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MAASTRICHT – Bisognerà favorire i documenti di identità – che saranno passati allo scanner – lasciare le impronte digitali e cercare di sorridere alla fotocamera che immortalerà la faccia: da settembre i dati di tutti gli acquirenti di hashish e marijuana saranno regolarmente raccolti e registrati dai coffee-shop autorizzati nella città olandese di Maastricht. Questo per evitare di vendere gli stupefacenti a minorenni e di oltrepassare comunque la soglia consentita dei 5 grammi.

“Una misura che deve servire soltanto ad assicurare che le nostre regole tolleranti siano rispettate da tutti”, precisa, non senza un certo disagio, Marc Josemans, presidente dell’Union of Maastricht’s Coffee Shops. “Altre città vicine alla frontiera dovranno seguire il nostro esempio, Rotterdam per esempio. Non è una misura che prendiamo volentieri, comunque”.

E’ dal 1976 che il governo nazionale ha depenalizzato la distribuzione e l’uso della cannabis nei tradizionali coffee-shop del Paese, che possono venderne fino a 5 grammi, ma solo a consumatori maggiorenni. Unico paese a praticare la tolleranza per le droghe leggere nel mondo occidentale, l’Olanda ha attirato fino ad oggi un milione e mezzo di visitatori all’anno nei suoi coffee-shop. Nella sola Maastricht, cittadina di confine vicina al Belgio, alla Germania e non lontana dalla Francia, arrivano giornalmente circa 4500 “turisti della canna”. Un fenomeno che molti sindaci hanno tentato di contrastare con proposte che impedirebbero l’acquisto di cannabis a cittadini non olandesi. Ma finora non ci sono riusciti.

Il giro di vite, che da tre anni a questa parte è stato stretto intorno al commercio delle droghe leggere dal sindaco di Maastricht, Gerd Leers, sta però trasformando le abitudini dei consumatori, dei visitatori e anche la fisionomia della città: in poco tempo 11 coffee-shops hanno chiuso e ha alzato un polverone la proposta di trasferire parte dei restanti 15 negozi abilitati da uno dei viali principali del centro storico a una zona periferica, più vicina al confine.

“La necessità di verificare ogni giorno il rispetto delle regole ci obbliga a prendere queste misure – fanno sapere dall’associazione dei coffee shop – ma la consideriamo una violazione della privacy dei nostri clienti e ce ne dispiaciamo”. E, in effetti, a molti il sistema sembra proprio funzionare come l’occhio del Grande Fratello. “Per la verità – precisa Joseman – ce ne vergognamo proprio. Ma non abbiamo scelta”.

Dal 2002 quei negozi che violano le regole vengono chiusi per un periodo di 3 mesi alla prima infrazione, di 6 alla seconda e definitivamente alla terza. “Il punto è – spiega Joseman – che se ora un ragazzo di 17 anni entra in uno dei nostri negozi, ci fa vedere la carta d’identità di suo fratello maggiore che, guarda caso, gli somiglia, e poi viene trovato qui dalla polizia a fumare uno spinello, siamo noi a dover provare che è stato lui ad infrangere la legge”.

Ecco che i coffee-shop hanno cominciato a investire sul sistema di sicurezza non pochi soldi e dal 1 agosto la macchina tecnica sarà varata proprio all’Easy Going di Marc Joseman, per poi essere introdotta in tutti gli altri, a partire da settembre. Ogni qual volta il cliente si presenterà all’ingresso del negozio dovrà fornire i dati richiesti e, se questi saranno riconosciuti dal sistema, l’accesso al locale sarà possibile.