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Espianto d’organi per le ragazze, l’autista positivo per alcol e cannabis, 8 gennaio: questo il titolo di Repubblica in relazione ad un incidente d’auto con esiti mortali. E’ solo uno dei casi recenti di lutti sulla strada presentati dai media come effetto della guida sotto l’effetto della droga (Uomo ucciso da un bus, l’autista era drogato, 22 dicembre; Ecstasy e cocaina, giù dal ponte: quattro morti, 29 dicembre). Ma davvero la positività a certi narcotest indica che il guidatore era sotto l’effetto di intossicazione da sostanze psicoattive? Vediamo.
Queste sostanze alterano le funzioni necessarie per la corretta conduzione degli autoveicoli, agendo principalmente sul sistema nervoso: una volta introdotte nell’organismo (per via orale, intranasale, inalatoria, endovenosa), si diffondono nei vari organi e apparati, cervello incluso, attraverso la circolazione sanguigna. La durata degli effetti dipende dal tipo di sostanza. Considerando le più frequentemente utilizzate (alcol, cocaina, eroina e cannabis) si tratta di qualche ora (da una a otto). La durata d’azione dipende anche dalla dose: maggiore sarà la quantità di sostanza che arriva al cervello e più potenti e duraturi saranno gli effetti. Le sostanze vengono quindi eliminate, sempre per mezzo del sistema circolatorio, e parzialmente modificate, prevalentemente attraverso i reni con le urine e il fegato con le feci.
Eccetto che nel caso dell’alcol, la cui eliminazione è più rapida, la presenza delle sostanze o dei loro metaboliti (spesso inattivi) nell’organismo si rileva per lungo tempo dopo la cessazione degli effetti. Nelle urine, che vengono solitamente utilizzate per i controlli tossicologici, il metabolita della cocaina si trova per 2-4 giorni, quello dell’eroina per 3-5 giorni, i cannabinoidi fino a 4-6 settimane. Nei capelli, poi, è possibile rilevare la presenza di sostanze assunte nei mesi precedenti.
Urine e capelli non forniscono, tuttavia, indicazioni attendibili sulle capacità attentive, cognitive, sui tempi di reazione, etc. dell’individuo esposto agli effetti delle sostanze d’abuso. Per poter avere indicazioni valide sullo stato psicofisico della persona nell’arco di tempo nel quale le sostanze esplicano i loro effetti, il materiale biologico più utile è, infatti, il sangue. Ciò in quanto le concentrazioni ematiche delle sostanze d’abuso correlano molto meglio con quelle del cervello. Nel caso dell’alcol, che è la sostanza più studiata, sono state costruite addirittura delle curve che descrivono l’entità della compromissione psicofisica e dell’aumento del rischio di incidenti per l’aumento delle concentrazioni dell’alcol nel sangue. Queste curve ci dicono, ad esempio, che con l’aumento della concentrazione nel sangue da 0,2 g/l (corrispondente all’incirca ad un bicchiere di vino) a 0,8 g/l, il rischio di incidenti aumenta di 3-5 volte. Sulla base di questi ragionamenti sono state stabilite le soglie legali per l’adozione delle sanzioni penali per chi guida sotto l’effetto dell’alcol.
L’utilizzo delle concentrazioni dell’alcol nel sangue, per valutare l’idoneità alla guida, è entrato nella pratica comune per almeno due ragioni: la prima è la facilità dell’esame, in quanto la concentrazione del sangue può essere determinata attraverso l’analisi dell’aria espirata (con la prova del «palloncino»); la seconda è che, trattandosi di una sostanza legale ampiamente diffusa, era fondamentale poter discriminare fra un uso consentito ed uno dannoso per la guida.
Per quanto riguarda le altre sostanze, la plausibilità scientifica dell’utilizzo delle concentrazioni ematiche quale indicatore dell’idoneità alla guida, non si è, per ora, tradotta nella disponibilità di metodiche e tecnologie attendibili di facile uso e di indicazioni normative conseguenti.
Frequentemente si continua, invece, a derivare la definizione di «drogato al volante» dalla presenza di metaboliti, spesso inattivi, rinvenuti nelle urine, che non ci permettono una conoscenza sul periodo di esposizione agli effetti della sostanza e sulla loro cessazione: finendo così per attribuire la responsabilità dell’incidente sulla base di esami che non sono in grado di gettare luce sulle reali condizioni psicofisiche della persona al momento della guida.