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“Gli economisti hanno a lungo discusso se fossero piu’ efficaci politiche che punissero l’offerta oppure il consumatore. (…) Tutte le sanzioni che colpiscono l’offerta (le multe, la prigione, la confisca dei beni ecc.) incidono direttamente sui costi di produzione: la curva di offerta si sposta verso sinistra perché ad ogni livello di prezzo si è ora in grado di immettere sul mercato una quantità inferiore di prodotto. L’aumento del prezzo induce una riduzione della domanda e un suo eventuale spostamento a favore di prodotti sostitutivi, capaci di soddisfare in qualche modo i medesimi bisogni per cui si acquistava il bene proibito. In teoria, il risultato banale della proibizione è che il mercato dovrebbe assestarsi su una posizione caratterizzata da una minore offerta, una minor domanda e un prezzo piu’ elevato. (…) Seguendo il modello possiamo aspettarci che la riduzione dell’offerta del bene proibito dipenda dalla possibilità da parte dei produttori (trafficanti) di trasferire sui prezzi i costi aggiuntivi, senza rinunciare ai profitti. (…) Come reagiscono i consumatori alla variazione dei prezzi ? Fino a che punto sono affezionati al loro consumo ? Fino a che punto sono disposti a ridurre gli altri consumi per finanziare il consumo proibito ? Gli economisti hanno uno strumento per rispondere a queste domande: l’elasticità della domanda al prezzo. Con questa valutano le contrazioni della domanda a seguito di un aumento del prezzo del bene o, viceversa, l’aumento della domanda a seguito di una riduzione di prezzo. Se la domanda è molto elastica, cioè se vi è una piu’ che proporzionale rinuncia a consumare a fronte di una data variazione di prezzo, l’offerta dovrà ridurre la produzione, sino al punto in cui essa raggiunga il livello della domanda al nuovo prezzo (dopo la proibizione).
Al contrario, se la domanda è rigida, cioè se i consumatori non sono disposti a rinunciare al consumo del bene proibito, i produttori avranno un potere di mercato, saranno in grado di mantenere inalterata la quantità venduta traslando sul consumatore i costi aggiuntivi. (…) La rigidità della domanda è perciò cruciale nell’analisi degli effetti della proibizione: da un lato permette di capire quali risultati verranno raggiunti rispetto all’obiettivo di ridurre il consumo proibito; dall’altro, permette di valutare chi effettivamente paga i costi della proibizione, il consumatore o i trafficanti.
Se il consumatore non è disposto a rinunciare al bene proibito, come sarà in grado di finanziare la sua spesa a quei livelli di prezzo ? Dovrà dirottare maggiori quote di reddito a tal fine e ridurre eventualmente altri consumi. E se questo non è possibile o non basterà, dovrà trovare altre fonti di reddito non necessariamente legali. I costi imposti al consumatore sono ragguardevoli anche quando il consumo non è oggetto di proibizione, e questo è coerente con il fatto che l’obiettivo della proibizione è proprio scoraggiare il consumo. Quest’obiettivo è ancora piu’ esplicito quando si decide di punire il consumatore. Cosa succederà allora alla domanda ? (…) I consumatori sono differenziati e non hanno un comportamento omogeneo in termini di elasticità (di volontà di rinunciare al consumo proibito). Si frastaglieranno ulteriormente in relazione alle diverse capacità di far fronte al rischio di essere puniti. Un’analisi condotta in termini astratti non è però sufficiente: se la domanda si espande contrariamente ad ogni aspettativa, è necessario chiedersi perché, è necessario entrare nel vivo del mondo del consumo delle sostanze proibite.” Pp. 180-182

“E’ chiaro che tanto piu’ forte è la dipendenza del soggetto dal consumo passato, tanto meno egli sarà capace di governarla, cioè di rispondere ai segnali che il mercato, ora proibito, gli manda sotto forma di aumento dei prezzi. Per questo la proibizione non può operare unicamente come forma di regolazione del mercato. E’ necessario che sia spinta a fondo, sorretta da imponenti sistemi di sanzione che colpiscano non solo l’offerta ma anche la domanda, che modifichino le condizioni di rischio in modo sensibile, per lo meno per la maggioranza dei consumatori. Ed è necessario che la politica di persuasione morale non sia sottile, ma invadente e grossolana; è necessario stigmatizzare l’uomo imperfetto. Gli economisti sanno che non vi è regola senza sanzione, non vi è proibizione senza ingenti spese destinate al suo sostegno. Hanno elaborato dei modelli per decidere fino a che punto sia conveniente far rispettare una legge, con un opportuno calcolo costi-benefici.” Pag. 186

“Si afferma così che ogni consumatore calcola la sua propria personale disponibilità a pagare per quel consumo, calcola cioè un suo prezzo-ombra, di cui il prezzo di mercato della sostanza costituisce solo una parte che si somma ad altri elementi di costo connessi alle perdite prodotte dal consumo, sulla capacità di guadagnare o sulla salute del consumatore. Svolti gli opportuni calcoli il consumatore di sostanze psicoattive, come qualsiasi altro consumatore, sarà in grado di effettuare una scelta che gli permette di raggiungere una situazione per lui soddisfacente, che viene definita di equilibrio. Ecco che allora – si può affermare – il consumatore rispetterà le leggi del mercato: a una crescita dei prezzi di mercato o del rischio connesso al consumo di una determinata sostanza, per esempio a seguito di provvedimenti di proibizione, si verificherà un aumento del prezzo-ombra per il singolo consumatore e una riduzione delle quantità consumate.” Pp. 196-197