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Accertamento penale

– circa le segnalazioni all’Autorità giudiziaria, nel 2008 la Toscana  rappresenta la terza regione italiana per deferimenti compiuti in relazione alle imputazioni ad oggetto l’art. 73 D.P.R. 309/1990 (2.134 soggetti) e la quinta regione italiana in relazione alle segnalazioni di cui al successivo art. 74 (105 soggetti);
– i provvedimenti restrittivi. L’Autorità giudiziaria eleva con maggiore incidenza provvedimenti restrittivi nei confronti dei cittadini stranieri. Così, se per fatti di cannabis sono sottoposti a misure restrittive 6 italiani su 10 e 8 stranieri su 10, in relazione all’eroina od alla cocaina il rapporto è di 7 italiani su 10 e di 9 stranieri su 10;
– reati perseguiti: nella Relazione sull’Amministrazione della Giustizia nell’anno 2009 (1° luglio 2007-30 giugno 2008) viene indicato che nel Distretto di Corte d’Appello di Firenze si è proceduto contro le violazioni del D.P.R. 309/1990 (4.192 casi).
Interessa rilevare che il trend nazionale e regionale dei reati perseguiti, nell’ultimo lustro, è deflativo. Invece i reati in materia di droga sono stati perseguiti in misura maggiore (di circa due punti) rispetto ai reati assoluti. Ciò conferma la tendenza inflativa inerente le violazioni relative al D.P.R. 309/1990;
– procedimenti penali definiti. Nel corso dell’intervallo 2003-2007, i dati nazionali relativi ai procedimenti penali per violazione dell’art. 73 D.P.R. 309/1990, definiti con condanna passata in giudicato, hanno mostrato una tendenza crescente fino al 2005 (19.206), che è poi diminuita gradualmente nel 2006 (18.206) e nel 2007 (18.106).
La comparazione del dato regionale dei procedimenti definiti con quello nazionale induce a ravvisare nella Regione Toscana un’insolita accentuazione di condanne per reati di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990;

La situazione penitenziaria

– ingressi in carcere. Nell’arco di 5 semestri (1° gennaio 2006-30 giugno 2008), il numero più elevato di ingressi assoluti si è registrato nel primo semestre, antecedente l’entrata in vigore dell’indulto. La crescita nel numero degli ingressi si spiega con la proliferazione di norme sanzionatorie, che rafforzano il controllo penale delle fasce marginali e indeboliscono le misure alternative.
Nella Regione Toscana l’incidenza fra i nuovi ingressi di soggetti che violano il D.P.R. 309/1990 è di poco più elevata rispetto alla media nazionale (33%, a fronte del 30%). Invece, gli ingressi di tossicodipendenti negli Istituti di pena regionali (27,7%) si mostra al di sotto della media nazionale (30%).
Comunque, un dato drammatico è rappresentato dagli ingressi dei cittadini stranieri, superiori di circa tredici punti percentuali (62%) a quelli della media nazionale;

– presenze in carcere. Alla data del 25 marzo 2009 erano complessivamente presenti negli Istituti di pena della Regione Toscana 4.027 detenuti. Tenuto conto che la capacità regolamentare dei 19 Istituti di pena regionali è di 3.076 detenuti e che la capienza tollerabile è di 4.245, l’indice di sovraffollamento dei primi mesi del 2009 era pari al 131%: 
Circa i tossicodipendenti si osserva una drammatica progressione della loro presenza nel circuito penitenziario regionale: al 30 giugno 2006 (21,5%); al 31 dicembre 2006 (14,4%); al 30 giugno 2007 (17%); al 31 dicembre 2007 (25%); al 30 giugno 2008 (31,9%).
Circa i cittadini stranieri, questi erano: al 30 giugno 2006 il 40,5%; al 31 dicembre 2006 il 43,4%; al 30 giugno 2007 il 46,7%; al 31 dicembre 2007 il 48%; al 30 giugno 2008, il 48,5%. Questo movimento inflativo caratterizza significativamente la Regione Toscana, ove i detenuti stranieri si collocano oltre dieci punti percentuali sopra alla media nazionale di presenze straniere (37,3%).
La tendenza attuale indica che si sta progredendo verso il livellamento della storica differenza fra tossicodipendenti italiani e stranieri. Fra l’altro, i cittadini stranieri che, a prescindere da una personale condizione di consumo problematico di stupefacenti e sostanze psicotrope, fanno ingresso in carcere per reati di droga vi rimangono per un tempo medio molto superiore ai cittadini italiani, raggiungendo proporzionalmente il drammatico rapporto di 2 a 1;

– durata della pena. Si conferma che le condanne per reati di droga vincolano i detenuti condannati ad una più lunga permanenza in ambito penitenziario rispetto alla permanenza media della totalità della popolazione detenuta;

– trattamenti sanitari per le problematiche di dipendenza. Un primo problema che si pone, accentuato dalla legge 49/2006, è dato dalla necessità di circoscrivere la nozione di tossicodipendente; ciò per definire l’accesso del soggetto alle misure terapeutiche ed a quelle socio-riabilitative, all’esterno ed all’interno del circuito penitenziario.
Le misure di sostegno e assistenza fornite dai Servizi pubblici per le tossicodipendenze verso i consumatori problematici differiscono, in termini quantitativi e qualitativi, in relazione alla circostanza che gli utenti siano o meno assoggettati ad una pena detentiva.
Verso questi ultimi, l’analisi dell’intervallo 2004-2007, indica come nel circuito penitenziario regionale i percorsi di disintossicazione siano stati caratterizzati da trattamenti di breve durata. Invece, appaiono elevati gli interventi di servizio sociale e di sostegno psicologico.
Nei confronti dell’utenza non detenuta, nel medesimo intervallo osservato (2004-2007), i programmi di disintossicazione con metadone sono stati definiti con una durata di lungo termine (oltre i 6 mesi).
In entrambi i casi, è contenuto l’accesso verso percorsi di inserimento comunitario.

Approfondimento I: i reati per art.73 nella ipotesi di lieve entità e la legge Cirielli

Nel contesto nazionale, l’impatto delle detenzioni per reati di droga è altissimo (circa il 40%), rispetto alle detenzioni assolute e  rappresenta l’elemento contenitivo per eccellenza delle problematiche di dipendenza (circa il 27%), che colpiscono oltre 1 detenuto ogni 4.
Molto numerose sono le condanne, anche non definitive, a una pena breve (3 anni) o brevissima (1 anno). A Firenze, nel carcere di Sollicciano, le condanne per violazione dell’art. 73 comprese nei tre anni sono oltre la metà.
In Toscana, il confronto fra ingressi e uscite, nel trimestre 2006-2008, ha mostrato che fra i detenuti italiani le uscite sono superiori alle entrate, mentre fra gli stranieri il rapporto è inverso. Inoltre, nei periodi normali (ante indulto e nell’arco dell’intero biennio 2007-2008), gli ingressi dalla libertà dei detenuti stranieri, definitivi e non, superano quelli degli italiani, secondo un rapporto di circa 3 a 1. Ciò a dimostrazione della maggiore vulnerabilità degli stranieri rispetto agli italiani.

Le presenze dei detenuti stranieri (65-66%) duplicano quelle degli italiani. Circa le violazioni, oltre la metà dei detenuti presenti ha commesso un reato in materia di droga.

I detenuti stranieri definitivi condannati ad una pena detentiva entro un anno erano il 27,3% delle condanne  contro il 3,6% degli italiani. Inoltre, quasi 4 detenuti stranieri su 5 sono appellanti e ciò ne pregiudica l’accesso ai benefici penitenziari.

Fra i detenuti presenti per reati di droga, e segnatamente per la violazione dell’art. 73, nel biennio 2008-2009, i fatti di lieve entità, di cui al comma 5 dell’art. 73, hanno avuto una incidenza estremamente bassa (circa il 3%), inferiore di due terzi rispetto al dato nazionale (9-10%). È verosimile ritenere che tali rilevazioni siano incomplete a causa del non puntuale inserimento dell’informazione relativa all’ipotesi attenuata (comma 5 dell’art. 73 che prevede la reclusione da 1 a 6 anni) nel sistema telematico centralizzato per la registrazione della posizione giuridica dei soggetti sottoposti a limitazione della libertà personale (AFIS).

La questione inerente la natura giudica della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5 ha assunto maggior rilevanza in esito alla completa novellazione dell’art. 99 c.p., per effetto della legge 251/2005, la cosiddetta legge Cirielli.

Questa disposizione ha introdotto un “automatismo sanzionatorio” in materia di reati di droga per cui la circostanza che il colpevole di un nuovo reato abbia riportato due o più precedenti condanne per delitti non colposi impedirebbe il bilanciamento tra la ricordata circostanza attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 e l’aggravante di cui all’art. 99, comma 4 c.p., prefigurato dall’art. 69, comma 4 c.p., con l’effetto di “neutralizzare” – anche in presenza di precedenti penali remoti e scarsamente significativi in rapporto al nuovo delitto – la diminuzione di pena connessa al fatto di lieve entità.

Tenuto conto di questi due elementi (carenza del sistema informatico AFIS e legge 251/2005) per quantificare il numero di detenuti presenti per violazione del 73, comma 5, si è condotta un’indagine qualitativa che ha riguardato due diversi campioni, composti da 20 detenuti ciascuno, condannati a pena detentiva non superiore ad anni due:
– nel primo campione (“A”), si è osservato l’impatto della fattispecie attenuta del fatto di lieve entità (comma 5) fra i condannati alla reclusione per la violazione dell’art. 73 D.P.R. 309/1990;
– nel secondo campione (“B”), si è esaminata la posizione giuridica dei detenuti con problematiche di dipendenza, allo scopo di individuare quale incidenza assumano, fra questi, i reati diversi da quelli direttamente connessi alla violazione del D.P.R. 309/1990.

Si è giunti così alla conclusione che l’ipotesi attenuata ricorra, nell’intervallo marzo-maggio 2009, nel 25% dei casi osservati (a fronte di dati ufficiali del 3-4%). Inoltre, calcolando i casi in cui l’ipotesi attenuata, pur ricorrendo in termini oggettivi, soccombe per la prevalenza della concorrente circostanza aggravante della recidiva reiterata infraquinquennale, di cui all’art. 99, comma 4 c.p., l’incidenza complessiva della fattispecie sarebbe pari al 40%.

Fra i detenuti tossicodipendenti del campione “B” (20), i reati in materia di droga hanno riguardato il 45% dei soggetti (9). Fra questi, le violazioni di lieve entità (3), pur escluse negli effetti dall’esistenza della recidiva reiterata (art. 99, comma 4 c.p.), hanno mostrato di avere un’incidenza più contenuta (25-30%) di quella riscontrata nel campione “A” (40%), ma comunque significativa. Piuttosto, sulla base del campione osservato, fra i tossicodipendenti presenti nell’Istituto di pena in commento, le detenzioni relative a reati diversi dalla violazione delle disposizioni del D.P.R. 309/1990 sono risultate superiori alla metà (11);

Approfondimento II: le misure alternative

Nei confronti dei tossicodipendenti si sottolinea la presenza nell’Ordinamento  di alcuni possibili benefici specifici, fra cui: affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 legge 354/1975); affidamento in prova in casi particolari (artt. 90 e 94 D.P.R. 309/1990); detenzione domiciliare (art. 47-ter legge 354/1975).

Nel primo semestre del 2007, nella Regione Toscana sono state concesse poco meno di 4 misure alternative su 10 verso soggetti con problemi di dipendenza. Eccezionalmente, nella regione Lazio tale rapporto è di 6,5 su 10. Mentre, nella Regione Lombardia è di 3,5 su 10, nella Regione Puglia è di poco più di 3 su 10 e nella Regione Emilia-Romagna è di 2,5 su 10.

Nel secondo semestre del 2007, nella Regione Toscana sono state concesse circa 4,5 misure alternative su 10 verso soggetti con problemi di dipendenza. Nella regione Lazio tale rapporto è analogo. Nella Regione Lombardia è di circa 3 su 10, mentre nella Regione Puglia è di circa 4 su 10. Infine, la Regione Emilia-Romagna si è stabilmente mantenuta sul rapporto di 2,5 su 10.
Si ritiene che l’incidenza delle misure  sui condannati tossicodipendenti e alcoldipendenti sia aumentata in relazione alla forte diminuzione complessiva delle misure alternative generiche, per effetto del provvedimento di indulto. In parte, ciò potrebbe essere spiegato dalla circostanza che i reati per droga determinano una permanenza media più elevata in carcere. Inoltre, il provvedimento di indulto non è stato applicato verso i delitti di cui agli artt. 73, nell’ipotesi aggravata dall’art. 80, comma 2 (cessione di ingente quantità), e di cui all’art. 74 (associazione finalizzata al traffico);

Nel 2006, presso il Tribunale di Sorveglianza di Firenze, gli affidamenti ordinari (art. 47 legge 354/1975) concessi sono stati 778  rispetto ai dinieghi (427 rigetti e 156 declaratorie di inammissibilità).  Circa gli affidamenti in prova in casi particolari (art. 94 D.P.R. 309/1990), le concessioni sono state 202 hanno superato di oltre il doppio i rigetti (89). Da segnalare, invece, l’altissima incidenza delle declaratorie di inammissibilità (84), superiore alla percentuale nazionale.

Approfondimento III: le sanzioni amministrative

Nel nuovo procedimento previsto dall’art. 75, come configurato nella legge del 2006, si è introdotto un automatismo sanzionatorio in capo al Prefetto che, adesso, nei confronti dei soggetti segnalati, è sempre tenuto ad applicare una delle sanzioni previste dal comma 1 dell’art. 75, a prescindere dall’adesione dell’interessato al programma terapeutico.

Le modifiche introdotte dalla legge 49/2006 non prevedono più la possibilità di invio del segnalato ad un programma terapeutico, in regime di sospensione del procedimento amministrativo. Le sanzioni sono comunque irrogate a carico del destinatario. Non solo, alle sanzioni già indicate nell’art. 75, rese ancor più intense negli effetti (da un mese ad un anno), si è accompagnata una nuova previsione sanzionatoria, di cui al successivo art. 75-bis, introduttiva di misure limitative della libertà personale comminate dal Questore.

Nel corso dell’anno 2008 il numero complessivo dei procedimenti nei quali l’interessato si è presentato per il colloquio con il Prefetto, rispetto ai casi per i quali nel medesimo intervallo si è proceduto alla segnalazione (1.089), è stato di 756 (69,5%). Di questi, 646 (85,5%) sono stati i casi relativi a segnalazioni per il possesso di cannabis, 66 (8,7%) i casi di eroina, 41 (5,1%) i casi di cocaina e 5 (0,7%) le segnalazioni per sostanze residuali.

Rispetto alle 1.089 segnalazioni al Prefetto, nell’intervallo di riferimento, 372 (34,2%) si sono definite con l’invito formale, di cui al comma 14 dell’art. 75, rivolto all’interessato a non fare più uso di sostanza stupefacenti e psicotrope. Questo dato, comparato – non con il numero assoluto dei procedimenti (1.089) bensì – con quello relativo ai soggetti che si sono presentati al colloquio con il Prefetto (756), indica che nell’anno 2008 circa la metà dei segnalati che hanno sostenuto il ricordato colloquio (49,2%) erano alla prima segnalazione.
A conclusione della ricerca, si è ritenuto interessante discutere le principali questioni emerse in un panel di esperti. In questa sede, sono state individuate alcune proposte operative per interventi in materia di comportamenti connessi al consumo di stupefacenti e sostanze psicotrope di possibile competenza regionale:

–    interventi legislativi sia per promuovere, attivare e legittimare politiche di riduzione del danno e di diminuzione della carcerazione per i tossicodipendenti;
–    interventi di potenziamento delle risorse, revisione degli organici e rilancio dei servizi pubblici, dopo l’indebolimento che si constata in seguito alla novellazione del D.P.R. 309/1990, con legge 49/2006, che ha potenziato l’intervento privato;
–    valorizzazione e incremento dei programmi terapeutici nei servizi, sia con interventi ambulatoriali diurni sia con l’attuazione di programmi più completi e operativi;
–    potenziamento dei Ser.T. interni ai carceri, ora spesso limitati a seguire la disassuefazione. Appare indispensabile che possano usufruire di risorse adeguate per svolgere programmi terapeutici idonei, anche quelli residenziali, più costosi, senza alcuna differenza tra cittadini italiani e immigrati:
–    attuazione di un lavoro di rete tra i soggetti istituzionali coinvolti, con l’apertura alle risorse presenti sul territorio. Risultano infatti diversi elementi di criticità (dati raccolti in modo disomogeneo, interventi non congruenti, mancato collegamento tra i servizi) che indicano l’opportunità di stabilire una modalità operativa basata su forme di coordinamento non episodiche e non puramente formali.