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“Buongiorno, scusi, io abito in via Ippodromo, proprio davanti al parco c’è uno che sta andando in escandescenza, sta urlando come un matto e sbatte dappertutto, io me se non accorta adesso perché sto andando a lavorare e dovrei uscire […]. Non ho capito se sono uno o in due perché sono nascosti dagli alberi”.

Sono circa le 5 della mattina del 25 settembre 2005. Una residente si sveglia per andare a lavorare e viene spaventata da delle urla in via Ippodromo. Chiama il 112 per far arrivare sul posto una pattuglia. Fuori, nel parchetto, c’è Federico Aldrovandi. Cristina Chiarelli è la prima dei dieci residenti citati a testimoniare oggi nell’aula B del tribunale di Ferrara nel processo che vede i quattro agenti di polizia intervenuti quella notte imputati di omicidio colposo per la morte del ragazzo.

Poi è il turno di Lucia Bassi, entrata nella lista dei testi per via di un’amica che aveva riportato alla trasmissione Chi l’ha visto? di averla sentita descrivere la scena di quella notte. In udienza la donna ha solo riferito di aver visto il giovane dalla cintola in giù disteso prono. Sopra di lui un poliziotto che cercava di mettergli le manette e la poliziotta chiedergli come si chiama. “Federico”. “Figurati se si chiama Federico”. Queste le frasi ascoltate nel buio della strada prima di sentire il ragazzo con voce ansimante chiedere “aiutatemi”. “Adesso ti aiutiamo” ha risposto l’agente telefonando poi in centrale per chiedere un’ambulanza.

Prima di loro hanno parlato tre degli amici che erano con Federico o che l’avevano visto l’ultima sera. I ricordi più lucidi sono quelli di Paolo Burini che racconta come abbia saputo dalla polizia che poche ore prima era morto Aldrovandi: “Il tuo amico è morto. È morto perché era un drogato. Anche tu sei un drogato. Siete tutti dei drogati. Dicci da chi avete preso la droga”. Queste le parole che ha riferito davanti al giudice.

Burini ha negato poi di aver mai detto che “Federico lavorava in pizzeria come pony express per pagarsi le dosi”, frase che comparirebbe nel verbale redatto in questura il giorno della morte di Federico. Particolare questo che vede tra l’altro il testimone indagato per diffamazione aggravata per aver detto in televisione che quella frase non era stata cancellata nemmeno dietro sua esplicita richiesta.

Il processo sta continuando in queste ore con l’esame degli altri testimoni.