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Dopo quasi 600 giorni la notizia è arrivata: il prossimo 20 giugno si terrà l’udienza preliminare del processo che vede imputati quattro agenti per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi, morto il 25 settembre 2005 nel parchetto di via Ippodromo dopo una colluttazione con due pattuglie della polizia.

I quattro agenti intervenuti sono imputati di omicidio colposo per una condotta che avrebbe travalicato i limiti del legittimo intervento in almeno tre circostanze: non aver richiesto l’intervento del 118, aver percosso il ragazzo per vincerne la resistenza (arrivando a rompere due manganelli) e continuando anche dopo averlo immobilizzato. Infine non aver prestato le prime cure al giovane che in più occasioni – raccontano le testimonianze – aveva invocato aiuto, ma mantenendo al contrario il ragazzo, ormai agonizzante, in posizione prona ammanettato, rendendone così difficoltosa la respirazione. Fino alla morte per ipossia.

In udienza camerale, davanti al giudice Silvia Migliori, alle 9, si troveranno le parti con i loro difensori e il pm Nicola Proto per esporre le fonti di prova raccolte durante la fase delle indagini preliminari. Al termine dell’udienza il gup deciderà se emettere il decreto che dispone il giudizio oppure una sentenza di non luogo a procedere, nel caso dovesse ritenere inutile un successivo dibattimento.

Si scrive così un’altra tappa, che questa volta potrebbe avere un valore decisivo per lo sviluppo del processo, di una vicenda che era stata catapultata sulle cronache nazionali dopo che la madre del ragazzo, Patrizia Moretti, aveva aperto un blog per chiedere verità e giustizia sulla morte del figlio durante una terribile colluttazione durante la quale vennero rotti anche due manganelli. Il coraggio della donna smosse l’opinione pubblica, tanto da far intervenire sulla questione anche alcune tra le massime cariche dello Stato, come il Presidente della Camera Fausto Bertinotti e il ministro dell’Interno Giuliano Amato.

“Finalmente! – è il sospiro di sollievo di Patrizia Moretti -. Credo sia un altro passo verso la verità e verso un processo – continua la madre – che dovrà chiarire tutto quanto è successo quella notte dopo le 5, quando mio figlio ha incontrato i quattro poliziotti, e soprattutto come sia potuta succedere una cosa del genere”.

Di tutt’altro avviso la difesa che, ritiene la condotta degli agenti “svoltasi entro i canoni della legittimità e non causale nel provocare il decesso”.