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Escono le prime indiscrezioni sulla discussione della perizia avvenuta durante l’incidente probatorio dello scorso 14 dicembre. Federico non è morto né per le droghe né per le lesioni. È l’unica certezza che emerge dalle 83 pagine del verbale dell’udienza nel corso della quale si sono discusse le conclusioni di Roberto Testi ed Emanuele Bignamini, i periti dell’Asl 3 di Torino nominati dal gip Silvia Giorgi per spiegare le cause della morte di Federico Aldrovandi. Gli esperti escludono infatti “qualsiasi rapporto causale tra l’assunzione delle sostanze stupefacenti e il decesso”. La chetamina, nelle dosi rinvenute, non può dare allucinazioni, così come la morfina, pur assunta in “quantità discreta” ha l’effetto farmacologico contrario. Infine l’alcol, è stato trovato in “concentrazioni assolutamente ininfluenti”. Il profilo psicologico del giovane tratteggiato dai periti poi è quello “di un ragazzo sostanzialmente normale, con un interesse di un certo tipo nei confronti delle sostanze stupefacenti, ma non era tossicodipendente”. Anche le lesioni, secondo la perizia, “certamente non sono causa del decesso”. Un comportamento eccessivamente agitato, come quello che gli agenti descrivono a proposito di Federico nelle relazioni di servizio, potrebbe essere dipeso secondo i periti eventualmente dall’assunzione di lsd, ma non ci sono fattori che ne facciano desumere l’assunzione e nel sangue non si sono trovate tracce.

La morte sarebbe quindi da addebitare a ipossia. E qui la “causa dell’aumentata richiesta di ossigeno è nell’esaurimento muscolare, cioè nell’esagerato sforzo causato dalla condizione di eccitazione psicomotoria. Una richiesta di ossigeno che è dipesa “dalla condizione di eccitazione psicomotoria e dalla colluttazione”. La stessa colluttazione, poi, secondo Testi, “ha sicuramente provocato questo incremento di richiesta di ossigeno”.

Il punto sta proprio nell’intervento degli agenti, che secondo la difesa si è reso necessario per difendere il ragazzo da se stesso. Dal verbale si apprende indirettamente che la signora che ha telefonato al 112 per avvertire che nel parchetto di via Ippodromo c’era un giovane che dava in escandescenze e sbatteva la testa dappertutto, non avrebbe mai detto quella frase. Il pm afferma invece che la signora, sentita successivamente dalla procura, smentisce questa versione e dice: “No, io non l’ho detto che sbatteva al palo, ho detto che sbatteva qualche cosa, tipo dare calci o una lattina…, ma nessun gesto autolesionistico”.

Di qui probabilmente l’addebito di omicidio colposo che grava sulle spalle dei poliziotti, e che si fonderebbe sull’essere intervenuti in un caso che richiedeva l’intervento immediato del 118, anziché un’azione violenta di contenimento fisico.