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Dopo quasi trent’anni di doloroso conflitto, la “guerra alla droga” sta per finire? Sembra di sì, visto che i segnali di armistizio provengono dagli Stati Uniti, che questa guerra a suo tempo l’hanno dichiarata ed esportata in tutto il mondo; e dall’America Latina, che più ne ha subito e ne subisce le disastrose conseguenze. Cominciamo da quest’ultima. Agli inizi del 2009, ha terminato i lavori una commissione di esperti di politiche delle droghe promossa dagli ex presidenti Fernando Cardoso, del Brasile, Cesar Gaviria, della Colombia, Ernesto Zedillo del Messico. Il rapporto della prestigiosa commissione si apre con una dichiarazione che non lascia spazio ad incertezze. “E’ imperativo cambiare la strategia della war on drugs – affermano i tre ex capi di governo- poiché la violenza e il crimine organizzato intorno al traffico di droga sono problemi critici per l’America Latina di oggi e la situazione peggiora giorno per giorno”. La crescita del potere della criminalità legata alla droga ha portato alla “criminalizzazione della politica e alla politicizzazione del crimine”, perché la corruzione si è infiltrata nelle forze dell’ordine, nel sistema giudiziario, nella vita politica in generale. Gli interventi, sempre più estesi, di sradicamento delle coltivazioni illegali non sono riusciti a far calare la produzione di coca, che rimane stabile, mentre i prezzi della cocaina perfino diminuiscono. Di converso le fumigazioni hanno prodotto più di due milioni di sfollati fra i contadini, oltre alle migliaia di profughi colombiani che fuggono dalle zone dei combattimenti. In più, la repressione indiscriminata ha causato la stigmatizzazione dei consumatori e la criminalizzazione degli usi tradizionali come quello della foglia di coca.

C’è bisogno di “un cambio di paradigma”, depenalizzando il consumo e concentrando la repressione sul traffico; trovando alternative davvero valide alle coltivazioni illegali di coca e cannabis, compreso il loro utilizzo per prodotti legali (medicinali, tè, tessuti); investendo risorse sul versante sociosanitario, in particolare sulla riduzione del danno. Il cambio è in corso, se è vero che il Brasile, il Messico e l’Argentina hanno già allentato la morsa penale sul consumo. Per non dire di Evo Morales, che ha fatto formale richiesta all’Onu di modificare le convenzioni per togliere la proibizione della foglia di coca.

Il Sud America non è più il “cortile” degli Stati Uniti, neppure per le droghe. Nel frattempo, Obama ha aperto le finestre della casa americana e un po’ d’aria fresca si è fatta sentire. Il Dipartimento di Giustizia ha posto fine alla persecuzione da parte degli agenti federali verso i pazienti che usano la marijuana per curarsi, negli stati dove i referendum popolari hanno legittimato la pratica. Nel dicembre scorso, il Senato ha tolto il veto al finanziamento pubblico dei programmi di scambio siringhe: un voto storico, di alto valore simbolico, poiché il bando a questa efficace forma di prevenzione dell’Aids segnò gli albori della war on drugs. Ora Obama stesso ha annunciato che l’America diventerà leader mondiale nella lotta al virus Hiv. Una promessa di pace per l’anno appena cominciato.