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“E’ il contesto sociale, attraverso lo sviluppo di norme e rituali sociali, a portare sotto controllo l’uso di sostanze illegali”.

E’questa l’idea chiave del testo di Zinberg. Illuminante per tutti coloro che, professionisti, consumatori o cittadini, sanno che l’attuale fenomeno del consumo di droghe illegali non può più, pena la totale inefficacia, essere letto e tanto meno gestito con le chiavi interpretative dei paradigmi dominanti – quello morale e quello disease.

La lettura di Drug, Set and Setting e la rilettura più attenta consentita da questa prima traduzione italiana, ci fa pensare a Zinberg e ai suoi studi, sempre più come un “classico”. Intendiamo con questa parola riferirci a quegli autori che hanno studiato, nell’ambito di diverse discipline come la sociologia, la psichiatria, la psicologia, l’antropologia, ad esempio, uno o più fenomeni sul loro nascere o in una fase cruciale della loro costituzione e ne hanno identificato alcuni elementi di base tipici, che tendono a persistere fin quando la natura storica di quel fenomeno non muterà radicalmente. Un classico richiede sempre che vi sia una condivisione da parte di una comunità, anche eterogenea, che si riconosce in quell’orizzonte senza appiattirsi in un pensiero unico.

Norman Zinberg ha osservato e analizzato il fenomeno del consumo di droghe – e in particolare di quelle che il regime globale di proibizione ha reso illegali – direttamente tra le persone che usavano eroina, marijuana, psichedelici: le diverse sostanze diffuse tra gli anni sessanta e gli anni ottanta negli USA, potremmo dire nella fase di sviluppo e costituzione del fenomeno per come oggi lo conosciamo. E’ proprio nel passaggio del consumo di droghe illegali da comportamento limitato a ristretti gruppi sociali a fenomeno culturale e sociale di massa – che Zinberg chiama la “rivoluzione delle droghe”- che si situa la sua ricerca, la prospettiva interpretativa che ne consegue e l’analisi radicalmente critica dei paradigmi interpretativi di riferimento allora dominanti, e tutt’oggi vigenti, anche se più vacillanti. Drug, Set, Setting, questi tre termini costituiscono la triade interattiva che funziona come uno schema esplicativo che, a nostro giudizio, rappresenta il modello di interpretazione e comprensione delle caratteristiche e dinamiche del fenomeno degli usi di droghe più maturo e adeguato per il tempo presente.

In particolare, il rilievo che Zinberg attribuisce al setting, il contesto in cui i consumi avvengono, consente di inquadrare le caratteristiche strutturali del fenomeno dei consumi di droghe e di individuare e seguire le dinamiche che assumono nel corso della storia. Ci fa comprendere meglio come la persona, il set, possa sentire diversamente l’effetto della stessa sostanza con motivazioni diverse, in epoche e contesti diversi ma anche come le stesse sostanze possano comportare rischi maggiori o minori nei multiformi e differenti contesti del consumo. Esemplari i suoi riferimenti al consumo dell’alcool negli USA prima e dopo il proibizionismo e alle traiettorie del consumo di oppiacei tra i soldati americani al variare delle condizioni ambientali, dalla scena di guerra in Vietnam al ritorno a casa e il rientro alla normalità della vita in patria. La critica serrata che il libro propone tanto del “farmacocentrismo” quanto dell’ipotizzato collegamento del consumo con deficit psicologici individuali, con i conseguenti limiti che storicamente hanno accompagnato la costruzione della teoria della“dipendenza” (addiction), originano proprio dall’assumere come punto irrinunciabile di analisi il “consumatore nel contesto”. È questo sguardo che fonda la assoluta attualità di questo classico, offrendo argomenti critici verso la persistente attitudine moraleggiante ad appiattire il consumo sulla dipendenza e verso quel concetto di “personalità dipendente” e i suoi travestimenti in nuove categorie psicopatologiche che continuano a imperversare.