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Le ultime ore dell’estate hanno portato due buone notizie sul fronte della legalizzazione della cannabis a livello globale. In Sud Africa, di fatto la Corte Costituzionale ne ha decriminalizzato l’uso da parte di adulti in luoghi privati e la coltivazione per uso personale: il Parlamento dovrà ora legiferare in tal senso. E il governatore del Commonwealth delle Isole Marianne Settentrionali, piccolo arcipelago nell’oceano Pacifico occidentale, ha firmato un’analoga normativa approvata dai legislatori.

Nel primo caso, la decisione (unanime) dei giudici togati è la sintesi di tre casi diversi, e conferma una precedente sentenza dell’Alta Corte di Western Cape secondo cui le attuali normative in tema contraddicono il diritto alla privacy dei singoli cittadini. Il Sud Africa diventa così il primo Paese al mondo a procedere verso la legalizzazione tramite l’operato della Corte Costituzionale (a parte le sentenze “individuali” della Corte Suprema messicana). Secondo gli esperti, ciò conferma la portata ampia e onnicomprensiva del dettato costituzionale sud-africano. Il parlamento ha ora due anni di tempo per rivedere la materia e promulgare nuove leggi in accordo con questa decisione, compresa la specifica definizione della quantità e del numero di piante consentite.

Nell’apprezzare la decisione dei giudici, Garreth Prince, titolare di uno dei casi arrivati fino alla Corte, ha aggiunto che la cannabis appartiene a tutti i sud-africani e spetta a loro deciderne il futuro. Il Cannabis Development Council ha subito invitato il governo a rilasciare chiunque si trovi in carcere per il solo reato di possesso.  E secondo Jeremy Acton, leader del Dagga Party (“dagga” è il gergo locale per indicare la cannabis), la Corte avrebbe dovuto andare oltre, legalizzandone l’utilizzo anche in pubblico.

Intanto la notizia darà ulteriore spinta alla fiorente industria della canapa (hemp) in Sud Africa, dove recentemente il Dipartimento del Commercio e dell’Industria  ha avviato appositi studi sul potenziale della canapa in varie applicazioni e settori. Obiettivo è far sì che il Paese diventi un attore innovativo su questo mercato in forte ascesa a livello globale.

Riguardo invece alle Isole Marianne Settentrionali, territorio indipendente (commonwealth) in unione politica con gli Stati Uniti d’America composto da 15 isolette tra le Hawaii e le Filippine per un totale di circa 53.000 abitanti, i due rami del Parlamento hanno approvato il Sensible Cannabis Act of 2018. Viene così consentito ai maggiori di 21 anni “il possesso e il trasporto fino a un’oncia (28 gr.) di marijuana, 16 once (450 gr.)  di prodotto in forma solida e 72 once (2 kg.)  in forma liquida, 5 gr. di estratto, 6 piante immature”.

La norma dà inoltre mandato per l’attivazione di un’anagrafe per chi coltiva piante di cannabis a scopo personale: pagando una tariffa annuale di 5 dollari, i residenti locali potranno coltivare fino a un massimo di 6 piante mature e 12 immature contemporaneamente, cifre raddoppiate per chi ne fa usa terapeutico (per particolari condizioni mediche).  Oltre al 10 per cento di tasse per le coltivazioni in loco, sono previste degli appositi centri per il consumo in luoghi pubblici.

Dopo il Vermont nel gennaio scorso, le Isole Marianne Settentrionali diventano così la seconda giurisdizione Usa a legalizzare la cannabis tramite una legge parlamentare, anziché con un referendum popolare come accaduto negli altri otto Stati americani che ne hanno validato l’uso ricreativo. La norma, che troverà piena applicazione entro tre-quattro mesi, è dovuta soprattutto all’attivismo trainato da David Kapileo Peter (meglio noto con il nome indigeno di Taulamwaar), noto musicista divenuto famoso per il sostegno alla marijuana medica e morto di cancro nell’ottobre 2015. Non a caso la moglie ed ex parlamentare, Malua Peter, era presente alla cerimonia della firma con il governatore Ralph Torres.