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Una banca dati degli odori e il fiuto dei pastori tedeschi: sono questi gli strumenti «hi-tech» utilizzati dal regime cubano per stanare criminali e dissidenti. La polizia scientifica rileva gli odori presenti sui referti immagazzinati in barattoli di vetro come quelli utilizzati per conserve o sottaceti e li fa sniffare ai cani per identificare o braccare i fuorilegge. Sono procedure definite dal regime «all’avanguardia», che ricordano quelle dei super-laboratori della serie americana CSI, condotte però con mezzi decisamente meno sofisticati. I risultati appaiono sorprendenti, secondo l’Avana, che non esita a farne sfoggio con una certa fierezza. «Nei passati dodici anni ci sono stati oltre tremila casi risolti grazie alle indagini olfattive», spiega Rafael Hernandez, professore di criminologia all’Università della capitale e autore di «La Odorologìa Criminalistica in Cuba».

I confronti all’americana
E’ stato lui a descrivere per primo il ricorso alla banca olfattiva e l’impiego di cani da fiuto. Nei «confronti all’americana», ad esempio: il poliziotto a quattro zampe annusa la persona sospettata, poi odora sei barattoli messi in fila, ognuno contenente tracce diverse, per capire se è schedato. O nel caso si recuperi l’arma di un delitto: se ne confronta l’odore con alcuni di quelli contenuti nel database. O ancora quando compaiono sui muri scritte contro il regime: si fanno sniffare per capire dalle tracce rimaste se il graffitaro è noto alle forze dell’ordine. «Di recente è comparsa, non lontano dal quartier generale della polizia, nella capitale, la scritta «Down with Raul» (Abbasso Raul, il fratello di Fidel Castro), raccontano alcuni testimoni.

Uno stanzone lungo 25 metri
La polizia ha sguinzagliato una squadra di cani e ha aperto i vasetti: «Nel giro di mezza giornata sono stati portati in commissariato cinque o sei persone, quello che è successo dopo non lo sappiamo». La banca degli odori dell’Avana, conosciuta come «100 y Aldabò» dal nome del suo indirizzo, è uno stanzone grande 25 metri per 10, pieno di scaffali in metallo e barattoli di vetro. La struttura si è ampliata negli ultimi anni, da quando è diventata uno strumento di uso quotidiano. «In realtà, più che per combattere la criminalità comune, serve per stanare i dissidenti», spiega Elizardo Sànchez, attivista per i diritti umani, che parla di «procedura orwelliana» di repressione metodica: «La criminalità aumenta in modo allarmante e le autorità continuano a privilebarattoli la caccia al nemico politico». Del resto la «criminologia olfattiva», racconta Hernandez nei suoi scritti, nasce in Unione Sovietica e il suo impiego è stato a lungo appannaggio delle dittature comuniste dell’Est europeo.

La polizia politica
Creata nei laboratori della polizia politica di Mosca negli Anni 60, è stata sviluppata e approfondita come scienza del crimine nella Germania dell’Est, diventando strumento di repressione in tutti i Paesi del Patto di Varsavia a partire dal 1972. Caduta la Cortina di Ferro, gli investigatori della Germania occidentale hanno trovato nei territori orientali un magazzino pieno di barattoli dove venivano conservati pezzi di abiti con gli odori di criminali e dissidenti, usati per identificarli e dare loro la caccia.

Troppo caldo e troppa umidità
La tecnica è stata esportata a Cuba in coincidenza con il crollo del Muro di Berlino, grazie ad alcuni «compañeros alla ricerca di nuovi paradisi socialisti», scrive Hernandez, secondo il quale i primi laboratori furono costruiti a L’Avana nel 1989 e i test pilota furono condotti tra il 1991 e il 1993. La tecnica è divenuta di uso comune per la polizia di tutte le città dell’isola nella seconda metà del decennio scorso, assieme all’impiego di cani da fiuto, come i pastori tedeschi importati da Repubblica Ceca, Bulgaria e Ungheria. «E’ diventata una routine – spiega un oppositore raggiunto telefonicamente all’Avana dal “Miami Herald” -. Senza nessun mandato del giudice ci fermano, passano un tampone sotto l’ascella o intorno agli organi genitali, poi lo immagazzinano nella banca dati». Nonostante il governo faccia sfoggio dei risultati del sistema di indagine olfattiva, gli esperti americani ne mettono in dubbio la reale efficacia e l’affidabilità. «E’ un sistema fraudolento, ridicolo, assurdo», dice Jeffrey S. Weiner, avvocato di Miami autore di articoli specialistici sull’uso dei cani poliziotto. Il metodo è ancora meno affidabile in un posto come Cuba, secondo Jorge Luis Vazquez, cubano residente a Berlino e studioso dei rapporti tra la Stasi e il regime castrista. «Me lo disse proprio un ex agente di Berlino Est. Il motivo? Troppo caldo e troppa umidità».