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Il prossimo 31 Ottobre all’Università Roma Tre, facoltà di Scienze della Formazione, si terrà il primo di tre incontri promossi da Itanpud (la rete italiana di persone che usano droghe), Itardd (il network italiano della riduzione del danno) e da Link Formazione Roma Tre: senza di loro non si sarebbe potuto attivare il progetto dal titolo “Nuovi sguardi stupefacenti: modelli di consumo e fenomeno sociale”.

Ne abbiamo parlato con Sofia Gentile, studentessa universitaria attivista Itanpud.

sofia gentileCosa vi ha spinto a portare questo progetto all’interno dell’università?
Come associazione Itanpud il nostro interesse è che gli studenti di scienze della formazione, quali futuri educatori e collaboratori nel sociale, siano a conoscenza della realtà del consumo di sostanze stupefacenti come dei movimenti che si occupano di questo fenomeno complesso con un approccio non proibizionista. Così come è importante sappiano cosa sia la riduzione del danno. È il nostro obiettivo: quello di parlare, discutere e portare alla consapevolezza di una realtà che troppi ignorano o conoscono solo superficialmente. Vorremmo sensibilizzare gli studenti andando a scardinare le basi culturali per cui parlare di sostanze è un tabù perchè al giorno d’oggi tutti dovrebbero avere un’idea chiara del fenomeno che è sempre presente e in continuo mutamento.

Come definiresti il livello di percezione del fenomeno del consumo di sostanze da parte del contesto universitario?
In quanto socia Itanpud, ma al contempo studentessa universitaria, vedo una diffusa ignoranza sul fenomeno sostanze. Per ignoranza intendo il fatto che molti studenti ignorano questa realtà sociale, pochissimi ne hanno un idea fondata al riguardo, mentre altri ancora la vedono in modo confuso, essendo veramente pochi a conoscenza dei diversi approcci che ci sono a questo fenomeno. Ed è molto importante comprendere il tipo di approccio della riduzione del danno: abbiamo portato all’Università, con l’aiuto di Itardd, alcune delle Unità di strada che sono presenti da anni a Roma ed operano praticamente su tutti i territori. Al secondo incontro ad esempio parlerà la responsabile dell’unità di strada che opera proprio nel territorio dell’Università. Pochi studenti sanno per esempio cosa sia L’Unità di strada ed è difficile per concezione culturale spiegare loro perché sia utile distribuire materiale sterile per fare un uso sicuro. Tutti oramai dicono che la droga è ovunque, ma poi sembrano non sapere veramente che cosa stanno affermando, tanto da arrivare a filmare chi fa uso a cielo aperto nel cortile dell’università. Vedono e si preoccupano solo dell’”illegalità” dell’uso e non considerano che possano essere prima di tutto persone e poi, visto il modo d’uso e il luogo, con seri problemi: da aiutare e non da filmare o additare.

Come pensate di intervenire per cambiare l’approccio dei vostri colleghi?

Molte volte il problema che si crea è che gli addetti ai lavori, quelli che quotidianamente vivono la realtà del consumo con un approccio che mira a ridurre il rischio e il danno, hanno difficoltà a raccontarsi, si ritrovano troppo spesso a parlare tra di loro. Itanpud vuole aprire il dialogo a tutta la società civile, ai cittadini comuni come agli studenti. Cerchiamo un dialogo con l’esterno, e parlando da diretti interessati cerchiamo di far acquisire consapevolezza, prima tra tutte quella del fallimento della guerra alla droga. Se le persone hanno maggiore consapevolezza, hanno più elementi per valutare l’opportunità o meno di certe scelte, del tipo di approccio realmente utile. Allora il politico di turno ha meno possibilità di raccogliere consensi facendo scelte inefficaci ed inefficienti che mirano solo a raccogliere consenso di persone che, appunto, non hanno strumenti per fare delle valutazioni obiettive. Insomma avere elementi per capire anche la situazione politica nella sua schizofrenia: da una parte passi importanti come il riconoscimento della riduzione del danno come LEA (livello essenziale di assistenza) dall’altra parte far persistere i danni causati dalla guerra alla droga, con azioni sempre più punitive e restrittive che appunto portano i consumatori a nascondersi, a non farsi aiutare, a peggiorare le condizioni di un consumo innocuo e ad andare contro agli stessi aiuti che lo stato offre in questo campo. Parliamo di azioni di tale insensatezza da incriminare per esempio perfino la marijuana light. Dovremmo chiederci a questo punto: c’è un contesto culturale e sociale dove è utile la guerra alla droga? Sennò non si riesce a giustificare l’approccio politico di tipo terroristico alla questione che spinge sempre più verso il degrado. Allora pensiamo che sia la consapevolezza e il dialogo civile il mezzo per arrivare a leggi più giuste e utili per tutti, ad affrontare concretamente un aspetto sociale non di poco conto, a portare a qualcosa che non siano alte percentuali di morti per droga! Il fenomeno del consumo riguarda tanto chi consuma quanto chi non ne fa uso.

Per concludere vuoi dirci brevemente il programma del progetto?

Due primi incontri per ampliare lo sguardo sul fenomeno e conoscere l’approccio della Riduzione del Danno e Riduzione del Rischio, un terzo incontro per portare avanti un laboratorio sullo stigma legato al linguaggio, quest’ultimo qualcosa di estremamente interessante. Perché le parole sono importanti, possono far male, escludere e ferire come al contrario ci possono aiutare a guardare le cose nella reale complessità che le costituisce. Il progetto si è potuto realizzare grazie allo straordinario supporto di Link Formazione Roma Tre, coordinamento studentesco molto attento alla realtà sociale ed anche fortemente partecipe ai processi che vive il territorio circostante l’Università.