L’economia sommersa in Russia rappresenta una quota del 46% del pil, alimentata da un enorme flusso di denaro sporco che dal 1994 al 2011 ha superato i 550 miliardi di dollari. Lo sostiene Global Financial Integrity, un think tank con sede a Washington, che sottolinea come un fiume di denaro, frutto di traffici di droga, di armi e di essere umani, abbia contribuito a compromettere la governance del Paese.
Inoltre, nel suo studio dedicato alla Russia, il think tank afferma che in 18 anni sono usciti dal paese oltre 210 miliardi di dollari di denaro sporco. “La Russia ha un grave problema di flussi illeciti di denaro” afferma il direttore di Gfi Raymond Baker. “Sono andate perse centinaia di miliardi di dollari di denaro che avrebbe potuto essere investito in sanità, istruzione infrastrutture. Inoltre più di 500 miliardi di dollari sono affluiti illegalmente verso l’economia sommersa”.
Secondo gli autori dello studio, Devi Kar e Sarah Freitas, la ricerca ha stabilito che i movimenti capitali illeciti “hanno contribuito a determinare un deterioramento della governance” e all’aumento dell’evasione fiscale. Inoltre economia sommersa e flussi di denaro sporco si alimentano a vicenda “creando un effetto valanga in cui sia il sommerso sia i capitali illeciti continuano a crescere sempre più velocemente in assenza di interventi delle autorità o dei legislatori” scrive Kar, ex senior economist del Fmi. Un aumento dell’uno per cento dell’economia in nero accresce i flussi di denaro illecito del sette per cento, rileva il Gfi.
Lo studio segnala che dalla caduta dell’Urss tre dei sei indicatori di governance individuati dalla Banca Mondiale sono peggiorati nettamente: si tratta in particolare di responsabilità, controllo della corruzione e qualità dell’ambito regolatorio, mentre restano deboli le altre tre categorie, stato di diritto, efficacia di governo e stabilità politica. “Finchè le autorità russe non riusciranno a ridurre l’ampiezza dell’economia sommersa, la Russia continuerà ad assistere a una fuga di capitali leciti e illeciti a danno della stabilità economica e politica e dello stato” scrivono Kar e Freitas. In base a una stima più ampia, che comprende alcuni capitali legali, i flussi in uscita dal 1994 al 2011 risultano pari a oltre 780 miliardi di dollari. Tuttavia, avvertono i due economisti, si tratta in entrambi i casi di stime “conservative” che non includono alcuni tipi di trasferimenti fraudolenti e le grosse operazioni in contanti. “Questo significa che gran parte dei proventi del traffico di droga e di esseri umani, che sono in contanti, non è inclusa nelle stime” spiegano gli autori.
Un capitolo a parte è dedicato a Cipro, che ha chiesto alla Ue un salvataggio stimato in 17 miliardi di euro. Con un Pil di appena 23 miliardi di dollari la piccola isola del Mediterraneo è la principale fonte destinazione degli investimenti diretti russi nel periodo 2009-2011. Secondo il Fmi, Cipro ha inviato 128,8 miliardi di dollari di investimenti diretti in Russia nel 2011, più di cinque volte il Pil della repubblica. “Questo riflette semplicemente il rientro di flussi illeciti di denaro provenienti dalla Russia. Cipro à la lavanderia del denaro sporco russo” conclude Kar.