Oggi si ricorda e si riflette sul ’68, in occasione del trentesimo anniversario. Quei formidabili anni segnarono cambiamenti straordinari nella vita, nella cultura, nella politica e nel costume del nostro Paese. Parallelamente alle immagini di quella stagione di lotte, che riescono ancora a riempirci gli occhi di gioia, vogliamo ricordare e riflettere sugli “Anni ’80”, periodo di riflusso, noia, disgregazione e morte che ancora ci riempie il cuore di rabbia e di dolore.
Sì, anche morte. Come quella di Danilo Gatto, studente universitario, compagno di Democrazia Proletaria scomparso il 2 giugno 1988 per un’overdose di eroina all’interno dell’università Statale.
Chi era Danilo? Allora si sarebbe detto che era un bravo compagno, sorvolando forse sugli aspetti che lo connotavano anche come amico sincero, generoso, sensibile, intelligente, un po’ testardo e rompipalle, che a un certo punto della sua vita incontra, innamorandosene, sino a diventarne vittima, l’eroina. Una morte come tante, eppure così dolorosa e lacerante per tutti noi.
La storia di Danilo è la storia di un vissuto paradigmatico di una generazione che non ha saputo/voluto accettare la sostanziale immodificabilità di quello stato di cose presente. È la storia di una parte consistente di una generazione segnata da un terribile risveglio alla fine di un sogno. Con Danilo e con le/i tante/i, troppe/i compagne/i che oggi non ci sono più abbiamo lottato, gioito e sofferto nel tentativo di “cambiare il mondo” e di conquistare una qualità della vita migliore per tutti.
Il prezzo è stato altissimo e non si è ancora terminato di pagarlo: eroina, AIDS, carcere, suicidi. Quelli che oggi hanno tra i trenta e i quarant’anni e che hanno condiviso l’entusiasmo e la passione delle lotte e del vivere della seconda metà degli “Anni ’70”, prima, e il deserto sociale e la fatica degli “Anni ’80”, poi, difficilmente non hanno perso qualcuno per strada: un/a amico/a, un/a compagno/a, un fratello o una sorella. Nel “movimento” e nelle organizzazioni politiche, nelle scuole e nelle università, nei luoghi di lavoro e nelle strade e nelle piazze di Milano (ma non solo qui) si sono consumati anni in cui l’eroina aveva assunto i tratti della ribellione, del rifiuto, del “chiamarsi fuori” dalla tracotanza di stili di vita in cui i valori imperanti erano diventati il danaro, la carriera, l’immagine, il potere. Nella pancia di quella “Milano da bere” gonfia di egoismo e individualismo una “Milano da pere” ammutoliva e dimezzava una generazione scomoda.
Ma è solo politica la lettura di questa storia? Certamente no. È senz’altro vero che il tutto avvenne in corrispondenza della cosiddetta “linea d’ombra” che separa l’adolescenza dall’età adulta, un momento sicuramente difficile e delicato per la vita di una persona; ma è altrettanto vero che il comune denominatore di quella parte consistente di giovani che condivise l’esperienza dell’eroina fu quello dell’aver vissuto assieme e intensamente quella precedente esperienza di lotte e di lavoro nel sociale. Come reagì la politica di fronte a quella scelta estrema e sicuramente discutibile? Come reagirono le/gli amiche/i? Questi sono forse altri punti estremamente importanti che, assieme alle cause che condizionarono quelle scelte, concorsero drammaticamente a determinare l’epilogo di questa storia.
Ci domandiamo: com’è possibile che chi voleva trasformare radicalmente la società non è stato in grado di restare al fianco, di accogliere chi gli era stato vicino fino al giorno prima? Questa critica/autocritica rappresenta, sicuramente, uno dei nodi più importanti e complessi da affrontare, unitamente ai temi del dolore, della ricerca di emozioni forti, del senso di appartenenza, del bisogno di segnare una distanza. Purtroppo, tutto accadde molto in fretta e nel silenzio e nelle rimozioni collettive si aprirono ferite che ancora oggi non si sono rimarginate. Noi, compagne/i, amiche/i di Danilo vogliamo ricordarlo senza rituali commemorazioni, ritornando a parlarci, a interrogarci su ciò che è stato e su ciò che “qui e ora” è possibile fare per scongiurare il rischio di ripercorrere passi fatali. Per questo invitiamo tutte/i, e in particolare coloro che si sentono più vicini a questa storia, a riappropriarsi della memoria di quel periodo e a cogliere l’occasione per riflettere di ieri ma anche di oggi.
*** Le compagne, i compagni, le amiche, gli amici di Danilo Gatto