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È durato poco meno di un anno il calvario alle Seychelles di Federico Boux, l’italiano arrestato il 16 agosto 2007 dalla polizia che ha trovato nella sua auto 6,6 grammi di eroina tagliata. Nel carcere sull’isola di Mahé il giovane torinese, 31 anni, è stato picchiato un paio di volte, minacciato e oggetto di angherie. Ma sabato mattina, quando ha lasciato la prigione e ha preso il volo per Milano Malpensa , era raggiante. L’incubo era finito. Lui ha sempre sostenuto di essere caduto in una trappola. Qualcuno ha messo la droga nella sua auto e ha avvisato la polizia.

CONDANNATO A TRE ANNI – Per riuscire a ottenere la libertà il torinese – nell’unica udienza del processo, incentrata non sulle accuse di traffico di droga ma per vagliare le notizie di maltrattamenti in prigione – ha accettato di ammettere di essere il proprietario di quella polvere bianca. Secondo gli accordi è stato giudicato colpevole di possesso di stupefacenti, condannato a tre anni di prigione ed espulso del Paese. Finalmente libero. Lo scandalo di questo giovane italiano, rimasto in cella quasi un anno senza giudizio, ha creato qualche imbarazzo al governo di uno dei più bei paradisi tropicali. «Con la droga abbiamo tolleranza zero», aveva sostenuto in un’intervista al Corriere uno degli uomini più potenti dell’arcipelago, Alain Payette, segretario di Stato nell’ufficio del presidente della Repubblica. «La legge è molto restrittiva e 6,6 grammi di eroina da noi vuol dire traffico». Va bene il pugno di ferro, ma in galera senza giudizio per 6,6 grammi di eroina (che poi sono risultati 1,9 al netto dal taglio) era sembrato un po’ eccessivo sia ai media internazionali sia ai difensori dei diritti umani, ma soprattutto ai rappresentati dei partiti di opposizione delle Seychelles che hanno cavalcato la vicenda per accusare il governo di atteggiamenti repressivi.

ACCUSE RECIPROCHE – Ma, soprattutto, il caso di Federico Boux ha rischiato di danneggiare l’economia del piccolo Stato, basata soprattutto sul turismo. Una vicenda che ha risvolti piuttosto misteriosi. Le peripezie di Federico Boux, infatti, si intrecciano con quelle del padre Ezio, commercialista torinese in pensione, che accusa un italiano con passaporto delle Seychelles, Salvatore Procopio, detto Paolo, di averlo truffato. I coniugi Boux sostengono di essere entrati in società con Procopio per acquistare, attrezzare e lanciare un ristorante nell’isola di Mahé, la principale delle Seychelles, ma di essere stati raggirati. Volevano sistemare il figlio Federico, che ha il diploma di cuoco. Hanno versato oltre 500 mila euro ma in cambio non hanno ricevuto neanche un pezzo di carta che gli consenta di dimostrare che sono lori i proprietari di quel ristorante. Paolo Procopio, in un’intervista al Corriere, ha negato tutto: «Sono loro che mi devono dei soldi, non io. Certo, eravamo in società e loro hanno pagato parecchie fatture a nome mio ma io ho restituito ciò che mi era stato imprestato». Volano poi le accuse: «Mi sono sfilato dal ristorante perché i Boux trafficano in droga e io rischiavo di essere coinvolto in sporchi affari. Comunque non c’entro nulla con l’arresto di Federico. Mi accusano di aver messo l’eroina nella sua macchina per poi farlo arrestare. Non è vero. Io ho un figlio di 29 anni. Non lo farei mai». I genitori di Federico respingono al mittente le accuse di traffico di droga: «Sono insinuazioni lanciate per screditarci. Ci ha restituito solo un centinaio di migliaia di euro su più di 300 mila. In realtà le voci raccolte qui sull’isola sono concordi nel sostenere che proprio in una discoteca gestita da Procopio c’era consumo e spaccio di droga». Poi aggiungono: «Abbiamo comprato una casa, ma poiché non siamo cittadini delle Seychelles abbiano dovuto intestarla a lui. Ci abitavamo, avevamo le nostre cose e il nostro cane, ma un giorno siamo stati buttati fuori: serrature e lucchetti cambiati. Non abbiamo più potuto entrarci». «La casa non l’avranno mai. Il giudice ha detto che è mia e se gli sarà riassegnata prima la distruggerò. Ho già bruciato i loro vestiti», è la versione di Procopio.

PRECEDENTI – In questo lungo anno i genitori Boux hanno avuto problemi persino a ottenere i visti per restare vicino al loro figliuolo in carcere: eppure alle Seychelles, che vivono di turismo, i permessi per restare nel Paese vengono concessi senza grandi problemi. A differenza della famiglia torinese, a Paolo Procopio il passaporto delle Seychelles è stato concesso «con una certa leggerezza», come ammette Alain Payette, il quale, dopo aver letto il lungo certificato penale del calabrese (che parla di tredici condanne per reati contro il patrimonio, tra l’altro, sostituzione di persona, ricettazione, furto, fallimento, bancarotta), rimane ammutolito per qualche minuto: «Sono certo che a noi ha consegnato un certificato penale pulito». Procopio stesso ammette: «Ho presentato un certificato sui miei carichi pendenti e non ne ho». Eppure deve affrontare un processo per bancarotta in settembre. Gli inquirenti dell’arcipelago stanno indagando su un’importante cresta che Procopio – assieme a un suo partner commerciale – avrebbe fatto sull’appalto per la riabilitazione del palazzo della previdenza sociale, a Victoria, la capitale delle Seychelles, nell’isola di Mahé. Il partner locale sarebbe un seychellese di origine keniota, Frank Petrus. I documenti in possesso di Payette sembrano chiari: materiali comprati in Italia per poco più di 313.353 euro, sono stati fatturati al governo delle Seychelles per oltre un milione e 673 mila euro. Una cresta di un certo peso: 1.360.550 euro.

INTOCCABILE – Frank Petrus, il partner di Procopio nell’operazione, alle Seychelles però è un intoccabile perché è strettamente legato all’ex presidente della Repubblica, France Albert René, che ha ancora un potere enorme nell’arcipelago. Qualcuno dice che ne sia addirittura il prestanome. I Boux hanno citato Procopio davanti al tribunale di Victoria e le udienze sono in corso. «Sono felice di come si sia risolta questa vicenda», ha commentato al telefono Oriella, la madre di Federico, scoppiata in lacrime all’aeroporto di Victoria, la capitale delle al momento della partenza verso Milano. «Siamo usciti da un incubo che però non riusciremo a cancellare facilmente e in fretta». Dall’inizio di questa brutta storia, la signora Boux ha perso 18 chili. Speriamo possa ora cominciare a recuperali con tranquillità.