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Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) va verso la settima assemblea elettiva nazionale. Lo fa con uno sforzo collettivo di definizione e ridefinizione delle opzioni fondative e della strategia che ne caratterizzano la presenza nel tessuto nazionale delle organizzazioni della società civile, con un documento che si articola attorno ad alcuni pilastri.

Farsi carico, condividere, partecipare: lo abbiamo fatto in economia grazie alle innumerevoli esperienze di impresa sociale che si sono collocate tra Stato e Mercato con l’ambizione di svolgere una attività economica autogestita, a funzione pubblica, inclusiva, generatrice di sviluppo e benessere per molti. Lo abbiamo fatto sul versante del rapporto tra etiche di riferimento e  professionalità messe in campo nella gestione dei servizi di accoglienza, di accompagnamento, di condivisione con le persone che si affacciano alle porte delle nostre case, uffici, sportelli, comunità, unità di strada. L’abbiamo definito il virtuoso rapporto che esiste e deve esistere tra saperi e sapori.

L’abbiamo fatto nello sforzo quotidiano di connettere istanze globali e dimensione territoriale del nostro agire. Lo abbiamo fatto e lo facciamo quando affermiamo che non vi è discontinuità tra normalità e marginalità, poiché agire sulle situazioni di ingiustizia sociale grave significa produrre effetti di cambiamento positivo anche nei territori della cosiddetta normalità.

Personalismo, universalismo, eguaglianza: ci siamo proposti la pratica di uno” strabismo della terza via”, la via  di una società più giusta nell’equilibrio delle opportunità, di una ricerca di felicità che non abbandona per strada chi fa più fatica, ma lo rende protagonista di un futuro possibile. E’ una terza via per l’economia, per la cultura, per la politica, per la società civile. E’ una via che si articola per tappe: riprenderci la delega togliendola definitivamente al sistema dei partiti; riconfermare l’esigenza di un quadro (cornice) di riferimento minimo nazionale in direzione dell’uguaglianza dei diritti e delle responsabilità (il che significa reddito minimo garantito, un fisco più giusto, valorizzazione anche economica delle professioni sociali..); riconoscimento della funzione pubblica delle organizzazioni di terzo settore. E’ il nostro modo, oggi, per riproporre con forza e convinzione la centralità delle persone, di ogni persona con la sua individualità e la sua storia.

Giustizia sociale, diritti, responsabilità, servizi di cittadinanza: la mission del Cnca è quella della giustizia sociale, della rivendicazione del “diritto ai diritti”, rendendo esigibili per tutti i diritti umani. E’ responsabilità individuale e collettiva dichiarare che se nel nostro paese non si combatte l’ingiustizia sociale e non si affermano i diritti  si nega l’essenza stessa della nostra adesione alla carta delle Nazioni Unite e si snatura nei fatti la Carta Costituzionale. I diritti umani per tutti si basano sulla esistenza nei territori di vita delle persone di una rete definita e articolata di servizi di cittadinanza. Sono le nostre organizzazioni sociali a rispondere con i propri servizi ai bisogni primari specie di quei cittadini e cittadine che versano in situazioni di grave marginalità; sono le nostre organizzazioni che assicurano i servizi di cittadinanza, svolgendo una funzione pubblica.

E’ nostra volontà fare della questione del lavoro sociale, della sua dignità e del suo riconoscimento una delle  frontiere sulla quale mobilitare la nostra organizzazione.

La lotta alla povertà, l’affermazione dei diritti umani, la giustizia sociale chiedono il nostro protagonismo e la nostra soggettività politica. Noi siamo e vogliamo essere soggetto politico, i nostri gruppi svolgono e vogliono svolgere una funzione pubblica: ancora più oggi che l’azione dello Stato sembra aver perso l’orientamento al bene comune. Questa soggettività non è delegabile, né è nostra intenzione delegarla, vogliamo giocarcela tutta e sino in fondo.

Dobbiamo saper coniugare le nostre buone prassi, capaci di alludere ad un nuovo sistema di welfare locale dei diritti universali, con la capacità di interloquire con i “compagni di strada”, gli altri attori sociali, politici ed istituzionali. Con l’obiettivo di riaprire una stagione di conflittualità sociale diffusa.