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Giorgia Meloni ha vinto le elezioni e questa non è una buona notizia per il mondo antiproibizionista. La leader di Fratelli d’Italia ha cominciato la sua campagna elettorale parlando della necessità di diminuire le “devianze” nel nostro paese – tra le quali annoverava in primis il consumo di cannabis e altre sostanze – e ha finito col parlare della possibilità per molti di “rialzare la testa” per sostenere le proprie idee. Con chiaro riferimento alle idee di estrema destra. Tutto questo non facilita certamente una battaglia per la legalizzazione. Non è un fulmine a ciel sereno, e a situazioni come queste non ci si ritrova improvvisamente da un giorno all’altro. Nel caso specifico diciamo pure che a costruire questo scenario ha contribuito molto l’inerzia di chi poteva fare e non ha fatto, soprattutto nella legislatura appena chiusa.

Serve una strategia, dunque. E forse è proprio a quella della Meloni che possiamo guardare per trarre qualche spunto. Tanto per cominciare potremmo ispirarci al suo tentativo di accreditarsi a livello internazionale per poter essere più forte in Italia. E porre il tema della cannabis in una cornice internazionale sicuramente può aiutarci a uscire dai rigidi schemi nostrani.

Un’occasione preziosa per questo sarà un incontro all’interno del Festival di Internazionale a Ferrara, venerdì 30 settembre alle ore 16:30 presso il Teatro Comunale. “Segnali di fumo” è un panel alla cui realizzazione Meglio Legale ha dato il suo contributo per fare il punto su cosa accade nel mondo sulla cannabis, chiamando al confronto ospiti internazionali. L’evento ospiterà l’avvocata maltese Désirée Attard, il giornalista olandese Derrick Bergman e Jonathan Hiltz, giornalista canadese. Canada, Malta e Olanda non tre paesi casuali, ma tre stati che sulla legalizzazione della cannabis hanno molto da dire, da mostrarci – a noi italiani – e da farci riflettere. Per esempio, su come si possa parlare di cannabis non più come “devianza” ma come tema collegato al lavoro. Il Canada su questo è l’esempio più sbalorditivo. Nel 2022 l’industria della cannabis ha generato nel paese profitti enormi: 43.5 miliardi di dollari canadesi, contribuendo alla creazione di quasi 100mila posti di lavoro.

Come già riportato in questa rubrica (vedi L. Fiorentini, 12 gennaio 2022), la regolamentazione legale non ha portato ad un incremento sostanziale dei consumatori di cannabis in Canada. Dopo un aumento iniziale dell’uso dovuto all’effetto novità e alla maggiore sincerità nelle rilevazioni, questo è tornato sui trend pre-legalizzazione. Il consumo abituale è invariato, e l’età media del primo uso aumenta. I nuovi consumatori sono in gran parte adulti mentre, tolto l’effetto tabù, il consumo negli adolescenti diminuisce. A fronte di informazioni più trasparenti e credibili, la percezione del rischio è aumentata e sono diminuiti i comportamenti a rischio, come guidare dopo aver usato cannabis (-38%). La revisione quinquennale del Cannabis Act, iniziata in questi giorni, sarà basata anche su queste evidenze.

Sarebbe un sogno poter cambiare il racconto sulla cannabis anche in Italia. E invece ci ritroviamo ancora a difendere i pazienti nei tribunali. Giovedì scorso eravamo a Paola a difendere Cristian Filippo – un ragazzo di 25 anni, paziente affetto da fibromialgia, accusato per aver coltivato due piante di cannabis che utilizzava per lenire i dolori causati dalla sua malattia. Dopo 1200 giorni di processo Cristian è stato assolto con formula piena. Ma quanta paura, quanto stigma, quanta incertezza in oltre tre anni di attesa nella vita di una persona che aveva solo bisogno di curarsi. E quanto inutile spreco di risorse dello stato per combattere una guerra ideologica che ha fatto già tante vittime innocenti. E che non possiamo permettere si inasprisca ancora.

Il programma di Internazionale a Ferrara su www.internazionale.it/festival