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È stata un’udienza transitoria quella di ieri per il processo Aldrovandi. Davanti al giudice Caruso dei sette testimoni chiamati a deporre se ne sono presentati quattro. Due non si sono presentati per motivi di salute, uno era assente ingiustificato. Verranno citati nuovamente l’11 gennaio, alle 9.30, sempre nell’aula B del tribunale di Ferrara, quando verranno ascoltati insieme a quattro sanitari, quattro carabinieri e a personale della Polizia intervenuto la mattina del 25 settembre 2005 quando Federico perse la vita (le altre udienza si terranno il 28 gennaio, il 13 e il 29 febbraio, il 7 marzo). Tra questi anche l’agente Tremamunno, tra i primi poliziotti a fare i rilievi in via Ippodromo.

Verrà chiamato poi a deporre il testimone o presunto tale che chiamò la trasmissione “Chi l’ha visto” raccontando di essere stato presente alla colluttazione tra Federico e i quattro poliziotti oggi imputati di omicidio colposo, salvo poi ritrattare tutto quanto da lui riferito telefonicamente.

Secondo quanto riferito dai quattro residenti ieri in aula tra le 5 e le 6 del 25 mattina dal parchetto di via Ippodromo si sentirono delle grida e poi una sgommata. Paolo Gasparri ricorda che quella mattina venne svegliato verso le ore 5,45 da delle urla che non gli sembrarono “impressionanti”; urla normali di una persona che lui definisce “forse ubriaca” che non gli avevano fatto pensare a niente di drammatico o ad una colluttazione. Sente “una gran sgommata di un’autovettura con il motore imballato” e, fatto nuovo, riferisce di aver sentito nei giorni successivi al tragico evento “da due frequentatori della palestra Metropolis che frequentavo (civico 20 di Via Ippodromo, ndr) di una colluttazione avvenuta tra Federico e la polizia. Dicevano che avvenne nei limiti della legge e che avevano immobilizzato il ragazzo che continuava a dimenarsi. Per ultimo arrivò un poliziotto “grasso” dal momento che non riuscivano a bloccarlo e gli dicono di mettersi sopra”. Gasparri non ricorda però i due che conversavano e non saprebbe riconoscerli.

Parla poi Livia Ghesini che dichiara di aver sentito gridare più volte quella mattina: “…no, no, no, merda” e di aver acceso la luce e guardato l’ora: erano le 5,05, dice (nel verbale erano le 5.15).

Paola Taddia racconta poi di essere stata svegliata alle 8.30 del 25 settembre da due poliziotti in divisa che le chiedono se aveva sentito qualcosa nelle ore precedenti poiché vi era stata una colluttazione, ma la donna non si è accorta di nulla. Solo più tardi uscendo di casa vedrà l’area transennata e un corpo steso a terra coperto da un lenzuolo. “Sconvolta – racconta la donna – ho chiesto ad un poliziotto che cosa è successo e mi sembra che mi disse che era stato ucciso un ragazzo o che avevano trovato il corpo di un ragazzo”.

È il turno quindi di Ida Baratella, madre del primo testimone, che afferma di non aver sentito e visto niente.

Si attende ora l’11 gennaio, quando dovrà comparire in aula anche Nicola Solito, l’ispettore della Digos, amico della famiglia Aldrovandi, che secondo quanto testimoniato dalla madre di Federico fu proprio lui a consigliarle di procurarsi un avvocato e un medico legale. Solito le riferì poi che “non vedeva l’ora di poter parlare ma che lo avrebbe fatto solo davanti ad un giudice”. Sempre al processo venne fuori che Solito era già stato ascoltato dal pm Nicola Proto nell’ambito delle indagini relative alla inchiesta-bis, aperta in procura per accertare eventuali inadempienze nello svolgimento delle prime indagini sulla vicenda.

C’è attesa anche per quanto riferirà in aula l’ultrasettantenne che destò scalpore per il suo racconto riferito da “Chi l’ha visto?” lo scorso giugno. In quell’occasione le sue parole furono come pietre: “Picchiavano, picchiavano. Per quel che ho visto credo che quel povero disgraziato l’abbiano ammazzato di botte”. Secondo la sua prima versione, poi completamente ritrattata davanti ai carabinieri, era stato uno spettatore involontario della tragedia. Il giorno stesso dell’udienza preliminare chiamò la redazione di “Chi l’ha visto?” sfogando al telefono il suo “rimorso”. Secondo la sua prima versione si trovava nella via dove il 18enne perse la vita già dalle 4.45, prima ancora di ogni presunto rumore o disturbo. “Erano le 5.30, 5.40, un po’ meno delle 6” quando sente le volanti. Prima “non ho sentito gente urlare, non ho sentito nessuno”. Solo dopo l’arrivo degli agenti riferisce di aver avvertito Federico “che diceva, non so se “basta”, mi pare che dicesse delle parole… Ho visto quando hanno cominciato a picchiare”. E poi continuava dicendo: “Alle 5 ero lì, a un quarto alle cinque… ero dentro la macchina, quando è arrivata la polizia. Prima non mi ero accorto di niente. Erano… mah, le 5 e 30 mi pare, quando sono arrivati… s’è sentito discutere, si è sentito dire qualcosa anche un po’ sostenuto… forse era il ragazzo che diceva qualcosa contro di loro: sentivo lui che diceva “basta”… hanno cominciato a litigare, non so… dopo io non sono stato lì molto, ho visto quando han cominciato a picchiare… insomma, quando han cominciato a dargli delle botte, gliene davano tante: mamma mia!… Poco dopo si è mossa della gente alla finestra, lassù, mi sembra… che abbiano aperte delle finestre! Insomma: ha preso tante di quelle botte, quel po’ che son stato lì, picchiavano… ma picchiavano… io ho guardato un po’ spiando, perché dopo… io sono andato via”.

Dichiarazioni che avrebbero cozzato con quanto riportato dalle relazioni della questura, secondo le quali le volanti sarebbero intervenute dietro la segnalazione di un “un giovane che urla frasi sconnesse e colpisce alcuni pali della luce con il capo” (poi rettificata in “dava calci dappertutto”).

Quella testimonianza collimerebbe anche con le frasi riportate da alcuni residenti. La persona che chiama “Chi l’ha visto?” dice di essersi spaventato, di aver messo in moto ed essere fuggito in tutta fretta. Dalle testimonianze rese dagli abitanti di via Ippodromo qualcuno ricorda un poliziotto pronunciare la frase “ma gli altri sono scappati dal parchetto e in macchina erano uno o due?”. Oltre, poi, al rumore di una sgommata sentito da più persone.