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Noi, magistrati dei paesi latini, affermiamo il fallimento radicale della “guerra globale alle droghe” con le gravissime conseguenze che questa ha prodotto, a livello mondiale, sugli individui e sulla società. In sintonia con la Relazione della Commissione globale sulle politiche della droga del giugno 2011, critichiamo la eccessiva utilizzazione della legislazione d’emergenza, che ha avuto l’unico risultato di aumentare il livello della corruzione nel settore politico-giudiziario e fra le forze di prevenzione.

La legislazione d’emergenza in materia di droghe, di crimine organizzato e riciclaggio si è caratterizzata, negli ultimi 20 anni, per la presenza di norme che violano i principi di legalità, di offensività e di proporzionalità della pena, in particolare per i reati di minore gravità; essa ha così prodotto la saturazione del sistema giudiziario e di quello carcerario anche per violazioni minime, snaturando la funzione e il ruolo della giurisdizione a livello mondiale e impattando pesantemente sulla carcerazione. In tal modo  il sistema carcerario è condotto al collasso e presenta condizioni di sovraffollamento che violano tutti gli accordi internazionali in materia.

La mancanza di politiche preventive nonché, in alcuni paesi, di una coerente politica criminale contro i fenomeni complessi di accumulazione e reimpiego del denaro frutto del traffico di droga, della corruzione, del traffico di armi e di altri crimini gravi, pone in evidenza come le riforme della legge penale spesso siano, di fatto, uno spot pubblicitario: esse non ostacolano affatto le operazioni di riciclaggio e reimpiego di ingenti somme di denaro, mentre oscurano i reati dei colletti bianchi.

Si assiste ad una confusione preoccupante fra le esigenze di sicurezza e il ruolo delle forze di polizia nella raccolta di prove che consentano un giudizio completo ed efficace. Ancor più preoccupa l’utilizzazione, in alcuni Stati del continente americano, delle Forze armate per la lotta alla microcriminalità: un fenomeno che apre spazi di discrezionalità e di mancanza di controllo e che favorisce violazioni del giusto processo, della dignità umana e dei diritti della persona, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali dello Stato di diritto. Inoltre, i mezzi di comunicazione di massa agiscono talvolta secondo logiche di propaganda che favoriscono atteggiamenti repressivi ed accompagnano modifiche di legge che si concludono in un palese fallimento e apportano danni alle istituzioni democratiche.

Il settore degli accordi e della cooperazione internazionali sembra talvolta poco rispettoso dei principi che fondano la disciplina posta a tutela dei diritti umani e di quelli sociali, politici ed educativi. Il diritto internazionale non può allontanarsi dai principi fondamentali in materia di diritti umani né da quelli affermati dal vigente Preambolo della Carta delle Nazioni Unite.

Chiediamo interventi d’armonizzazione della legislazione che prevedano risposte differenziate secondo la natura e la gravità dei delitti; modifiche legislative che garantiscano la proporzionalità della pena rispetto alla rilevanza dell’offesa e alle condizioni dell’autore del fatto; la rinunzia, ove possibile, alla carcerazione, favorendo le misure alternative e incentivando il ricorso agli strumenti propri del diritto amministrativo e di quello civile.

Martin Vazquez Acuna, Monica Cunarro, Graciela Angriman (Argentina), Rubens Roberto Casara (Brasile), Antonio Cluny, Josè Pedro Baranita (Portogallo), Luigi Marini, Piergiorgio Morosini, Carlo Renoldi, Francesco Maisto, Giuseppe Cascini, Tiziana Coccoluto (Italia)