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Perché proporre oggi ai lettori e alle lettrici italiane il testo di Norman Zinberg, pubblicato dalla casa editrice dell’università di Yale nel lontano 1984? Un libro che, seppure possa essere considerato un classico poiché getta le fondamenta della prospettiva dell’apprendimento sociale nel campo dell’uso di droga, si basa su ricerche circa l’uso “non-dipendente” di marijuana, eroina, psichedelici che risalgono a quegli anni?

La risposta più ovvia può essere: per colmare una grave lacuna culturale. E’ singolare che un libro che ha ispirato tanta ricerca psicosociale sull’uso di droga nei setting naturali, in America e in Nord Europa, non sia mai stato tradotto in italiano. Del resto, anche importanti studi sui modelli di consumo di cocaina in particolare, portati avanti in Olanda e Belgio, rispettivamente da Peter Cohen e Tom Decorte – pubblicati in lingua inglese- non sono ancora accessibili al largo pubblico italiano. In questa prospettiva, l’indifferenza all’opera di Zinberg acquista il sapore di una più profonda resistenza a cogliere l’originalità del tipo di ricerca proposta e discussa nel libro e il carattere rivoluzionario – si può ben dire – della cornice teorica che da quegli studi prende corpo. E infatti i primi studi condotti in Italia sulla linea di ricerca indicata da Zinberg risalgono a soli dieci anni fa[1].

Giancarlo Arnao è stato uno dei pochi a leggerlo e ad apprezzarlo a suo tempo e infatti lo cita spesso nei suoi libri.

Possiamo formulare una risposta meno ovvia, riflettendo sul titolo del libro, che bene ne racchiude il significato controcorrente. “Droga, set, setting. La base per l’uso controllato delle sostanze psicoattive”. Per spiegare l’uso di droga, l’autore statunitense propone un modello a tre fattori: droga, set– ovvero la psicologia del consumatore -, setting– ovvero il contesto fisico e socio-ambientale del consumo. Zinberg arriva a formulare il ruolo del set e del setting a partire dall’ipotesi (confermata dalle ricerche esposte nel volume e da altre precedenti) che per le droghe illegali – così come per l’alcol- esista una pluralità di modelli di consumo, e non il modello unico della dipendenza. Le caratteristiche chimiche additive delle sostanze (il fattore droga) non sono evidentemente in grado di spiegare perché e come le persone possano utilizzare le sostanze in maniera “controllata” (diversamente dalla modalità intensiva – compulsiva della dipendenza); di conseguenza, i fattori che danno conto del “controllo” vanno ricercati altrove, nella psicologia del consumatore (stati d’animo, motivazioni, aspettative) e, soprattutto, nel setting : le “regole” sociali informali grazie alle quali le persone  imparano a “governare” le droghe, invece che esserne governate.

Da qui l’importanza di sviluppare la ricerca sui modelli d’uso non- dipendenti, per capire, dal racconto stesso dei consumatori, come funziona il controllo all’interno della loro esperienza di vita complessiva; e, strettamente correlata ai risultati degli studi, la critica a quello che Zinberg definisce il“farmacocentrismo” della ricerca tradizionale sulla droga, che influenza notevolmente il sentire comune.

Set e setting sono dunque le variabili del controllo, che offrono la cornice teorica per spiegare l’uso di droga in chiave squisitamente psicosociale. Come dire: consumatori controllati si diventa,attraverso un’opera di regolazione sociale. Perché da sempre le società umane hanno sviluppato norme e rituali per “addomesticare” le (proprietà farmacologiche delle) sostanze psicoattive, in modo da godere delle loro proprietà inebrianti e contenere al tempo stesso gli inconvenienti dell’eccesso: assegnando all’uso di sostanze psicoattive un significato e un “posto”nel fluire della vita quotidiana, ma al contempo, attraverso le prescrizione sociali (social sanctions) informali,  stabilendo i “limiti di compatibilità” (da non valicare) fra l’alterazione della mente e le attività che fondano l’identità personale e sociale del consumatore (relazioni, lavoro etc.).

Il Set e soprattutto il setting sono la base della teoria dell’apprendimento sociale del controllo.

Le stesse che la addiction theory non tiene presente, centrata com’è sulla droga come fattore patogeno nello sviluppo della malattia della dipendenza.

Per tornare alle ragioni della (ri)proposizione di questo testo. Che ne è del modello “Droga, set,setting” a distanza di oltre trent’anni dalla sua uscita? Nei tanti convegni di operatori delle dipendenze cui mi capita di partecipare, è quasi d’obbligo che i relatori inizino la loro presentazione in Power Point citando il modello a tre variabili, ma in una prospettiva teorica assolutamente rovesciata. Set e setting si sono capovolti da controlli (sul potere additivo delle droghe), in fattori di rischio (individuale e ambientale) di sviluppo della dipendenza (convenzionalmente intesa come non-controllo sulla droga). In altre parole i fattori psicologici e ambientali sono stati assorbiti nel modello medico bio-psico-sociale, applicato alla particolare “malattia” della dipendenza. Dunque, l’uso controllato e soprattutto il fatto che da esso si possano desumere i “controlli” come cornice concettuale per l’interpretazione dell’uso di droga,appaiono ancora oggi dissonanti nel pensiero corrente sulla droga, tuttora dominato dall’approccio patologico.

Ricollocare il sete il setting al posto originario di basi della teoria dell’apprendimento sociale del controllo: ecco un motivo non banale per leggere o rileggere oggi il testo di Zinberg. Cercando di coglierne i punti più attuali rispetto all’evoluzione dei consumi e alla percezione sociale dei cambiamenti; con lo sguardo rivolto anche ad altri paradigmi di interpretazione dell’uso di droga, specificamente la addictiontheory o modello disease, e alla critica puntuale che il libro offre.

[1] Si tratta di studi sul consumo “controllato” di cocaina in Toscana e in Piemonte. Cfr. Grazia Zuffa (a cura di) (2010), Cocaina. Il consumo controllato, Edizioni Gruppo Abele, Torino