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Nel giardino. Sul balcone. In cucina. Nell’armadio. Nella vasca da bagno. La cannabis, per crescere, ha bisogno di poco: i semi giusti, terra di buona qualita’, luce (se e’ il caso, artificiale) quanto basta. Tanto che gli italiani, forti delle informazioni scambiate clandestinamente tra i fan dello spinello o scaricate dal web, sembrano essere diventati un popolo di coltivatori fai-da-te. La conferma arriva dalle cronache: sui giornali conquistano spazi solo i maxisequestri di hashish e marijuana, ma i mattinali delle forze dell’ordine, negli ultimi mesi, sono un lungo rosario di piantine piu’ o meno rigogliose strappate a una pletora di insospettabili “growers” (gli autocoltivatori per hobby) fatta di studenti, impiegati, insegnanti, liberi professionisti, operai, casalinghe, pensionati, gente di tutte le eta’ e di tutte le estrazioni sociali. Quanti sono? Impossibile dirlo. Anche se sulla rete, tra un blog di amanti della “maria” e l’altro, c’e’ chi azzarda una stima choc: 2 milioni. “Sembra un numero iperbolico – ammette Marco Contini, segretario degli antiproibizionisti.it – ma ha una sua credibilita’, laddove si pensi che i consumatori di cannabis, nel nostro Paese, hanno superato la soglia dei 4 milioni e 200mila. E ci sta che poco meno di uno su 2 sia tentato dalla prospettiva di autoprodurre, con una modica spesa, un impegno limitato e lontano da occhi indiscreti, l’erba per il proprio fabbisogno”. Secondo l’ultimo Rapporto sulle tossicodipendenze curato da palazzo Chigi, gli italiani tra i 15 e i 64 anni che consumano abitualmente la cannabis e i suoi derivati sono 14 su 1000, ma il loro numero sale al 14,6% (in termini assoluti, 5,4 milioni di uomini e donne) se si includono quanti nel 2007 si sono fatti almeno uno spinello. Se poi nel conto si mettono anche i soli “sperimentatori” occasionali e gli ex consumatori, si arriva ad un terzo della popolazione attiva. Particolare non trascurabile: l’83% dei consumatori e’ fedele alla cannabis e non usa altre sostanze illegali. “Tutto questo non basta a correggere un impianto normativo fondamentalmente proibizionista – lamenta Rita Bernardini, segretaria dei Radicali italiani -. L’autocoltivazione toglie soldi alle mafie, elimina pericolosi contatti con il mondo degli spacciatori, azzera il rischio di fumare sostanze con additivi pericolosi, eppure e’ punita dalla legge anche quando la cannabis e’ destinata all’uso personale”.
La “svolta” data aprile 2008: dopo anni di sentenze contraddittorie, la cassazione ha affermato, una volta per tutte, che e’ illegale crescere in casa anche una sola piantina, indipendentemente dall’uso che se ne vuole fare.
Ma il rischio – statisticamente basso – di una condanna anche pesante non sembra avere smontato lo spirito d’iniziativa dei growers di casa nostra: nei primi 8 mesi dell’anno, dicono i dati del Viminale, sono stati sequestrati 24.747 chili di cannabis (tra hashish, marijuana e piante), il 64% in piu’ del 2007, ma su questi numeri incide solo marginalmente, e non potrebbe essere altrimenti, il fenomeno dell’autocoltivazione.

“E’ inevitabile concentrare l’attivita’ di contrasto sui grandi produttori – spiega un investigatore -, sulle grandi piantagioni gestite da mafia e ‘ndrangheta, oltre che naturalmente sul’import dall’estero. Spesso arrivare al piccolo coltivatore, specie nelle grandi citta’, richiede una quantita’ di tempo e di risorse umane e materiali sproporzionati all’obiettivo”.
A complicare il lavoro delle forze dell’ordine, la fantasia e l’insospettabilita’ di molti coltivatori, testimoniato dai verbali di sequestro di polizia, carabinieri e guardia di finanza. Solo nelle ultime settimane, ci sono stati il 25enne di Bagheria (Palermo) che si era costruito pezzo dopo pezzo una serra ipertecnologica seguendo alla lettera le istruzioni di un manuale on line; il professionista di Monfalcone che nel suo appartamento in centro coltivava piante di 80 centimetri con un doppio impianto temporizzato di illuminazione e irrigazione; il cuoco e l’idraulico di Castelgandolfo che ogni giorno andavano insieme in moto ad innaffiare il loro orticello proibito; la 65enne piacentina che, colta (letteralmente) con le mani nel sacco, ha provato a giustificarsi dicendo “ma quale marijuana, sono piante ornamentali, i semi li ho comprati nel supermercato all’angolo”.
Per quasi tutti i growers l’inizio dell’attivita’ coincide con la “scoperta” di Internet. E di quello sterminato database di nozioni accessibile con un semplice clic.

“Sul web – ricorda Contini – si trova di tutto, e di piu’. Che semi usare (ce ne sono decine di varieta’, dai nomi evocativi, da “afghan” a “nirvana”, da “mistyc” a “fourway”, da “aurora” a “red hair”, ndr) e dove comprarli: i negozi specializzati sono sempre di piu’, anche da noi, ma in tanti preferiscono l’anonimato di un pacchetto ordinato e pagato on line. E poi che tipo di terra scegliere, quale fertilizzante adottare, che genere e che modello di lampade comprare”.
Apprezzati, e seguitissimi, anche i consigli su come evitare che sulle proprie piantine finiscano “occhi indiscreti”: “perche’ – racconta il segretario degli antiproibizionisti.it – ai coltivatori fai-da-te le forze dell’ordine arrivano o nel corso di perquisizioni domiciliari originate dal possesso anche di pochi grammi di hashish o, piu’ spesso di quel che si crede, per la ‘soffiata’ di un condomino”. “Contro i vicini impiccioni, oscurate i vetri delle finestre”, e’ il monito che si legge su molti blog, insieme con la raccomandazione di dotarsi di un potente ventilatore capace di convogliare l’odore dell’erba verso un altro locale: le piante di cannabis hanno bisogno di frequenti ricambi d’aria e anche l’odore puo’ tradire i suoi “contadini”.

“Per evitare tutto cio’, una soluzione ci sarebbe – assicura Paolo Cento, l’ex parlamentare verde -: depenalizzare l’autocoltivazione per uso personale. Sono state presentate diverse proposte di legge in tal senso, due con la mia firma, e nella passata legislatura, quand’ero vicepresidente della commissione giustizia, siamo arrivati a un passo dall’approvazione. Adesso che il vento politico e’ cambiato, sara’ molto piu’ difficile arrivarci”.

“Un vero peccato – rincara la dose Rita Bernardini – e, indirettamente, una bella mano a chi, come la ‘ndrangheta, ottiene dal traffico di droga il 62% dei suoi ricavi, 27 mila milioni di euro l’anno, poco meno della manovra triennale del governo Berlusconi”. Tra l’altro, ricorda la segretaria dei radicali – il via libera all’autocoltivazione favorirebbe anche l’uso terapeutico della cannabis: “deve essere un medico della Asl a prescriverlo, ma un po’ tutte le regioni, con poche, lodevoli eccezioni, lasciano il costo del trattamento per intero sulle spalle del paziente. Decine di euro al giorno che solo pochi dei malati di sclerosi multipla o di tumore possono permettersi”.