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L’Osservatorio europeo di Lisbona registra 85 milioni di consumatori di droghe in Europa con un netta diminuzione dei consumi classici (eroina via endovenosa) ed un aumento dei consumi legali, alcool e psicofarmaci, e circa 77 milioni di consumatori di cannabis, 14,5 milioni di cocaina, 12,7 di amfetamine e 11,4 ecstasy. Un quadro che contrasta con i dati dell’ultima relazione al Parlamento italiano pubblicata in questi giorni dal Dipartimento nazionale antidroga, tutta tesa a tranquillizzare sull’efficacia delle politiche repressive o al massimo a puntare il dito sui consumi di cannabis con una assoluta contrarietà a qualsiasi forma di depenalizzazione o legalizzazione. I dati provenienti dai servizi italiani e dai progetti che sulle nostre strade lavorano ci raccontano un’altra verità: soprattutto nelle grandi città si stanno disegnando profili di consumo e bisogni ben diversi. Quello a cui assistiamo è uno scenario in cui i vari consumi, abusi e dipendenze da sostanze psicoattive sono sempre più connessi ed interdipendenti dagli stili di vita delle persone e dai contesti in cui la città si organizza con bisogni e problematicità nuovi. Una tendenza dei consumi che si muove secondo due assi paralleli e di cui Milano ci sembra un primo esempio chiarificatore in questa fase storica.

Una polarizzazione dei consumi che ha da un lato una sorta di normalizzazione di alcuni consumi (alcol e cannabinoidi o cocaina). Dall’altra parte un progressivo aggravamento delle situazioni di tossicodipendenza “storiche” che stanno sempre “peggio”, sia da un punto di vista sanitario ma soprattutto della progressiva ulteriore marginalizzazione sociale.

Tali domande tra normalità del consumo e divertimento o marginalità estrema  oltre la “sola tossicodipendenza” ci stanno obbligando a  reinventare modelli di intervento socio-sanitario ad alta integrazione territoriale, bassa soglia di accesso, efficaci in termini di costo-beneficio, capaci di accogliere e di porsi un obiettivo possibile di prendersi cura anche per domande sempre diverse.  In questo senso il ruolo delle amministrazioni locali diventa decisivo e insostituibile in connessione con politiche sanitarie non ideologiche di cui l’Europa ci parla. Le cronache di questi ultimi mesi parlano di una città in movimento desiderosa certo di reagire ma anche in affanno, segnata da una incertezza che da un lato catalizza le paure e le ansie dei cittadini, dall’altro spinge le politiche a fronteggiare le emergenze.

Nella città di Milano, nell’ambito del “outreach” si è passati da interventi mirati alle persone con consumo iniettivo sino a quelli destinati a soggetti con consumi più occasionali, circoscritti a specifici momenti e contesti.

La nuova amministrazione milanese in collaborazione con l’azienda sanitaria, pur nella penuria di risorse, ed in collaborazione con le associazioni e operatori esperti stanno cercando di costruire su questi temi una prima sperimentazione che da anni mancava e riporta alla città una responsabilità che dei nuovi modelli di consumo, abuso e dipendenza tenga conto per una diversa politica di sicurezza e tutela.  Milano misura anche su questo la sua capacità di riprendere a creare socialità, integrazione sociale e coesione, sulla capacità di costruire mediazioni efficaci tra locale e globale tra sicurezza e presa in carico. La città si rivela il luogo in cui l’uomo può percepire l’assenza di qualsiasi progetto collettivo e personale, la perdita di senso; oppure si può offrire l’occasione per un protagonismo degli ultimi.
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Summer school Drugs and the city, info www.fuoriluogo.it