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Torino, partita bene con una mozione in Consiglio comunale che prevedeva innovazioni del sistema dei servizi di riduzione del danno, sensate, come stanze per il consumo e trattamenti con eroina, è finita male. Ponendo e ponendosi un aut aut: meglio le stanze del consumo o l’eroina medica? La domanda appare poco comprensibile, come, per esempio potrebbe essere questa: meglio l’energia eolica o il barolo di annata? Di che alternativa stiamo parlando? Eppure è la domanda che ha attraversato, da un certo momento in avanti – cioè dall’intervento paralizzante della ministra Turco – il dibattito nella città e nel Consiglio comunale di Torino attorno alla sperimentazione di una stanza del consumo. Possibilità naufragata dentro questo strano dibattito fatto di strane alternative, che sembrerebbe del tutto strampalato a qualsiasi dei tanti operatori e amministratori europei che le stanze le hanno promosse, nelle loro città, e continuano a sostenerle, e che, per altri versi e altri obiettivi, hanno promosso anche l’eroina medica. Inserendo entrambi nel sistema integrato riduzione del danno-cura.
La prima alternativa, infondata ma ben più comprensibile: l’opposizione da subito strilla “stanze contro comunità”, riduzione del danno contro astinenza, dimenticando che le stanze sono alternativa alla strada e non alla terapia. Ma questo è nell’ordine delle cose di un dibattito tradizionalmente ideologico e urlato.
La seconda alternativa, invece, spunta in seno a quanti, inizialmente, sembrano sostenere la sperimentazione, e suona così: “eroina medica meglio delle stanze”. Riguarda la maggioranza di centrosinistra, che su questo si spacca, e a prima vista può sembrare addirittura un dibattito “avanzato”: guarda come si discute a Torino, manco fossimo a Zurigo… Sindaco e alcuni consiglieri, dopo mesi di petizione popolare, iniziative dal basso, audizioni e consulenze scientifiche, traggono dal cappello il coniglio della prescrizione di eroina medica non accanto alle, ma contro le stanze. E la propongono così: ciò che più inquieta è l’idea di assistere ad una assunzione di una sostanza “sporca”, da mercato nero. Allora, già che ci siamo, tanto vale lavorare da subito per somministrare eroina medica, leggi “pulita”. Detto così, c’è da far un salto sulla sedia: caspita!, a Torino stanno prendendo una decisione rivoluzionaria… eroina pulita a tutti i tossicodipendenti che stanno in strada, e somministrata in apposite stanze! A leggere i giornali, si capisce questo. I cittadini non esperti vanno in confusione – ma come? si può? – quelli esperti capiscono dove stiamo andando.
La voluta confusione tra un servizio di riduzione del danno, a bassa soglia di accesso, mirato alla tutela della salute di chi sta usando in condizioni a massimo rischio, e la prescrizione di eroina medica come trattamento terapeutico (che questo è in tutto il mondo) ad alta soglia di accesso, mirato a gruppi selezionati: questa “alternativa” serve in realtà solo a trarre d’impaccio una maggioranza che non osa decidere coerentemente con i bisogni di chi consuma e le emergenze della città, per ragioni strumentali di politica locale e insieme per ragioni di mancanza di chiari indirizzi innovativi sulle politiche pubbliche sulle droghe (stiamo ancora aspettando una chiarezza sul famoso “quarto pilastro”). Cioè: le stanze potevano essere decise qui e ora, dunque con una responsabilità della politica locale (e dei vari altri attori locali, che avrebbero dovuto dire, ci sto o non ci sto, promuovo consenso oppure dissenso, metto la mia faccia), l’eroina medica rimanda (alle calende) al governo centrale, se la vedano a Roma. Non solo: le stanze sono una accoglienza per il consumo attivo, dare un luogo ai consumatori e limitare i rischi, occuparsi della vita altrui anche se non è come noi vorremmo, fare riduzione del danno. È un approccio mite, un’accoglienza, una sospensione del giudizio in vista di primari obiettivi di salute. L’eroina medica – per altro innovazione assai auspicabile – è una cura in più per chi in cura vuole mettersi. Preziosa per un gruppo di tossicodipendenti, e non necessariamente tende all’astinenza, certo; e tuttavia consente a una politica locale poco coraggiosa di continuare a nascondersi dietro una medicina per curare, al fine di non affrontare mai il nodo di una stanza per prendersi cura.