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Sembra che la verità sulla morte di Federico Aldrovandi venga sembra rinviata all’udienza successiva. Questa volta bisognerà attendere la pausa estiva per sperare di avere più chiarezza sulla cause che portarono alla morte il 18enne durante una colluttazione con quattro poliziotti la notte del 25 settembre 2005.

Durante la 17ª tappa della fase istruttoria del processo la parola è passata ai consulenti della procura, quelli nominati dall’allora pm Mariaemanuela Guerra (che abbandonò l’inchiesta a febbraio 2006 per motivi personali) e quelli nominati dal nuovo pm, Nicola Proto.

Anche dalle loro ricostruzioni esce tutto e il contrario di tutto: droghe letali e droghe innocue, morte per infarto e morte per asfissia, cause possibili e concause improbabili. Tre furono i testi redatti dai consulenti della procura. Il primo venne depositato il 14 dicembre 2005, il secondo il 6 febbraio e il terzo il 6 marzo 2006.

Ma andiamo con ordine. Il primo a presentarsi davanti al giudice Francesco Caruso è Roberto Bellero. La mattina del 25 settembre arriva alle 9.20 in via Ippodromo insieme a Eleonora Lumare. A loro la pm Guerra affidò il compito di fare il sopralluogo. Sul posto Bellero vede il corpo di Federico supino, con vicino un lenzuolo. Dietro alla nuca vedrà “una macchia di sangue molto evidente”, ma non chiederà spiegazioni. Il corpo – nota – presentava già il rigor mortis. Di Federico scriverà che “il soggetto forse di etnia caucasica presenta un’età attorno ai 30%35 anni”. “Mi è sembrata una persona più matura – spiega in aula – rispetto all’età reale sia per la corporatura forte e sviluppata che per la massa muscolare”. Il sopralluogo durerà “non meno di due ore”.

Sul posto vede “almeno quattro persone” e riconosce in aula Enzo Pontani. Eppure due dei quattro imputati, Luca Pollastri e Paolo Forlani, quando lui arriva si trovano al pronto soccorso (dai verbali risulta infatti che i due poliziotti si trovavano in accettazione alle 9.29 e alle 9.26).

Tocca quindi a Francesca Righini, che ricorda le percentuali di alcol e droga trovate nel sangue del 18enne: dalle analisi risultarono 0,4 mg/l di alcol, 0,36 mg/l di oppiacei e 0,04 mg/l di ketamina. “Livelli in assoluto non molto elevati”, dice la Righini. L’Ausl di Torino troverà successivamente percentuali ancora inferiori: “Non me lo spiego, i campioni sono stati conservati correttamente in frigo alla temperatura di -20°”. La tossicologa era stata chiamata nel 2006 per verificare la presenza nel sangue anche di altre sostanze, ma la ricerca ha dato esito negativo. Anche per quanto riguarda l’LSD non venne trovata traccia. Da un rapido esame delle sostanze assunte è emerso un quadro abbastanza “neutro”, tale da non influire in modo significativo sul decesso. “La morfina assunte in misura elevata comporta stanchezza, sonnolenza – spiega Righini -; la ketamina può produrre effetti neurodegenerativi, ma rispetto alle concentrazioni rilevate non è possibile ipotizzare effetti allucinogeni”. Quanto all’azione congiunta delle due sostanze, invece, “la morfina è un deprimente, mentre la ketamina è un eccitante. s”ono azioni contrastanti che si compensano”.

Per Elsa Margaria, l’anestesiologa chiamata dal pm Proto in sede di incidente probatorio, “nei dosaggi riscontrati non si può pensare a nessuna conseguenza letale perché le sostanze ormai erano in fase di eliminazione”. Avendo assunto poi farmaci depressori del sistema nervoso centrale “l’effetto è quello del narcotismo acuto, di sonnolenza. In caso di dosaggi eccessivi l’effetto è di sopore: sicuramente non si va in giro al mattino a dare dei calci”.

L’esperta ricorda come la morfina presenti un notevole effetto analgesico, può provocare una depressione del sistema respiratorio anche se a basso dosaggio induce sonnolenza: “rispetto ai dosaggi rilevati nel sangue di Federico non ci poteva essere nessun effetto negativo sulla qualità respiratoria. Quello del 18enne è stato un caso acuto, non dipendente dai farmaci, a meno che non li avesse assunti tra le 5.47 e le 6 (all’incirca il periodo nel quale si svolge la colluttazione) e non ore prima”.

“Anche la ketamina – aggiunge Margaria – è un rapidissimo anestetico e non provoca depressione respiratoria. Può avere effetti allucinogeni, specialmente di tipo visivo ma assolutamente nulla di pericoloso; il dosaggio di Federico avrebbe potuto forse provocare visioni di luci e colori”.

Se agitazione psicomotoria c’è stata, quindi, “poteva essere riconducibile all’alcol: è vero che presentava un tasso che consentiva di guidare, ma comunque sufficiente a dare un po’ di ebbrezza e disibinizione”.

Quanto all’effetto sinergico delle sostanze “è molto difficile da stabilire: bisognerebbe sapere se aveva mangiato, se aveva bevuto acqua che potesse diluire le altre sostanze, se aveva assunto alcol e farmaci contemporaneamente”.

Di cosa è morto Federico allora? “Sono poche – ammette l’anestesiologa – le cause che portano in così poco tempo alla morte. La più frequente è quella cardiaca, oppure l’insufficienza respiratoria acuta, che credo la più probabile nel caso in questione”.

Uno stato fisico che provoca fame d’aria, cianosi, aumento di pressione, congestione vascolare, emorragie, petecchie. Un soggetto in queste condizioni chiede aiuto, cerca di respirare a tutti i costi, emette rantoli, sussulta. La biografia medica lo chiama “gasping”.

“In questa situazione – continua Margaria – il soggetto diventa cianotico: si nota la colorazione violacea del volto, il sangue diventa blu proprio perché non ossigenato. Prima del decesso c’è una perdita di conoscenza. Poi l’arresto cardiaco”.

Tra le cause dell’insufficienza respiratoria la donna ammette anche la costrizione della gabbia toracica: “Se il soggetto si trova prono e ammanettato la capacità di ventilazione può diminuire ulteriormente. Ma questi elementi da soli non possono provocare una insufficienza acuta e letale”.

E con una pressione sul torace, chiede Proto? “Allora sì”.

Viene poi il turno degli assistenti di Francesco Maria Avato, che aiutarono il medico legale nella prima consulenza e nell’integrazione successiva. Stefano Malaguti avverte subito che “quando ho fatto l’autopsia non ero a conoscenza né che due sfollagente erano stati rotti Né che erano stati usati”. Eppure poco dopo ammetterà che per gli esami autoptici si basò anche sulle sommarie informazioni ricevute nell’immediatezza della tragedia dove si parla dell’uso dei manganelli.

Al consulente vengono mostrate le immagini scattate al corpo di Federico nella sala autoptica. Tre le lesioni alla testa più rilevanti che emergono dalle foto: due lacero-contuse al capo e una abrasione nella regione occipitale. “Tutte compatibili – afferma – con colpi inferti con il manganello”. Le escoriazioni sulla parte sinistra del viso “potrebbero invece essere ricondotte alla compressione sul manto stradale”. Sul lato destro sono presenti ecchimosi, “dovute probabilmente a un corpo contundente di superficie piana, senza spigoli”.

Il pm chiede se il ragazzo potrebbe essersi procurato le tre ferite simultaneamente: “non credo”.

Le lesioni alla mucosa orale sarebbero invece riconducibili ai tentativi di rianimazione del personale del 118, che utilizzò mascherina e cannula.

Quanto alla ferita allo scroto, il trauma “potrebbe derivare sia da un calcio che dalla caduta a cavalcioni della portiera. O anche con un colpo inferto con lo sfollagente”.

Lesioni che però “non sono tali da causare il decesso – assicura Malaguti -. Anche relativamente ai motivi della morte “i risultati tossicologici poco si sposano con quanto letto nelle sommarie informazioni. Sicuramente ci aspettavamo livelli di assunzione più alti”.

Riguardo alle indagini istologiche, Malaguti ha individuato segni di ischemia locale. “Ipotizzai un gradissimo stress psicofisico – dice – che ha comportato una richiesta di ossigeno da parte del cuore che a un certo punto non poteva più essere assicurata. In questo processo può aver contribuito in parte l’effetto delle sostanze assunte. La morfina ha esercitato comunque un indebolimento dei centri del respiro. Per me è una concausa nel decesso. L’altra concausa la ricercherei nello stress psicofisico dovuto a emotività e sforzo fisico”.

Eppure secondo il pm Proto non sono pochi i segni che propenderebbero per la morte asfittica piuttosto che per l’infarto (particolare questo di importanza fondamentale e da cui dipendono le sorti del giudizio, potendo essere l’asfissia imputabile a un comportamento degli agenti durante il contenimento di Federico): l’iperespansione polmonare, la fluidità del sangue, le petecchie (microemorragie) vicino agli occhi e nei polmoni, la congestione degli organi interni.

“Tutti segni però – ribatte Malaguti – che devono fare i conti con il fatto che sul torace non erano presenti ecchimosi, come se il ragazzo fosse stato compresso o schiacciato”. Al giudice che gli chiederà perché allora non ha fotografato la schiena dirà che “non avendo rilevato nulla non l’abbiamo, e ne faccio ammenda, ritenuto rilevante. Sarebbe stato utile averle almeno per escludere questo aspetto”.

Comunque secondo il medico “è difficile ricondurre tutto solo a un fenomeno di asfissia”. A meno che non si aggiunga l’elemento della compressione toracica, come suggerisce l’avvocato di parte civile Alessandro Gamberini: “in quel caso – allarga le braccia Malaguti – cambierebbero di molto le cose”.

La vera “novità” arriva da Eleonora Lumare. Secondo la giovane tossicologa “0, 36 mg di morfina è un livello elevato. Ci sono casi di overdose per livelli anche inferiori”, una dichiarazione che fa sollevare più di un bisbiglio in aula. Durante l’esame la dottoressa cita anche un importante articolo di una rivista scientifica a firma Cian, pubblicato negli Stati Uniti nel 1997: “vi si smentisce il fatto che anche con dei pesi che gravano addosso ci possa essere un problema respiratorio del genere”.

Lo stesso articolo è nelle mani di Fabio Anselmo, legale degli Aldrovandi, che fa notare come lo studioso “arrivi a conclusioni molto diverse da quelle ora esposte”. Sempre la Lumare – incalzata da Caruso – sostiene che essendo sedato dalle sostanze, sarebbe verosimile che il 18enne, dopo il forte trauma ricevuto ai genitali, si sia ripreso immediatamente dalla caduta al suolo (“potrebbe non aver sentito il dolore”). Ma il collega Malaguti non le viene incontro, sostenendo davanti al giudice che “se il giovane fosse caduto a peso morto dalla porta dell’auto con la faccia al suolo, avrebbe riportato lesioni visibili in faccia”.

Ora il corso del processo subirà una pausa per le ferie estive e riprenderà il 18 settembre, quando verranno sentiti il medico legale della procura Francesco Maria Avato e i consulenti di parte civile.