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Nato a Vienna nel 1937, Behr era stato onorato con un riconoscimento olandese alla carriera ed è stato per tutta la sua vita un vero e proprio intellettuale nomade, passato a miglior vita il 7 luglio di quest’anno da vero kiffer(fumatore di kif) in quel di Amburgo.

Behr era considerato dalla stampa internazionale come il guru dell’hashish e della marijuana, ma non solo per merito suo dal momento che nel dopoguerra l’Austria aveva abolito tutte le leggi fasciste compresa quella anticanapa che era stata promulgata durante la parentesi nazionalsocialista.

Behr aveva 73 anni e dopo avere studiato medicina, psicologia e linguistica aveva lavorato come psicoterapeuta a Londra dove aveva collaborato con il movimento neuropsichiatrico di Laing e Cooper. Ha scritto di hashish ed Oriente sui principali giornali tedeschi come «Der Spiegel», «Die Zeit» e «Stern» e dopo essersi presentato con i capelli verdi alla casa di Hermann Hesse aveva lavorato anche con importanti registi teatrali come Bertold Brecht.

Hans Georg è stato autore di numerosi saggi legati soprattutto alla canapa e all’Oriente e il suo ultimo libro si intitola ‘Quasi un nomade’. Sono stati contributi importanti i suoi testi dedicati ai traffici internazionali delle mafie, a cui il proibizionismo assicura una rendita di posizione. E’ stato il caso di ‘Weltmacht Droge’, La droga come potenza mondiale.

Due suoi libri sono usciti in Italia, ‘Mogul’, sulla dinastia che ha retto l’India per molti secoli e la sua autobiografia ‘Quasi un’infanzia’, scritta in una sorta di linguaggio infantile che si dipana tra gli anni Trenta e il dopoguerra, da lui trascorso nell’inferno degli internati cattolici. Il protagonista del romanzo è ancora piccolo quando si accorge che nella sua esistenza è cambiato qualcosa. La Germania (dove vivono i genitori) e l’Austria (patria dei nonni materni) sono infatti in guerra e l’ordine quotidiano nel quale è sin lì cresciuto risulta turbato. Più per gli adulti tuttavia, perché lui continua a vedere il mondo dal suo punto di vista e a considerare più emozionante andare allo zoo che non essere presentati ai tanti gerarchi di casa nella villa patrizia.

Anche in questo si riconosce come Behr sia sempre stato un disobbediente fin da bambino quando si ribellava alle visite dei tanti personaggi del regime che gli venivano presentati come Zio Hermann, Zio Albert o Zio Josef . Un particolare curioso: mentre il padre finì giustiziato a Norimberga per crimini di guerra, i generali dell’Armata Rossa ebbero un trattamento di favore per il resto della famiglia che aveva in segreto aiutato molti prigionieri russi a fuggire.

Alla fine di tutto si può ben dire che né la guerra né le terribili esperienze negli internati cattolici hanno piegato quest’uomo che è stato considerato uno dei più longevi e prolifici estimatori della canapa e della sua cultura, che era anche un patrimonio di sua madre. Behr ha continuato fino alla fine ad essere uno spirito libero e un combattente per la libertà.

Un altro maledetto mito del Novecento ci ha lasciato. Vissuto in epoche non proibizioniste come il Nepal degli anni Settanta o la Vienna del secondo dopoguerra, Hans Georg Behr era stato perquisito dopo l’uscita del suo monumentale libro sulla canapa, considerato il libro più completo al mondo, almeno dal punto di vista letterario.

Un libro stampato interamente con il materiale di cui sono fatti i sogni e che gli attirò tante attenzioni, non sempre benevole come quelle della polizia di Amburgo che inviata a perquisirgli l’abitazione gli ritrovò solo 0.34 grammi di hashish. Una quantità quasi teorica che però svelava ancora una volta, se mai fosse stato necessario, la natura criminale della politica proibizionista.