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Federico non è morto per droga. È la novità che emerge dalla perizia depositata nel tribunale di Ferrara da Roberto Testi ed Emanuele Bignamini, i periti dell’Asl 3 di Torino nominati dal gip Silvia Giorgi. Le 34 pagine stilate dal medico legale e dal tossicologo scarterebbero anche l’ipotesi delle percosse subite.

La morte sarebbe da addebitare a ipossia, un’improvvisa insufficienza della funzione cardiorespiratoria, un evento clinico che la casistica specializzata individua come “excited delirium syndrome”, uno stress fatale che ne avrebbe provocato l’eccessiva reazione del cuore. Se sono escluse le droghe e le percosse, altrettanto non si può dire della posizione di compressione toracica alla quale Federico fu sottoposto per diversi minuti, una possibilità sulla quale la perizia lascerebbe campo libero alle valutazioni. Una conclusione che lascia aperte tutte le ipotesi della vigilia. E soprattutto una su tutte: è stato determinante l’intervento dei quattro agenti (indagati per omicidio preterintenzionale) nel tragico epilogo della vicenda?

“Lo scenario rimane aperto – risponde Alessandro Gamberini, l’avvocato della famiglia Aldrovandi -: si parla di ipossia che verrebbe ricondotta a un problema funzionale di agitazione psicomotoria piuttosto che alla postura assunta durante il contenimento. Ma qui la perizia non svolge bene la sua funzione – continua Gamberini -, perché cerca una ‘via di fuga’ dalla responsabilità degli agenti attraverso una pura congettura. Nulla esclude infatti che Federico sia stato vittima di un contesto che lo vedeva sottoposto a pestaggio e compressione; ecco allora che lo stato di agitazione estremo potrebbe aver portato all’asfissia”.

“Finalmente viene spazzata via la tesi che voleva che Federico fosse morto a causa dell’assunzione di droga – esulta l’altro legale degli Aldrovandi, Fabio Anselmo – e sulla quale abbiamo dovuto continuamente polemizzare per sei mesi con quanto sostenuto dai consulenti della procura. Ora sarà difficile per chicchessia astrarre la morte di Federico dal contesto in cui è avvenuta, ossia la violenta colluttazione con i poliziotti”.

Tutt’altro il commento della difesa, secondo la quale “il contenuto della perizia è molto chiaro e netto nello stabilire che non c’è un nesso causale nell’intervento degli agenti sull’effetto morte – spiega l’avvocato Gabriele Bordoni -, ma viene in rilievo un meccanismo ingenerato dal fisico del ragazzo: in determinate condizioni di stress psico-emotivo si possono verificare risposte fisiche abnormi, che possono condurre anche al decesso”.

Ora la parola passa al giudice per le indagini preliminari e al pm Nicola Proto che nell’udienza di giovedì prossimo in incidente probatorio (anche se è possibile uno slittamento di tempi) valuteranno le responsabilità in gioco e decideranno per l’archiviazione o il rinvio a giudizio. Chi invece freme dalla voglia di gridare la propria verità è Patrizia Moretti la madre del ragazzo, che non si è mai rassegnata alle prime ricostruzioni ufficiali della vicenda e a gennaio aveva anche aperto un blog divenuto in breve tempo uno dei più cliccati in internet. “Una volta esclusa la droga non servono commenti per valutare – afferma Moretti -. La si può chiamare in qualunque modo, resta il fatto che gli hanno fatto del male e questo non può prescindere da nient’altro. Quello che hanno fatto è palese, lo si vede dalle foto e lo sappiamo dalle testimonianze e non occorrono nomi clinici per capire quello che è successo”.