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Intorno alla marijuana si sono rincorsi sempre tanti miti. Un tempo si diceva portasse alla follia, mentre ora è facile sentire dire che induce dipendenza ed è una droga di passaggio verso quelle pesanti. Sebbene prive di un fondamento scientifico, queste convinzioni hanno contribuito nel corso dei secoli a rafforzare il clima proibizionistico nei confronti di questa sostanza, negando anche il suo valore terapeutico. Così ancora oggi schiere di malati in molti paesi devono combattere con gli impedimenti della legge per potersi procurare in modo legale la cannabis senza rischiare di essere arrestati. E l’Italia non è un’eccezione. Un paradosso, se si tiene conto della montagna di prove cliniche sull’utilità della canapa contro gli effetti della chemioterapia, per indurre l’appetito nei pazienti malati di Aids, nel lenire varie forme di dolore e anche in malattie come il glaucoma, l’epilessia, la sclerosi multipla. A rilanciare il dibattito sugli usi medici della cannabis sono gli esperti e i pazienti riuniti a Roma per il convegno “La canapa terapeutica: la scienza e la legge”, organizzato da Forum Droghe, alla presenza di un’ospite d’eccezione, Lester Grinspoon, psichiatra e medico della Harvard Medical School e tra i massimi studiosi dell’uso medico della marijuana. L’obiettivo dell’incontro è stato chiedere al governo di rivedere le norme relative all’utilizzo della canapa per scopi legati alla salute superando la legge Fini-Giovanardi sulle droghe.

Qualche passo in avanti è stato fatto in Italia. Alcune regioni si sono mosse per spingere il Parlamento a discutere le proposte nazionali per inserire nella farmacopea i derivati della canapa (dronabinol e nabilone), sulla scia della mozione approvata dal Lazio per agevolare le procedure di importazione della cannabis naturale, il farmaco Bedrocan, dall’Olanda e la sua distribuzione presso le strutture sanitarie. E ora, a livello nazionale, fa sperare la proposta dell’aprile scorso, firmata da 38 deputati, per l’abrogazione della legge Fini e la sperimentazione della canapa terapeutica.

La normativa attuale, infatti, fissando un’unica tabella che comprende tutte le sostanze, non fa alcuna differenza tra quelle pesanti e quelle leggere e non riconosce alla marijuana alcuna proprietà terapeutica. “La questione ha risvolti legati non solo alla salute, ma anche alla giustizia”, ha spiegato Franco Corleone, presidente di Forum Droghe. “La legge penalizza la detenzione di canapa al di sopra dei 500 milligrammi di Thc e prevede dai 6 a 20 anni di carcere. Oggi, dopo l’indulto, abbiamo 37 mila detenuti nelle carceri, un numero mai stato così basso. E’ un’occasione da non perdere ma che invece la legge sulle droghe rischia di vanificare”.

Come ha spiegato Lester Grinspoon, nonostante la mancanza di studi scientifici controllati e in doppio cieco, le evidenze cliniche dei benefici derivanti dall’utilizzo della canapa terapeutica sono troppe per essere ignorate e rendono obsolete le paure circa la tossicità di questa sostanza: nella revisione della letteratura scientifica operata da Grinspoon, non è emerso alcun caso di intossicazione o morte per overdose da cannabis. Il medico fa anche una distinzione tra i derivati sintetici prodotti dalle aziende farmaceutiche e la marijuana, difendendo la migliore efficacia terapeutica della seconda. In diversi casi, gli effetti terapeutici dei derivati sintetici rispetto all’assunzione di cannabis naturale sui malati oncologici si sono dimostrati di gran lunga minori. Mentre prendendo il farmaco, infatti, il paziente deve attendere un’ora e mezza prima di avere sollievo, la canapa fumata agisce più velocemente e il malato può essere responsabile da sé del dosaggio. E i rischi derivanti dal fumo? Secondo lo psichiatra i danni polmonari, peraltro minimi per chi assume la sostanza a scopo terapeutico, possono essere evitati attraverso l’uso dei vaporizzatori. Non solo. I farmaci disponibili sul mercato sono di gran lunga più costosi della marijuana, anche se illegale. Proprio per tutti questi motivi, denuncia Grinspoon, alle compagnie farmaceutiche fa comodo il regime di proibizione sulla marijuana, con la quale i loro farmaci non potrebbero mai competere ad armi pari. Solo liberando la pianta dal vincolo che ne strangola le potenzialità, ha concluso il medico di Harvard, si verrà davvero incontro alle esigenze dei pazienti.

[Fonte Galileo.net]