efficaci”, senza chiare differenze rispetto ai “non efficaci”. Contrariamente alle aspettative delle famiglie, molti campioni contenevano basse concentrazioni di CBD, mentre il THC era presente in quasi tutti i campioni.
Composition and Use of Cannabis Extracts for Childhood Epilepsy in the Australian Community. Suraev A, Lintzeris N, Stuart J, Kevin RC, Blackburn R, Richards E, Arnold JC, Ireland C, Todd L, Allsop DJ, McGregor IS. Sci Rep. 2018 Jul 5;8(1):10154.

Infarto

E’ stato svolto uno studio per vedere le possibili complicanze in caso di infarto cardiaco nei consumatori di cannabis. I pazienti ricoverati per infarto, se erano utilizzatori di cannabis avevano una minor mortalità rispetto ai non utilizzatori, inoltre avevano minor rischio di essere sottoposti a contropulsazione (una terapia invasiva per mantenere la funzionalità del cuore), di andare in shock e in arresto cardiaco. Probabilmente a causa dell’uso come fumo (con conseguente fragilità delle vie respiratorie), era aumentata la possibilità di essere sottoposti a ventilazione meccanica. Gli atori concludono: “Questi risultati suggeriscono che, contrariamente alla nostra ipotesi, l’uso di marijuana non era associato ad un aumento del rischio di esiti avversi a seguito di infarto. Inoltre l’uso di marijuana era associato a una diminuzione della mortalità ospedaliera dopo infarto.”
http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0199705

Legislazione

E’ stato pubblicato sulla gazzetta Ufficiale un decreto che “inserisce i medicinali a base di cannabis per il trattamento del dolore nell’allegato III-bis del decreto presidenziale 9 ottobre 1990, n.309” (legge sugli stupefacenti).” In pratica il decreto avrebbe un fine di semplificazione prescrittiva, ma la cannabis, visto il suo status legale, non ha bisogno di tali semplificazioni. Dal punto di vista pratico quindi non cambia nulla, si tratta solo di un piccolo passo avanti formale. Ora ancora più chiaramente le regioni risultano inadempienti rispetto alle legge “di conversione” del 2017, articolo 18 quater. Questa prevede la rimborsabilità della cannabis in caso di “dolore” (senza ulteriori specificazioni) e in tutti i casi previsti dal decreto “Lorenzin” del 2015. Ma ancora di più, a questo punto, le regioni sono inadempienti rispetto alla legge 38 del 2010, legge per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.
http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2018-07-12&atto.codiceRedazionale=18A04702&elenco30giorni=false